Per le relazioni fra Turchia e Stati Uniti sembra proprio non esserci pace. Ankara e Washington sono già ai ferri corti per l’acquisto, da parte della Mezzaluna, del sistema missilistico russo S-400, per non citare la situazione in Nord Iraq, dove la Turchia vorrebbe portare avanti una grande offensiva militare ufficialmente anti terrorismo, ma nei fatti anti curda. Ipotesi che vede tanto gli Usa quanto la Russia scettici e determinati a fungere da filtro ai piani militari di Erdogan.
Donald Trump, più o meno involontariamente, ha pensato bene di caricare ulteriormente il contrasto, con la sua decisione di riconoscere ufficialmente le alture del Golan come parte del territorio dello Stato di Israele. Una posizione che ha scatenato subito la reazione del presidente turco, Recep Tayyip Erdogan. “Le parole di Trump sono palesemente contro il diritto internazionale” ha tuonato il numero uno di Ankara in una intervista a margine di un comizio elettorale. Erdogan ha reiterato il messaggio anche in un meeting della Conferenza Islamica, chiedendo tutti gli altri Paesi musulmani di adoperarsi affinché i piani di Trump non vadano a buon fine.
Le sue parole hanno fatto molto scalpore in un momento quanto mai nevralgico per il Paese. In Turchia, domenica prossima si vota. Una consultazione amministrativa per il rinnovo di tutti i sindaci delle 81 province del Paese. Già per questo motivo, è un’occasione molto importante per testare il polso del Paese. Se poi si considera che il ruolo del parlamento è stato demansionato dalla riforma costituzionale, avranno più possibilità i sindaci di fare opposizione dei deputati. Per questo le elezioni di domenica hanno un peso uguale alle politiche.
Erdogan lo sa molto bene e sa anche che poche cose riescono a compattare i turchi come il sentimento anti israeliano e anti americano. Un assurdo, se si pensa che questi due Paesi sono stati per molti anni alleati chiave della Mezzaluna e che aiuta a capire bene come sia cambiata la Turchia di Erdogan dal profondo. Il presidente, quindi sta usando la questione delle Alture del Golan non solo per portare avanti il suo ruolo come leader alfiere della causa palestinese e anti israeliano, ma anche per drenare possibili voti negli ultimi giorni di campagna elettorale. La minaccia del capo di Stato turco, però, va ben oltre i confini nazionali. Erdogan ha detto chiaramente di essere pronto a fare finire la decisione di Trump sul tavolo delle Nazioni Unite, che con la commissione per i Diritti umani, si sono già scagliate contro le intenzioni del Presidente americano.
La Turchia, intanto, rincara la dose. Il ministro degli Esteri di Ankara, Mevlut Cavusoglu, ha sottolineato l’importanza di mantenere l’integrità del territorio siriano, mentre il presidente Erdogan ha definito la decisione di Trump un ‘regalo’ al premier israeliano Netanyahu. “La Turchia – ha spiegato il capo di Stato – è contraria a iniziative che legalizzino Israele contro la legge internazionale e non permetterà che nuove violenze erompano nella regione”. C’è però un altro timore, che Ankara non confessa apertamente, ma che è sempre in testa all’agenda di governo. La paura che Trump possa prendere iniziative unilaterali anche per quanto riguarda le regioni autonome nelle mani dei curdi.