Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, durante una riunione di emergenza richiesta dalla Siria, ha votato contro il riconoscimento della sovranità israeliana sulle Alture del Golan. La condanna da parte dei membri del Consiglio di Sicurezza nei confronti della decisione statunitense, arriva in concomitanza con quella dell’Unione Europea, espressa nella giornata di ieri dall’Alto Rappresentante per gli affari esteri Federica Mogherini la quale ha dichiarato che il Golan è considerato territorio occupato. Secondo le voci sollevate dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu, la decisione del presidente americano Donald Trump – nonostante non cambi di fatto lo status della catena montuosa – rischia di creare instabilità nella regione.
LA STRATEGIA DELL’IRAN IN SIRIA
Dichiarazioni come questa ricordano vagamente quanto già accaduto con il riconoscimento di Gerusalemme come legittima capitale di Israele, un evento che poco meno di un anno fa non ebbe, invece, alcune conseguenza a livello fattuale, o legale. Cambia, però, il significato che si cela dietro un riconoscimento d’altro tipo, non già simbolico o diplomatico come quello di Gerusalemme, ma strategico e di sicurezza. Nel 2014 infatti, il giornale iraniano Jomhouri Eslami pubblicò un annuncio della divisione siriana di Hezbollah, nel quale si definì l’apertura di un fronte siriano contro Israele al confine con il Golan. Nonostante Israele avesse avvertito la comunità internazionale delle intenzioni di Teheran di colpire Israele proprio dal sud del Libano e dal lato siriano del Golan, non ci sono state condanne o interventi che hanno rallentato l’espansione degli Ayatollah in Siria – funzionale alla lotta contro l’Isis – che oggi rappresenta un problema di sicurezza vitale per la sopravvivenza di Israele.
L’IMPORTANZA DEL GOLAN PER LA SICUREZZA DI ISRAELE
La contesa, formalmente inquadrata nell’ambito di un vecchio conflitto tra Israele e Siria, presenta infatti connotati del tutto nuovi. Se per Israele, che amministra e governa il Golan ormai dal 1967, non esistono possibilità di cedimento su un territorio di tale importanza strategica, per la Siria quest’ultimo non è altro che il ponte iraniano verso Israele. Negli anni che hanno insanguinato la Siria a causa del conflitto tra l’esercito nazionale (sostenuto dall’Iran) e l’Isis, Teheran ha costruito un corridoio di armi e milizie sciite pronte a sostenere Hezbollah in un nuovo conflitto contro Israele, e – piaccia o meno alla comunità internazionale – l’unico fazzoletto di terra che ha finora scongiurato un’escalation bellica tra quest’ultima e Gerusalemme è proprio il Golan Israeliano. L’Iran vede la sua presa sulla Siria (a qualsiasi condizione) come prerequisito per il suo piano di espansione politica e militare verso il Mediterraneo, ma è nel progetto di un fronte siro-libanese guidato dalla milizia terroristica di Hezbollah contro il Golan che si trova uno dei più importanti pilastri della strategia iraniana della regione.
UN COMPROMESSO MAI RAGGIUNTO
Se il Golan, ad oggi, è considerato da Israele di rilevanza strategica e non sempre di facile sottomissione ad accordi, è pur vero che non è stato sempre così. La risoluzione 242 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite – ovvero quella sostenuta anche dall’Unione Europea – richiedeva a Israele il ritiro solo da una parte del Golan, non già dall’intera zona. Proprio nel maggio del 1974, quando Siria e Israele firmarono l’accordo sul disimpegno, lo stato ebraico abbandonò una significativa porzione del territorio conquistato, una superficie di circa 25 km2 compresa la città di Quneitra. Negli anni novanta, durante la Conferenza di Madrid – quella che siglò la pace tra Giordania e Israele -, furono proposti accordi di cessione di diverse porzioni di Golan nei confronti della Siria. Assad non accettò di accontentarsi di una proposta che non comprendesse la totalità delle Alture, rifiutando di fatto un eventuale accordo di pace con Israele.
UNA POSIZIONE IDEOLOGICA: LE PAROLE DI GIULIO TERZI
La notizia, rivela a Formiche.net Giulio Terzi di Sant’Agata, già ministro degli Esteri e ambasciatore d’Italia in Israele e negli Stati Uniti, si conforma ad un pregiudizio anti israeliano che prolifera in seno alle Nazioni Unite e all’Unione europea. Questo pregiudizio, che fornisce ai palestinesi una rappresentanza tramite strutture che nessun altro popolo con le medesime rivendicazioni nazionali possiede (ad esempio tibetani e curdi), tocca certamente anche le questioni rimaste in sospeso tra Israele e Siria, afferma Terzi. “Nel caso delle Alture del Golan, un territorio occupato in un conflitto dovrebbe, per alcune scuole di pensiero giuridiche, essere restituito allo stato che ne deteneva la sovranità solo all’interno di un negoziato di pace (non ancora avvenuto tra questi due Paesi). Non solo non esiste, ad oggi, un accordo sul Golan tra i due ex contendenti – quindi, di fatto, lo status delle Alture è sospeso – ma esistono anche numerose altre opinioni di diritto internazionale che non accolgono questa possibilità nel caso in cui uno stato aggressore perda un territorio nel perpetrare un’azione bellica aggressiva”. Questo è il caso della guerra dei Sei Giorni, dove Israele, aggredito, ha vinto una guerra difensiva anche conquistando le Alture del Golan. Negli anni novanta, continua Terzi, Israele ha concretamente proposto la restituzione di una parte del Golan all’interno di un accordo di pace che poi non è mai stato siglato, e al momento, con l’aggressiva presenza iraniana in Siria, un deal simile non è più pensabile. L’Unione Europea e le Nazioni Unite, conclude Terzi, portano avanti una posizione ideologica contro Israele che sta contribuendo a mantenere l’instabilità regionale.