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Il flop bancario tedesco è un problema per l’Europa. Parla Messori

assia messori

Una buona notizia, che però, forse, poi così buona non è. La mancata fusione tra Commerzbank e Deutsche Bank, rispettivamente seconda e prima banca tedesca (qui un approfondimento di qualche settimana fa), ha lasciato dietro tante domande, poche risposte e un po’ di timore. Forse era un’operazione sbagliata, forse troppo costosa (servivano minimo 10 miliardi), forse persino fuorilegge da un punto di vista di regole europee in materia di Antitrust e aiuti di Stato. Fatto sta che un po’ la resistenza dei piccoli (ma non troppo) soci di Deutsche (Qatar, i cinesi di Hna e l’onnipresente BlackRock), un po’ lo scarso entusiasmo di Angela Merkel (il cui governo è azionista al 15% di Commerzbank), hanno mandato a rotoli il matrimonio fatto in casa. Una domanda più di mille altre ha senso in questo momento. E adesso? Questione girata direttamente a Marcello Messori, economista e docente alla Luiss.

Messori, la fusione è saltata. Cattiva notizia?

Partiamo da un presupposto. Questa è, anzi era, un’operazione decisamente complessa, difficile da portare avanti. C’erano diverse problematiche a cominciare dal fatto che c’è una robusta presenza pubblica dentro Commerzbank. Le nozze avrebbero portato alla creazione di un gigantesco conglomerato a forte vocazione statale, il che di fatto avrebbe rappresentato un aiuto di Stato mascherato. E poi c’è da dire che stiamo parlando di due giganti, ma giganti malati che avrebbero dato vita a un altro gigante ma pur sempre malato, coi piedi d’argilla diciamo. No, mi creda, lo stop al deal è un atto di realismo, altro che cattiva notizia. Da un punto di vista di operazione industriale mi pare buona. Detto questo il problema banche in Germania non è risolto e qui viene il rovescio della medaglia.

Si spieghi.

La questione è semplice. Né Commerzbank né Deutsche sono attualmente due istituti in grado di camminare sulle proprie gambe. Inevitabilmente, soprattutto la prima, ha bisogno di un partner forte, con le spalle larghe. Questo però non vuol dire che una fusione domestica fosse una scelta saggia. Come ho spiegato, avrebbe dato vita a qualcosa di immenso ma debole. Insomma, la Germania ha un problema non indifferente con le sue grandi banche e deve trovare il modo di risolverlo.

Sì ma come? La fusione era un rischio ha detto, quale è l’alternativa? 

Io per esempio partirei dal business model, prima di arrivare alle fusioni. Una banca che non sta bene, difficilmente può stare tanto meglio se si dà in sposa a un’altra malata. Allora proviamo a fare il contrario, si lavora sul modello del proprio business e poi si cerca un partner. Si cambia pelle e poi si convola a nozze. Però a Berlino devono porsi il problema o saranno guai e non solo per la Germania.

Sta dicendo che anche noi in Italia corriamo dei rischi per colpa dei problemi del credito tedesco?

Sto dicendo che i problemi di un sistema bancario, quello tedesco, si ripercuotono inevitabilmente su un’economia, sempre quella tedesca, che peraltro ha già dato segni di frenata nelle settimane scorse. E se frena la prima economia d’Europa, non è un problema solo di Berlino, ma di tutto il continente. Noi inclusi. Non sto dicendo che l’Europa è sull’orlo della recessione, ma se frena la Germania freniamo un po’ tutti e l’Italia non può certo fare eccezioni.

A Berlino hanno un problema…

Esattamente, fusione o non fusione Merkel deve avere un piano B alternativo, soprattutto per Commerzbank. Il quale potrebbe essere un cambio di modello bancario propedeutico alla ricerca di un compagno di viaggio. Forse non è più una scelta, ma un obbligo. Una crisi profonda del sistema bancario tedesco può rappresentare un serissimo ostacolo alla crescita, sarebbe bene ricordarsene ogni tanto.

Chiudiamo tornando al punto di partenza, la fusione. Unicredit che compra Commerzbank, non le pare fanta-finanza?

Diciamo che Commerzbank è un osso duro, è una banca molto grande. E per comprarsela serve un istituto solido, grosso e soprattutto in salute. E poi dentro c’è lo Stato azionista, il che rappresenta un ostacolo evidente per ogni manovra. La verità? Non vedo in questo momento queste condizioni tra le banche in Italia. E francamente nemmeno in Germania.

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