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Erdogan manda Albayrak negli Usa per riallacciare con Trump

albayrak

Doveva essere l’occasione del suo riscatto, dopo mesi in cui era stato conosciuto alle cronache più come il genero del presidente della Repubblica turca, Recep Tayyip Erdogan, che come il ministro delle Finanze. Eppure, la visita negli Stati Uniti di Berat Albayrak, almeno dal punto di vista dell’impressione sugli investitori, è stata un fiasco. Ma c’è un altro aspetto che va considerato: il colloquio che il genero del presidente Erdogan, per l’appunto, ha tenuto con il presidente americano Trump ha avuto al suo centro l’acquisto, da parte della Turchia, del sistema missilistico S-400 dalla Russia, che al momento è il motivo di maggiore tensione fra Ankara e Washington insieme con la situazione nel nord della Siria.

Per il momento si sa che il discorso che Albayrak ha tenuto davanti agli oltre 400 investitori americani è stato un fiasco totale. Nonostante i toni elegiaci della stampa turca, che ha approfittato per attaccare i colleghi internazionali, rei semplicemente di aver scritto articoli più oggettivi sul tema, la performance del ministro delle Finanze non ha convinto nessuno. Né le grandi istituzioni economico-finanziarie come il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale, JP Morgan, ma anche numerosi soggetti privati, tutti potenziali investitori di grande rilievo.

Secondo i presenti, il ministro delle Finanze è stato troppo poco convincente, dando troppe rassicurazioni sullo stato di salute attuale dell’economia turca, su cui in molti nutrono dei dubbi, e troppo pochi dettagli sul piano di rilancio dell’economia nazionale. Nel mirino delle critiche, anche la scarsa indipendenza della Banca Centrale Turca, accusata di aver tenuto per troppo tempo il costo del denaro troppo basso e di aver giocato un ruolo importante nella svalutazione della moneta nazionale, che nel corso del 2018 ha perso il 30% del suo valore.

Un piano economico ambizioso, che non ha fornito abbastanza dettagli sulle mosse da attuare nel lungo termine e che ha reso evidente come la strada per ricostruire la credibilità turca sia ancora molto lontana. In molti aspettano che la Turchia ricorra a un programma del Fondo Monetario Internazionale, cosa che fino a questo momento il presidente Erdogan, che anni fa, da primo ministro, aveva chiuso in anticipo, ha escluso categoricamente.

Dal punto di vista ufficiale, quindi, la visita di Albayrak è stata un fiasco. Da quello ufficioso, il messaggio che ha portato a Trump da parte del presidente Erdogan potrebbe cambiare completamente le cose. Per prima cosa, di sicuro, è stata un’iniezione di fiducia per il ministro delle Finanze, che è stato accolto come delfino in pectore del leader islamico e che ha definito “molto proficuo” il colloquio con il numero uno della Casa Bianca. “Sul capitolo S-400 basato su esigenze della Turchia – ha detto Albayrak – ho visto un approccio costruttivo e positivo da parte del presidente”.

Parole che alcuni analisti hanno interpretato come l’allontanarsi di potenziali sanzioni ai danni di Ankara che metterebbero ancora più in difficoltà l’economia nazionale. Particolare di non poco conto, al colloquio fra i due, oltre al genero di Trump, Jared Kushner, anche il segretario del tesoro, Steve Munchin, che potrebbe decidere di comminare alla Turchia una multa da milioni di dollari per aver bypassato le sanzioni contro l’Iran.

Tutto fa pensare insomma a una nuova fase nelle relazioni fra Stati Uniti e Turchia, meno conflittuale della precedente, Putin permettendo, ma anche a un nuovo ruolo per Albayrak. Da ministro delle Finanze, infatti, il genero del presidente e già ministro dell’Energia, ha segnato un tonfo dietro l’altro. Sembra invece molto più portato per l’arte della diplomazia.

Nei corridoi di Ankara, in molti stanno consigliando a Erdogan di mettere un uomo di fiducia al ministero delle Finanze e Albayrak a quello degli Esteri. Un piano difficile da realizzare, perché chi ha la delega alle Finanze, ha le chiavi anche del maxi fondo statale da oltre 200 miliardi di dollari, formalmente sotto il controllo del presidente della Repubblica. Nella nuova Turchia, l’economia nazionale è un affare di famiglia.


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