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Tav, siamo in “stallo”. E non va bene…

tav

È nel vocabolo “stallo” usato dal premier il centro della questione Tav. E non è qui il caso di prendersela con lui per il fatto che non è riuscito a fare sintesi tra le diverse posizioni. O meglio: non dobbiamo prendercela solo con lui.

L’effetto finale però è che (al momento) perdono tutti, ottenendo così un effetto non proprio esaltante. Perde Conte, perché riesce solo a galleggiare sulle divisioni tra i due partiti che compongono la maggioranza di governo. Perde la Lega, perché consegna il fronte “Si Tav” al Pd, a Forza Italia e a a tutti gli altri che la pensano in quel modo. Perde il M5S, perché non riesce ad imporre il suo no all’opera, finendo per ottenere solo un rinvio che sa di melina.

Ora qui bisogna essere seri. I lavori Tav vanno a rilento da anni, quindi nessuno può vantare di avere fatto passi clamorosi in favore dell’opera. Però c’è una scadenza sui bandi all’11 marzo, che l’Italia farebbe bene a rispettare. Ma soprattutto c’è una maggioranza che sembra avere perso gran parte della sua spinta propulsiva, finendo in una situazione di “stallo”, come ammesso con onestà intellettuale apprezzabile proprio dal Presidente Conte.

Però stallo, in italiano, vuol dire stallo. E non è sinonimo di buon governo. Patti chiari, amicizia lunga.

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