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Energia, fisco e investimenti. Cosa contiene il decreto Crescita

Questo pomeriggio intorno alle 16 Giuseppe Conte riunirà il Consiglio dei ministri per discutere e approvare il tanto atteso decreto Crescita. Quel pacchetto di misure con cui tentare di rimettere in moto il motore del Pil, dopo che l’Europa, per bocca del presidente della commissione Ue, Jean Claude Juncker, ha chiesto sforzi straordinari sul Pil. Ma soprattutto la risposta politica all’accusa (peraltro vera) di essere l’unico Paese membro a non crescere (qui l’intervista di ieri al senatore presidente della commissione Politiche Ue, Ettore Licheri).

Le misure principali del provvedimento, incardinato su 32 articoli, spaziano dall’energia, al fisco, agli investimenti sulle infrastrutture. Partendo proprio dagli investimenti, le proposte per il rilancio della spesa, soprattutto privata, sono contenute nel capo II. Tra le misure più significative, emerge in particolare la variazione alla Nuova Sabatini (cioè l’agevolazione messa a disposizione dal ministero dello Sviluppo Economico con l’obiettivo di facilitare l’accesso al credito delle imprese e accrescere la competitività del sistema produttivo del Paese), che permetterà anche alle aziende che hanno già raggiunto il tetto dei 2 milioni di euro di continuare ad accedere alle agevolazioni. Novità importanti, sempre in chiave investimenti, anche per quanto riguarda la formazione grazie ai nuovi incentivi previsti, tra cui in particolare una apposita misura per l’educazione nei distretti industriali.

Capitolo decisamente importante, il fisco, soprattutto locale. Sono infatti ben 18 i punti contenuti all’interno del capo I relativi alle misure fiscali per la crescita economica. Tra gli interventi più importanti, quelli relativi alla reintroduzione del superammortamento e alla revisione della mini-Ires. Relativamente al primo provvedimento, si prevede il ripristino della maggiorazione (al 130%) dell’ammortamento degli investimenti in beni strumentali fino a 2,5 milioni di euro (ad eccezione di autovetture, immobili, attrezzature di lunga durata e beni immateriali).

Per quanto riguarda la revisione della mini-Ires, l’imposta su redditi societari, questa potrebbe essere sostituita da un taglio generalizzato per tutte le imprese, che causerebbe una diminuzione dell’aliquota dal 24 al 22,5% dal 2019, per poi arrivare al 20% nel 2022. Per favorire il rientro dei cervelli, il governo potrebbe estendere poi le attuali agevolazioni in R&S, che terminerebbero a fine 2020, anche per il periodo 2021-2023 mentre per le aziende c’è la volontà di semplificare alcuni degli incentivi fiscali, come il Patent Box (lo strumento di tutela dei brevetti), tramite lo snellimento della procedura per la determinazione dell’entità del beneficio fiscale derivante da investimenti in innovazione in beni immateriali.

Previste inoltre misure a difesa del Made in Italy e al contempo per la promozione dell’internazionalizzazione delle imprese e l’attrazione degli investimenti. Relativamente alla tutela dei marchi storici di interesse nazionale, l’intervento proposto mira a disincentivare iniziative che prevedano la chiusura dei relativi stabilimenti produttivi con eventuale delocalizzazione all’estero, salvaguardando così posti di lavoro. Inoltre, per l’impresa che comunica la chiusura o la delocalizzazione, vi sarà l’obbligo di comunicare la decisione al ministero dello Sviluppo Economico, nonché di cercare un acquirente per lo stabilimento. Il settimo capo del decreto crescita è infatti dedicato all’energia. C’è per esempio la semplificazione per l’ecobonus, e la detrazione per i lavori volti al risparmio energetico: le Esco (aziende che forniscono i servizi necessari per la realizzazione dei lavori per l’efficienza energetica) potrebbero essere equiparate ai proprietari di immobili, e in questo modo potranno diventare direttamente titolari delle detrazioni fiscali.

 

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