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Con il nuovo rinvio della Brexit le elezioni europee saranno un altro referendum

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Verrebbe da dire che non c’è due senza tre. Il Consiglio Europeo, convocato in via straordinaria per discutere su Brexit, ha concesso una terza proroga alla data di uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. La nuova data è stata fissata al 31 ottobre 2019, ma si tratta di una data flessibile: se in un qualsiasi momento entro questa data il Parlamento britannico riuscisse ad approvare il Withdrawal Agreement allora la Brexit avrebbe luogo prima dello scadere del nuovo termine.

Il nuovo rinvio è stato frutto di un intenso confronto ed è giunto come mediazione tra una posizione più conciliante, rappresentata da Angela Merkel, favorevole al rinvio lungo anche fino al 2020, e quella più intransigente di Emmanuel Macron che non voleva si andasse oltre il 30 giugno di quest’anno. A questo punto, a meno che il Withdrawal Agreement non venga approvato entro il 22 maggio, il Regno Unito dovrà partecipare alle elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo.

Lo stesso nuovo termine è stato individuato come punto di mediazione per fare sì che anche nel caso di partecipazione alle elezioni il Regno Unito non possa eleggere il proprio rappresentante nella nuova Commissione europea, poiché il 31 ottobre è proprio la data di scadenza del mandato dell’attuale Commissione, e per fare sì che gli europarlamentari britannici non partecipino al voto per il bilancio dell’Unione per l’esercizio 2021-2027. Ma, come precisato nella dichiarazione conclusiva del Consiglio europeo, il Regno Unito oltre ad eleggere i propri 73 parlamentari resterà fino al 31 ottobre un membro a tutti gli effetti dell’UE, con tutti gli obblighi e tutti i diritti, pur con l’impegno ad agire in modo costruttivo e responsabile conformemente allo status di Stato membro recedente.

Un primo effetto di questa partecipazione potrebbe essere quello di modificare i rapporti di forza attesi tra le componenti del nuovo Parlamento Ue. La premier Theresa May ancora in queste ore si è detta fiduciosa di riuscire a trovare una maggioranza a Westminster in grado di scongiurare la partecipazione degli elettori di Sua Maestà alle elezioni Europee e sta procedendo in un serrato confronto con il Labour ed il suo leader Jeremy Corbyn.

Lo stesso auspicio di poter raggiungere una rapida soluzione condivisa è stato espresso dal ministro Hammond impegnato a Washington alla World Bank ed al Fondo Monetario Internazionale.
Ma al momento la trattativa è bloccata dal disaccordo su di un punto non affatto secondario. I laburisti chiedono la permanenza del Regno Unito nell’Unione Doganale con l’Ue mentre la premier non è disponibile a questa concessione ritenendo essenziale per il corretto compimento di Brexit raggiungere una soluzione che sleghi definitivamente le parti nelle loro scelte di politica commerciale.

Stante questa situazione la partecipazione alle elezioni si fa sempre più probabile. Si tratterebbe verosimilmente delle elezioni più controverse della storia del Regno Unito, che aprono la strada a diverse questioni. In primo luogo si tratterebbe dell’elezione di parlamentari a termine e questo renderà difficoltosa anche la scelta dei candidati. Molti degli uscenti, infatti, avevano già programmato il loro futuro lontano dall’europarlamento. L’intera campagna elettorale si svolgerebbe prevedibilmente in un clima da nuovo referendum su Brexit.

E questo non potrà che avere delle conseguenze sui futuri assetti politici britannici oltre che sulle scelte in tema di Brexit. Proprio in queste ore, infatti, l’ex Leader dello Ukip, Nigel Farage, ha lanciato un nuovo partito, il Brexit Party, proponendosi come punto di incontro dei sostenitori della Brexit. Tra i candidati del Brexit Party è presente anche la sorella di Jacob Rees-Mogg, il leader della corrente euroscettica dei Conservatives. Una eventuale emorragia di consensi dai Conservatives in favore degli euroscettici avrebbe necessariamente conseguenze sul governo di Theresa May.

Così come un’ampia affermazione dei partiti di opposizione, Labour e Lib Dem, potrebbe portare ad un cambio di paradigma aprendo la strada ad una soft-Brexit se non anche ad una revoca dell’Art.50. Dopo tanto discutere su di un nuovo referendum, potrebbero essere proprio le elezioni europee, che il Regno Unito non avrebbe dovuto tenere, il momento in cui i cittadini Britannici si esprimeranno sua quanto accaduto dopo il referendum del 2016.


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