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Senza una chiara politica estera non si può affrontare la sfida cinese. L’affondo di Scotti

In questi giorni è esploso un acceso ed irrazionale confronto politico sulla portata e sui “pericoli” della visita, in Italia, del Presidente della Repubblica Cinese con al centro la sicurezza nazionale messa a rischio dalla guerra tecnologica e dalla partecipazione del nostro Paese alla cosiddetta “Via della Seta”.
Sarebbe ora che, in Italia e in Europa, si avviasse un confronto serio e strategico sul futuro della nostra vita politica ed economica e che torni centrale nell’agenda politica e nelle preoccupazioni dei cittadini come avvenne, anche in modo alquanto vivace, alla metà del secolo scorso. Ma, a differenza di quel tempo, il tutto è diventato solo strumentale alle vicende interne di semplice potere. Ciò che manca è una leadership politica capace di sollevare gli occhi dai sondaggi e “proporre” soluzioni concrete alle sfide difficili della sicurezza e del benessere del nostro Paese in un mondo in cui le tecnologie digitali, blockchain, l’ intelligenza artificiale ed i big data hanno cambiato gli scenari e il significato dei due concetti di “sicurezza” e di “benessere”.

Dopo aver demonizzato le “ideologie” del ‘900 ci troviamo senza più “confini” che rendano possibili le idee e i progetti. Il tutto diventa convenienza del giorno per giorno in cui si passa indifferentemente dal business alle ragioni di Stato e alla costruzione di una società più libera ed umana. L’ Europa e l’Italia sono deboli perché tali sono le rispettive leadership prive di visioni che diano certezza e coesione intorno a priorità di un interesse strategico nazionale e continentale. Basterebbe guardare alla situazione disastrosa del Mediterraneo, dove si procede a tentoni – ognuno per conto proprio – e dove la maggiore potenza economica dell’Europa non si assume compiutamente le responsabilità di guardare “oltre la siepe” e di non aver paura di proporre scelte da condividere con realismo.

Ma veniamo, ora, alla querelle di questi giorni. Partiamo dal dossier della sicurezza delle reti, parliamo di quello che passa oggi sotto la sigla 5G e domani del 6G della cui sfida abbiamo scarsa cognizione. È dalla fine del secolo scorso che la Link Campus ha cercato di stimolare una consapevolezza dei challenges enormi che l’avanzare delle applicazioni cibernetiche pone, richiedendo un grande progetto di ricerca e di azione non solo per le reti fisiche. La sicurezza richiede ricerca militare e civile, innovazioni, investimenti e, quindi, una industria nazionale adeguata. È possibile un piano di sicurezza senza scelte chiare di politica estera? Germania e Italia hanno, da non molto tempo, affidato ad un ambasciatore il compito di affrontare questo aspetto della sicurezza della cui carenza ci accorgiamo alla vigilia di una visita di Stato.

Una risposta non difensiva richiederebbe all’Europa, e quindi all’Italia, di decidere un piano per lo sviluppo della ricerca e della produzione di una industria europea. Sappiamo tutti che, oggi, l’industria europea ha dimensioni modeste ed ha la testa rivolta all’indietro. Come possiamo rispondere alla sfida cinese ?

Oggi la Link Campus, insieme a ChinaEU, invita a un confronto pubblico tra ciò che fanno i cinesi e il resto del mondo in tema di smart cities; su circa mille progetti stimati a livello mondiale ben oltre cinquecento sono realizzati in Cina. E questo numero da solo da l’idea dell’importanza del mercato cinese. Perché anche l’Europa non investe in maniera massiccia in un piano per la crescita di una industria europea ?

Alle preoccupazioni di questi giorni la risposta ai nostri alleati americani non si può ridurre a dichiarazioni tranquillizzanti. Occorre recuperare in qualche modo il tempo perso e le scelte miopi dell’Europa in tema di investimenti e ricerca. Alle preoccupazioni per una nostra debolezza di fronte alle sfide cinesi non c’è che una strada: smetterla di rappresentare scenari, di fare analisi e avvitarsi in un dibattito pseudo-intellettuale. Analogo discorso vale per la logistica, ed il sistema dei trasporti specie in un Paese come il nostro in cui, da tempo, questa attività è passata in mani non italiane.

Dopo l’11 settembre 2001, la Link Campus avviò un dibattito sul problema delle nuove sfide alla sicurezza insieme alla Sherman Academy. Ogni volta, una lettura realistica viene scambiata per amicizia con questo o quel Paese. Personalmente riesco solo a rifugiarmi nella lettura del “segretario fiorentino”. E, sempre così, dai fatti passiamo alle parole.


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