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C’è Parigi dietro il blitz di Haftar? Parla il sottosegretario Picchi

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Non crede agli sgambetti di Parigi in Libia il sottosegretario agli esteri Guglielmo Picchi, così come fatto trapelare da fonti vicine alle milizie fedeli al generale. Ma, ragiona con Formiche il rappresentante del governo, se ciò fosse vero sarebbe un fatto “grave, perché ancora una volta si romperebbe l’unità dell’Ue”.

E indica la strada per uscire dal caos degli ultimi giorni: la strategia intrapresa dall’Onu, per la prima volta sul campo con Gutierrez, è quella giusta per una de-escalation, mentre per il futuro della Libia una precondizione è la presenza in tandem sia di Haftar che di Serraj nella futura cabina di regia.

Haftar in marcia: a cosa può portare l’assedio a Tripoli?

A nulla di buono, quando arrivano le armi significa che la politica e la diplomazia hanno fallito. Spero che la presenza sul campo del Segretario Generale dell’Onu Gutierrez che si trova a Bengasi possa produrre una de-escalation per una situazione che ci preoccupa molto.

Lo sblocco della situazione legata ai pozzi petroliferi è un buon viatico verso le elezioni?

È nell’interesse nazionale del popolo libico prima di tutto, qualunque sia la fazione coinvolta. Il problema è l’escalation militare.

La rielezione alla presidenza del Consiglio di Stato di Khaled Al-Mishri, legato ai Fratelli Musulmani e sospettato di simpatie verso i terroristi, può aver avuto un ruolo?

Onestamente credo di no, ma in una realtà complessa come quella libica tenderei a non escludere nulla. Sicuramente vi sono missioni mai nascoste, come quella dei Fratelli Musulmani desiderosi di giocare un ruolo nello scacchiere: è palese la loro ambizione e mai sopita. Siamo comunque più su un livello di fazioni, anche se religiosamente definite.

La Casa Bianca ha inviato in Libia Richard Norland, in qualità di ambasciatore straordinario. Un avvertimento a Mosca e anche un segnale all’Europa e all’Italia?

Mosca mi sembra sia stata molto chiara. Lo ha detto il portavoce del Cremlino Peskov e quello del ministero degli esteri: entrambi condannano l’opzione militare, non la auspicano. Sono stati chiari. Quindi chi si aspettava che vi fosse un backing di Mosca al tentativo di Haftar mi sembra sia rimasto deluso. Le parole del governo russo sono evidenti: lì dove si ricorre alle armi fallisce la politica, e hanno auspicato in modo netto la ripresa del dialogo. Direi che Mosca è allineata a Bruxelles e a tutta la comunità internazionale. Desta piuttosto preoccupazione un altro Paese.

Quale?

Secondo alcune indiscrezioni fatte circolare nelle ultime ore da fonti vicine ad Haftar, pare che ci sia stato il via libera francese all’azione del generale. Se fosse vero ciò mi sembrerebbe davvero grave, perché ancora una volta si romperebbe l’unità dell’Ue.

La marcia di Haftar era evidente già da settimane: Roma teme un nuovo sgambetto da Parigi?

Spero di no e sottolineo che mi auguro di non dover dare credito a quanto riportato da quelle fonti. Ovviamente non ci sono riscontri ufficiali da parte del governo francese, per cui nelle prossime ore cercheremo di capire meglio il quadro. Ma tendenzialmente la Francia sul fronte libico si è sempre distinta e fino ad oggi mai in modo positivo. Un po’più di coordinamento in seno all’Ue farebbe molto bene. Noi non crediamo negli sgambetti di Parigi perché alla fine le conseguenze le pagherebbe Parigi stessa. Credo che anche noi possiamo forzare dal nostro punto di vista per riuscire a portare dalla nostra parte Parigi e avere una posizione unitaria in quel lato del tavolo dove siede la mediazione di Gutierrez. Rispetto al passato il Segretario Generale dell’Onu è andato sul campo in prima persona per verificare fatti e scenari. Un elemento molto positivo.

La carta che l’Onu vuole giocare, con Serraj alla presidenza della Repubblica, coadiuvato da due vice, uno dei quali Haftar, è quella vincente?

Sui nomi sarei cauto: l’ho sempre detto anche quando al governo c’era Gentiloni e prima ancora Renzi. Dialogare solo con Haftar era sbagliato per definizione, quindi bene ha fatto Palazzo Chigi a parlare con tutte le parti coinvolte. Non sta a noi indicare uno schema di organigramma che invece dovranno darsi solo i libici. Ciò che è certo è che entrambe le figure citate dovranno far parte di una Libia normalizzata: è precondizione averli entrambi in un assetto istituzionale il più solido e stabile possibile.

Si aspettava un’avanzata così veloce del generale?

C’erano segnali da molto tempo, erano mesi che era stata prospettata l’intenzione di organizzarsi dal punto di vista militare con messaggi inviati anche ad alcuni ministri e ad altre milizie minori che circolano nella fascia attorno a Tripoli. La solidità militare dell’azione è ancora da valutare. I primi tentativi di forzatura dei posti di blocco mi sembra che siano stati respinti e da ciò che mi risulta alcune brigate strutturate militarmente sono in marcia da Bengasi alla linea del fronte, perché quello che forse Haftar pensava fosse un bliz veloce ha trovato una forza non impreparata. Il compito è più impegnativo di ciò che immaginava.

La partita che si gioca anche tra i fiancheggiatori esterni di Haftar può avere come conseguenze altro caos?

Sicuramente. Quando ci sono milizie armate inquadrate in forme seppure organizzate come quella dell’esercito nazionale libico si tratta sempre di eserciti regolari, con tradizioni e regole di ingaggio come siamo abituati a conoscere. La possibilità che la situazione scivoli di mano e ci possano essere effetti negativi sui civili con violenze e saccheggi è un rischio concreto. Per questo vogliamo che Haftar cessi ogni combattimento, per evitare che un piccolo scontro possa sconfinare su larga scala: uno scenario che noi non possiamo assolutamente tollerare ma che credo sia tale anche per i due attori in campo.

Quali gli scenari se continuasse l’avanzata?

Se anche riuscisse nella sua operazione militare il prezzo politico da pagare sarebbe elevato per la sua credibilità. Ho fiducia che si possa raggiungere un compromesso che va nell’interesse della popolazione libica. Credo che gli attori esterni come Egitto e Turchia possano vedere con favore il fatto di avere elementi di stabilità sui propri confini. Mi pare che Erdogan abbia già problemi di stabilità interna in casa propria, dopo il risultato negativo alle amministrative di domenica scorsa, quindi Haftar si è trovato con qualche alleato in meno rispetto a ciò che aveva previsto. Mosca come ho detto ha condannato la violenza, Il Cairo non può permettersi una guerra alle porte di casa, per cui nessuno può essere sponsor dell’operazione.

twitter@FDepalo

 

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