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La Cina prova a scherzare con gli Usa. L’Fbi no

La dimensione del braccio di ferro tra potenze che coinvolge Stati Uniti e Cina è, come ripetuto più volte, globale, e interessa vari piani di confronto. In questi giorni, per esempio, Pechino è impegnata a difendere propagandisticamente la bontà della Belt & Road Initiative il grande piano per connettere in termini infrastrutturali – ma anche geopolitici – la Cina all’Europa, via Eurasia.

A Pechino è in corso il forum internazionale sulla Bri cui participano autorità da diversi paesi del mondo – ospite d’onore la Russia, che la Cina vede come sparring partner per spallata agli Stati Uniti, ma anche l’Italia, unico paese del G7 ad aver aderito al piano, con una delegazione guidata dal premier Giuseppe Conte.

Mentre il presidente cinese era impegnato sul palco dell’evento a proteggere le accuse di esposizione politica per i paesi aderenti (vittime di trappole del debito e ricatti di vario genere), sulle pagine del Global Times, media governativo che si occupa di diffondere (con toni nazionalistici) la linea governativa cinese, andava online una delle più ironiche operazioni di trolling statale del momento.

Come sempre accade sul GT, è un analista o esperto a parlare – in questo caso tal Xu Hailin. Stavolta consiglia agli Stati Uniti di aderire alla Bri: “È giunto il momento”, perché altrimenti Washington resterà isolata dallo sviluppo globale. “Gli Stati Uniti non hanno fatto cose pragmatiche per promuovere la crescita economica globale e si sono opposti allo sviluppo comune del mondo. Questo, a sua volta, ha permesso alla Cina di diventare mainstream come un leader del sistema di sviluppo globale”, scrive il GT.

È come gettare una pennellata di umorismo su una serie di avvertimenti aspri e preoccupazioni espresse piuttosto apertamente negli ultimi due anni – un esempio senza staccarsi troppo dalle dinamiche nostrane: il caso dell’avvertimento duro alzato dal Consiglio di Sicurezza nazionale all’Italia meno di un mese fa, nei giorni in cui il governo gialloverde firmava l’adesione alla Bri.

Hailin li definisce espedienti narrativi, ma la risposta americana arriva in via indiretta dal placo di un evento organizzato dallo washingtonian Council of Foreing Relation ed è firmata Christopher Wray, direttore dell’Fbi, agenzia che tra le altre cose si occupa di fronteggiare il controspionaggio (e lo spionaggio cinese, secondo alcuni dati diffusi a fine 2018, risulterebbe composto da circa 25 mila operativi più o meno attivi negli Stati Uniti).

“La Cina è determinata a salire i  gradini dell’economia a nostre spese. Nessun paese rappresenta una minaccia più ampia e più grave a livello di intelligence”, ha detto il capo del Bureau – val la pena ricordare che la dichiarazione non è per niente fuori contesto, visto che la Bri è considerata uno dei vettori per quella scalata. “La Cina ha aperto la strada a un approccio sociale per sottrarre  innovazione in qualsiasi modo ad un ampio numero di aziende, università e organizzazioni”. Pechino, ha continuato, sta agendo “attraverso i servizi di intelligence, aziende statali, imprese apparentemente  private. Attraverso studenti e ricercatori e attraverso una varietà di soggetti che lavorano per la Cina”.

“Abbiamo indagini per spionaggio economico che quasi sistematicamente  portano alla Cina in tutti i 56 uffici sul campo, coprono quasi ogni settore economico. Tutto questo va oltre la concorrenza leale sul mercato. È qualcosa di illegale ed è una minaccia”, ha detto il capo dei Federali, specificando che riferimento va in particolare “alle reti future per le le telecomunicazioni, come il 5G, all’ascesa dell’Intelligenza Artificiale, alle cryptomonete, ai sistemi aerei senza equipaggio”.

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