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Julian Assange, l’arresto a Londra e la richiesta di estradizione negli Usa. Fatti, scenari e commenti

È stata fatale per Julian Assange, il controverso fondatore di Wikileaks, la revoca dell’asilo da parte di Quito che ha consentito alla polizia britannica di entrare oggi nella sede diplomatica londinese dell’Ecuador e catturarlo. Rifugiatosi lì dal 2012, l’attivista australiano era ricercato dalla giustizia britannica dal 2012 per aver violato i termini della libertà vigilata dopo essere stato fermato nella capitale del Regno Unito per delle accuse di violenza sessuale in Svezia (accusa di fatto prescritta), finora sempre respinte. Assange, ha confermato a Washington il dipartimento di Giustizia, è stato arrestato sulla base del trattato di estradizione tra Usa e Regno Unito ed è accusato dai procuratori americani di cospirazione con Chelsea Manning finalizzata a pirateria informatica: il fondatore di Wikileaks avrebbe ricevuto dall’ex funzionario dell’intelligence Usa le password per accedere nel sistema della difesa americana e consultare documenti riservati.

LA SITUAZIONE DI ASSANGE

I rapporti di Assange – al quale era stato già tolto l’accesso a internet – con le autorità ecuadoriane si sono progressivamente raffreddati fino alla posizione assunta dall’attuale presidente Lenín Moreno. WikiLeaks aveva pubblicato nel 2016 una serie di email riservate dell’allora candidata democratica alla presidenza degli Stati Uniti, Hillary Clinton. Lo stesso sito, fondato nel 2006, aveva già messo in Rete nel 2010 migliaia di documenti confidenziali del dipartimento di Stato e del Pentagono e si è fatto conoscere dal grande pubblico con un crescendo di rivelazioni, caricando online per esempio un video dell’esercito Usa in Iraq e poi migliaia di file militari relativi alla campagna in Afghanistan. In totale, il sito rivendica di avere pubblicato “oltre 10 milioni di documenti” relativi a finanza, intrattenimento e politica.

IL RUOLO DI MOSCA

Negli Usa l’indagine sul Russiagate condotta dal procuratore speciale Robert Mueller è terminata senza incriminazioni né per Assange né per nessun altro appartenente a WikiLeaks (anche se i critici dell’uomo ritengono che potrebbe offrire ulteriori elementi per delineare la portata delle sospettate ingerenze di Mosca durante le passate elezioni presidenziali). La Russia, aveva scritto il Guardian a settembre scorso, avrebbe elaborato in gran segreto un piano per aiutare proprio Assange a fuggire da Londra. Una evenienza che se confermata, faceva notare la testata britannica, solleverebbe nuovi interrogativi sui legami tra il cofondatore di Wikileaks e il Cremlino, che ha commentato negativamente il suo arresto.
Di certo c’è che la sola inchiesta aperta sull’attivista australiano è quella riguardante la pubblicazione dei già citati documenti segreti del governo Usa. Assange, rammenta a questo proposito il Washington Post, è sul radar dei pubblici ministeri degli Stati Uniti dal 2010, quando Wikileaks rese pubblici circa 250mila cabli diplomatici e centinaia di migliaia di documenti militari dalla guerra in Iraq. Il soldato dell’esercito che aveva passato il materiale a Wikileaks, Chelsea Manning (Bradley prima del cambio di sesso), fu processato, condannato e ha scontato sette anni di una pena di 35 anni prima che questa fosse commutata dal presidente Barack Obama mentre lasciava l’ufficio. È stata nuovamente incarcerata il mese scorso per aver rifiutato di testimoniare davanti a un grand jury che indagava su Assange.
Durante la passata amministrazione, il procuratore generale Eric Holder Jr. ha deciso di non perseguire l’accusa su Assange per la preoccupazione che il tema Wikileaks, essendo un’organizzazione giornalistica, potesse sollevare spinose problematiche riguardanti il Primo Emendamento e potesse creare un precedente sgradito.
L’amministrazione Trump, tuttavia, ha rivalutato la questione di perseguire i membri di Wikileaks, e lo scorso novembre un errore ha rivelato che Assange era stato accusato in segreto. Alcuni magistrati federali sostengono che sia possibile ritenere che Wikileaks non sia un’organizzazione giornalistica. Le basi di una tale argomentazione si ritroverebbero nelle parole dell’allora direttore della Cia, Mike Pompeo, oggi segretario di Stato, che nell’aprile 2017 definì Wikileaks come un “servizio di intelligence ostile” e una minaccia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Pompeo notò anche che il rapporto dell’intelligence che concluse che la Russia interferì nelle elezioni del 2016 pose in evidenza che quella che viene ritenuta la principale fonte di propaganda di Mosca, RT, “ha attivamente collaborato con Wikileaks”.

IL COMMENTO DI MELE

Per Stefano Mele, avvocato specializzato in Diritto delle tecnologie, privacy, cyber security e intelligence, “l’arresto di Assange è probabilmente la conseguenza di un accordo raggiunto direttamente da Washington con il governo dell’Ecuador, essendo le sedi diplomatiche a tutti gli effetti territorio dei Paesi dei quali battono bandiera”. Ora, prosegue l’esperto, “dopo le accuse di ‘cospirazione per commettere una intrusione informatica’ e l’annuncio della richiesta di estradizione, sappiamo che Washington procederà nei confronti del fondatore di Wikileaks. Nella nota del Dipartimento di Giustizia si evidenzia che, se condannato, Assange ‘rischia una pena massima di cinque anni di carcere’. È possibile che ciò faccia parte dell’intesa che ha portato l’Ecuador a consentirne l’arresto nella sua ambasciata. Ma è anche ipotizzabile che in una prima fase si accerti la condotta strettamente illecita dell’attivista australiano nell’aver supportato Manning nel commettere ciò per cui l’ex soldato è stata condannata. E che solo dopo, se questa
condotta illecita fosse accertata, si proceda contro Assange per verificare l’esistenza di eventuali collegamenti con altri Stati e quindi imputargli i reati legati allo spionaggio. Se inquadrassimo la vicenda nel codice penale italiano, ci troveremmo di fronte ai reati di procacciamento di notizie concernenti la sicurezza dello Stato e rivelazione di segreti di Stato”.

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