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Juncker chiede a Conte di fare gli straordinari sul Pil

Jean Claude Juncker era preoccupato ieri e lo è rimasto oggi, anche dopo aver incontrato di buon mattino il premier Giuseppe Conte, a Palazzo Chigi (qui l’articolo di ieri che anticipava l’agenda del vertice). A Bruxelles hanno paura che l’Italia non riesca a uscire dalle sabbie mobili in cui è ormai finita, a quattro mesi dal varo della manovra gialloverde. Non basta la quota 100, non basta il reddito di cittadinanza, potrebbe non bastare il decreto crescita che il governo si appresta a varare in settimana. Di qui una richiesta che si può sintetizzare così: fate di più e fatelo subito. La sostanza del vertice, al netto delle riverenze e degli inchini di circostanza, è tutta qui. Se il governo vuole evitare di cadere sotto i colpi del mercato che ci compra debito ogni settimana (oggi lo spread è risalito a 260 punti base), deve fare gli straordinari. Un invito che ad essere realisti ci sta tutto dal momento che l’Italia è l’unico Paese dell’Ue che chiuderà il 2019 con una crescita zero.

“Sono leggermente preoccupato per il fatto di vedere che l’economia italiana continua a regredire e auspico che le autorità italiane facciano sforzi supplementari per mantenere in vita la crescita italiana”, ha detto il capo del governo comunitario. Il senso delle parole di Juncker è fin troppo chiaro. Tutto quello che fino ad oggi ha messo in campo il governo non è stato sufficiente a invertire la rotta. E la delusione, in Europa, è tanta. “Ci siamo detti d’accordo – ha aggiunto Juncker – sul quadro generale del bilancio italiano, abbiamo pensato che la crescita sarebbe stata dell’ordine dell’1%, sappiamo che oggi questo dato deve essere rivisto verso il basso, e quindi considerato il debito pubblico italiano, tutte le politiche che vanno sul concetto del rilancio sono comunque limitate, ma siamo aperti, vediamo come procedere al riguardo”.

Naturalmente, la via maestra nella logica europea, sarebbero gli investimenti, sulla base di una spesa pubblica mirata e intelligente. Impossibile per Juncker non parlare della Tav, un progetto che, giova ricordarlo, non coinvolge solo Italia e Francia, ma anche la stessa Ue visto che i fondi concessi ammontano su per giù a 900 milioni di euro. Secondo il politico lussemburghese la Torino-Lione “non è un progetto ideologico ma un progetto tecnico. Il presidente Conte e io abbiamo ribadito la necessità di chiedere ai ministri di Italia e Francia di parlare di questo tema tra loro e poi con la commissaria Ue ai Trasporti Violeta Bulc per vedere quale soluzione tecnica può essere identificata”. D’altronde, Bruxelles vuole evitare a tutti i costi l’imposizione di una manovra correttiva all’Italia, che costerebbe oltre 9 miliardi di euro.

Per un duplice motivo. Primo, difficilmente l’Italia potrebbe tirare fuori nove miliardi sull’unghia e secondo, la stessa Ue non ha intenzione di andare allo scontro diretto con Roma, visto che in caso di mancata correzione dei conti potrebbe scattare la procedura per deficit eccessivo. Insomma, meglio prevenire il tutto e provare a seguire le indicazioni della stessa Ue. Conte, da parte sua ha giocato di rimessa e non poteva fare altrimenti. Per anestetizzare i malumori europei, il premier ha promesso l’arrivo nel giro di 48 ore del decreto crescita, con cui facilitare lo sblocco dei cantieri. Conte ha anche spiegato che “il governo aveva previsto il rallentamento del debito pubblico per questo ha elaborato una manovra che vuole perseguire una politica espansiva, ma responsabile, approvando misure di cui il paese necessitava da troppi anni per ristabilire equità sociale”. Tutto molto buono, ma la sostanza, convenevoli a parte (tra Italia e Ue è “grande amore” ha chiosato Juncker) la sostanza non cambia: così non va, perché volente o nolente l’Italia è ancora chiamata a rispettare il patto di stabilità. E Conte lo sa.

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