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Accordo Ue-Cina, secondo gli esperti l’intesa è a favore di Bruxelles

C’è una parola chiave che spiega meglio di altro il significato della faticosa intesa raggiunta tra Unione Europea e Cina nel summit di ieri a Bruxelles: reciprocità (ricerca della reciprocità futura). I due colossi dell’economia mondiale, confermano “il loro impegno comune a cooperare alla riforma del Wto”, si legge nel joint statement a conclusione del summit Cina-Ue.

Gli ambienti diplomatici descrivono “l’accordo” come un successo per l’Unione, chiuso dopo una serie di incontri serrati e difficili, e raggiunto soltanto a seguito di alcune concessioni da Pechino. Fino al giorno precedente al summit, lunedì 8 aprile, la maggior parte degli sherpa che accompagnavano il lavoro tra le due parti era scettico: per dire, il Global Times, giornale governativo cinese, scriveva in uno degli editoriali con cui detta la linea politica da Pechino, che la possibilità della chiusura dell’incontro senza un documento congiunto era l’opzione a maggiore probabilità.

Secondo le informazioni del South China Morning Post (quotidiano di Hong Kong di proprietà di Alibaba Group, sempre molto up-to-date sui dossier asiatici), i negoziatori cinesi al momento della partenza per Bruxelles “erano disperati”, temevano che Li Keqiang, il premier inviato in Europa dal Partito, non potesse chiudere una dichiarazione congiunta con  il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker e il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk. Alla fine il documento c’è stato, ma ci si è arrivati soltanto dopo le minacce di abbandonare il tavolo da parte dei negoziatori europei, se Pechino non fosse stata chiara su quali riforme e, in particolare, quale calendario avrebbe previsto per la loro attuazione.

“Credo che la dichiarazione congiunta sia positiva per entrambe le parti perché in pratica sposta al 2020 la vera posta in palio, cioè un riequilibro commerciale (la famosa reciprocità)”, commenta con Formiche.net Simone Pieranni, giornalista esperto di Cina, da poco rientrato da Pechino.  Che aggiunge: “I riferimenti contro il protezionismo per il multiateralismo e per la riforma del Wto credo siano aspetti che la Cina userà e non poco anche in chiave anti Usa. Da notare anche i passaggi sulla cooperazione nel 5G (nel rispetto della sicurezza e via dicendo, questo certo)”.

Insomma, secondo Pieranni, potrebbe sembrare che si stia aprendo una fase in cui “Ue e Cina si pongono in modo chiaro contro l’attuale amministrazione statunitense”: su questo, comunque il punto è “vedere se Li Keqiang ricambia la moneta di una sostanziale morbidezza Ue negli incontri 16+1″. Già, perché il premier cinese sarà a Dubrovnik, in Croazia, per il vertice annuale del China Central and Eastern European Countries (CEEC), un sistema di natura economica (ma ance politica) che lega Pechino ad altri 16 paesi europei. Undici di questi fanno parte dell’Ue, e Bruxelles in passato ha espresso preoccupazioni per l’esposizione verso la Cina in cui quegli stati, agendo in modo indipendente e non sotto un’ipotetica compattezza Ue, si sono posti.

Secondo un’analisi pubblicata sul sito dell’Ispi e redatta da Kerry Brown, direttore del Lau China Institute del King’s College di Londra, la situazione tra Bruxelles e Pechino è cambiata per due ragioni. Da una parte c’è la necessità di ottenere realmente quella reciprocità nei rapporti che porta l’Ue a cercare una postura meno accondiscendente verso un accesso al mercato “più ampio” e “non discriminatorio” (l’EU-China Summit di quest’anno è arrivato soltanto un mese dopo che l’Ue ha definito la Cina “rivale sistemico”); dall’altra la Cina – diventata una potenza – si rende conto di preferire una stabilità generale, anche allentando su concessioni, piuttosto che l’instabilità del dividi-et-impera con cui ha finora trattato l’Ue.

“In realtà credo che la Cina sia tutt’ora interessata a dividere e imperare, basta pensare che Li sta andando al summit 16+1, un sistema dove sostanzialmente Pechino tratta in forma bilaterale e diretta con i vari paesi (sebbene, pare che in questo momento gli undici membri Ue abbiano intenzione di lavorare in modo più trasparente e vicina a Bruxelles, anche perché vedono che i vantaggi degli accordi con i cinesi non sono così reciproci come promesso)”, spiega Lucrezia Poggetti, ricercatrice del Mercator Institute for China Studies (MERICS) di Berlino.

“La Cina – continua Poggetti – dice di essere interessata al multilateralismo e alla completa integrazione europea, ma in realtà sa di avere maggiori leve quando si rapporta con i singoli paesi. Anche per questo l’Ue, nel summit, ha fatto di tutto per lavorare in maniera più unitaria. A dimostrazione del fatto che se si spinge col peso del blocco UE ci sono più possibilità di ottenere concessioni dalla Cina. Pechino in questo momento è più disponibile a maggiori concessioni (penso a settori come gli investimenti, i sussidi statali, l’abolizione di forced technology transfers). Rimane da vedere se Pechino si impegnerà veramente a rispettare quando concordato con la firma del joint statement0.

Questo, aggiunge la ricercatrice italiana, perché nel contesto dello scontro con gli Stati Uniti “non può permettersi di avere un altro nemico, e anzi cerca la sponda e la vicinanza dell’Ue. Dall’estate dello scorso anno, vediamo che flotte di delegati arrivano in Europa da Pechino per dimostrare che la Cina ha relazioni molto amichevoli con il Vecchio Continente”.

Il punto raggiunto tra Cina e Europa ha riflessi riguardo agli Stati Uniti? “Diciamo che è vero che l’amministrazione Trump sembra che stia lavorando per alienare l’Ue, ma – spiega Poggetti – abbiamo ancora molti più interessi in comune con l’alleato americano che con Pechino. Su questo dobbiamo essere chiari. Con Washington abbiamo condivisione del sistema di valori che sta alla base delle nostre democrazie, con la Cina abbiamo una Comprehensive Strategic Partnership che però così globale non è: ci sono cooperazioni importanti su dossier che riguardano la sicurezza (in Aghfanistan, per esempio) o altri elementi come il Jcpoa (l’accordo sul nucleare con l’Iran, ndr) e il protocollo di Parigi sul clima. Sul resto c’è ancora molta selettività”.

(Foto: Twitter, @DonaldTusk)

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