Dopo i casi Diciotti e Sea Watch, e alla luce della crisi libica, si inasprisce la questione della chiusura dei porti italiani che porta in grembo frizioni tra Viminale e Difesa. La direttiva del ministro dell’interno Matteo Salvini (che rilancia ancora una volta l’allarme terrorismo tra i migranti) apre uno scontro istituzionale con la collega Elisabetta Trenta, attaccata dal suo vice. E lo Stato Maggiore parla di “ingerenza e pressione impropria”.
QUI PORTI
“Un’ingerenza gravissima perché non dipendiamo da lui”. Questa la posizione dello Stato Maggiore, una linea concordata con Palazzo Chigi su una questione delicatissima come quella dei porti e della direttiva del Viminale. L’allarme sulla situazione libica era stato lanciato ieri anche dal premier del governo di salvezza nazionale libico Al Sarraj certo che “dalla Libia sono pronti a partire 800 mila disperati verso l’Italia”. Il vicepremier Maitig, incontrando Salvini, aveva aggiunto 500 sono i terroristi detenuti a rischio di fuga. Per cui la tesi del vicepremier leghista è quella di chiudere i porti per non consentire l’arrivo dalla Libia di chiunque. Il M5S è di parere opposto, come hanno osservato sia il vicepremier Di Maio che il ministro della Giustizia Bonafede.
Ma è nelle forze armate che cova il disagio maggiore. I generali si definiscono “scioccati e irritati” dalla direttiva (che di fatto impedisce a tutte le Autorità Militari e di Polizia di far arrivare in Italia navi con i migranti a bordo) certi che essendo in democrazia i soldati prendono “disposizioni solo dai ministri da cui dipendono”.
Una reazione che sembra aver trovato una solida sponda in Palazzo Chigi e nel Colle, con fitti contatti telefonici sin dalla mattinata di ieri quando la direttiva è stata inviata dal Viminale, accendendo dibattiti su ruoli e compiti. “Scelta legittima e doverosa” ribatte il vicepremier, ma il documento inviato anche a Guardia di Finanza e Marina è una primizia.
QUI DIFESA
Lo scontro si è fatto plastico anche con un botta e risposta diretto tra Viminale e Difesa sulla direttiva che riguarda la nave Mare Jonio. La ministra Elisabetta Trenta aveva replicato su Facebook al collega dell’interno sulla questione dei porti con queste parole: “È un dovere di un ministro informare i cittadini. Poi la scelta spetta agli italiani: si può scegliere di essere presi in giro o meno. Non ho tempo di vaneggiare come fa qualcun altro, preferisco lavorare”.
E ancora: “Mettiamo un punto a questa storia che sta diventando ridicola. Non ho mai detto di aprire i porti, bensì ho evidenziato i possibili sviluppi che potrebbero esserci da un eventuale inasprimento delle tensioni in Libia”.
Oggi la risposta è affidata al sottosegretario alla Difesa Raffaele Volpi, che dalle colonne del Corriere della Sera osserva: “Qui non vaneggia proprio nessuno, ogni giorno facciamo uno sforzo di comprensione, la ministra rifletta sulle sue capacità di confronto sereno”. Aggiungendo sulla questione della competenza che il Viminale ha tutte le carte in tavola per dire la sua “perché stiamo parlando di sicurezza interna”.
Che lo scontro sull’argomento fosse diventato col passare delle ore sempre più aspro lo si è desunto anche dalle parole del premier Giuseppe Conte, che nei giorni scorsi aveva avocato a sé il ruolo di decisore unico: “Politica dei porti chiusi non basta. Questa è una semplificazione bellissima per il grande pubblico, ma chi la segue può scoprire che la politica italiana sull’immigrazione è molto più complessa”. Per poi alzare la soglia di attenzione sul problema dei foreign fighters: “Siamo molto preoccupati per la crisi libica, abbiamo sempre lavorato e continueremo a lavorare per scongiurare una crisi umanitaria che può esporre al rischio dell’arrivo di foreign fighters sul nostro territorio”.
QUI LIBIA
Una contrapposizione, quella tra Difesa e Viminale, che si è evidenziata anche sulla strategia da adottare in Libia dopo gli attacchi del Generale Haftar a Tripoli. La ministra Trenta ha sconfessato la tesi salviniana sottolineando che “chi dice che pensa al possibile attacco in Libia per risolvere il problema dei migranti sta facendo un errore enorme”. Il punto secondo la titolare della Difesa è che se gli scontri a Tripoli dovessero trasformarsi in guerra, allora i migranti diventeranno “rifugiati”.
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