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Le mosse di Putin e le mire di Kim dopo l’incontro a Vladivostok

kim

È stato proprio il netto insuccesso dell’incontro tra il leader nordcoreano e Trump, ad Hanoi, che ha accelerato la ricerca, da parte della Corea del Nord, di un incontro con la Federazione Russa e, in seguito, con tutti i suoi tradizionali alleati regionali. Soprattutto, Kim Jong-Un non è riuscito, nella trattativa con Trump, ad alleggerire le sanzioni economiche contro il suo Paese; ed è questo il tema politico e strategico al centro della questione nordcoreana. In primo luogo, Kim vuole il consenso della Russia al suo progetto di denuclearizzazione, che consiste nella progressiva eliminazione delle sanzioni in rapporto con il processo di abbandono del suo apparato nucleare. È proprio la richiesta che Kim ha fatto a Trump, e che il presidente Usa ha rifiutato.

E l’alleggerimento delle sanzioni, secondo Pyongyang, dovrebbe essere anche collegato ad un programma internazionale di aiuti economici. Una tabella di marcia che, non da ora, vede il sostegno della Federazione Russa. E che, in mancanza di un affidabile sostegno alla trattativa bilaterale con Kim Jong-Un da parte degli Stati Uniti, potrebbe causare l’entrata diretta di Mosca nl processo di denuclearizzazione nordcoreano. Il leader nordcoreano, inoltre, vuole bilanciare, con la Russia il suo tradizionale rapporto con la Cina. E vuole anche internazionalizzare la questione dell’arsenale N nordcoreano, per aumentare la pressione sugli Usa. Mosca, lo ricordiamo, ha votato al Consiglio di Sicurezza dell’Onu la Risoluzione n. 1718, che riprendeva le sanzioni a Pyongyang contro i test nucleari del 2016; e ha votato, in gran parte, contro la Corea del Nord in tutte le 21 risoluzioni dell’Onu che riguardano Pyongyang.

Potrebbe essere stato un semplice voto di aggregazione esteriore su un tema di risonanza internazionale, ma senza particolare rilievo, però le questioni nordcoreane sono pienamente al centro degli interessi russi. Molto probabilmente, Mosca non ha nessuna intenzione di sostenere un Paese nucleare e autonomo ai suoi confini, e su un asse marittimo di massima importanza per la geopolitica russa. E non vuole nemmeno dover valutare il peso aggiuntivo di una piccola nazione che possa aumentare il proprio peso nelle trattative bilaterali, grazie proprio ai suoi apparati N. Per Mosca, la questione nordcoreana può essere ancora risolta dall’eliminazione della protezione nucleare Usa alla Corea del Sud e dal Giappone, per poter denuclearizzare anche Pyongyang. Una simultaneità di denuclearizzazioni controllata da un organo come i Six-Party Talks, che potrebbe sfociare anche in una organizzazione autonoma per la sicurezza collettiva in Asia Orientale. I russi non vogliono, quindi, la penisola coreana con armi nucleari, di qualsiasi genere esse siano. Ma vogliono il nucleare di Pyongyang per tenere lontano quello Usa e della Corea del Sud, visto come minaccia strategica diretta ai territori orientali della Russia. Mosca, inoltre, come la Cina, vuole soprattutto una Corea del Nord stabile. Sarebbe terribile, sia per Mosca che per Pechino, avere a che fare con una Corea del Nord economicamente e socialmente destabilizzata, tale da non poter nemmeno fare da difesa, sempre per Russia e Cina, da un attacco nucleare o convenzionale proveniente dalla Corea del Sud; e sostenuto dalle basi Usa in Giappone e nel resto del Pacifico.

Oppure ai disastri umanitari e migratori delle popolazioni della Corea settentrionale, alla ricerca di sopravvivenza in Cina o in Russia. Sempre per Mosca, una Corea nuclearizzata è anche maggiormente indipendente da Pechino; e ciò è molto importante per i russi. Mosca non si fa, da tempo, illusioni sulla Cina, e desidera un efficiente stato-cuscinetto nell’area coreana. Sul piano legale, la Federazione Russa riconosce la Corea del Nord, ancora, come parte autonoma del Tnp, visto che Mosca ritiene, da sempre, membri del Trattato di Non Proliferazione Nucleare tutti quei Paesi che hanno prodotto e testato armi nucleari prima del 1 gennaio 1967. Pertanto, i russi tipizzano la Corea del Nord, insieme a Israele, all’India e al Pakistan, come “Paesi non-nucleari”. Mosca non ritiene, comunque, l’arsenale di Pyongyang illegittimo, ma desidera l’aderenza alle norme del Tnp anche per i Paesi nucleari “non-ufficiali”. Quindi, per Mosca rimane inevitabile la denuclearizzazione di tutta la penisola coreana, e in prima istanza. Obiettivo primario, questo, anche per i cinesi: la batteria antimissile Thaad posizionata da Washington nel luglio 2016 in Corea del Sud vale poco, infatti, contro i missili nordcoreani, ma è esiziale, guarda caso, per quelli cinesi. La Corea del Sud non può poi essere ritenuta, nella logica russa, un Paese non-nucleare, dato che utilizza l’ombrello N degli Stati Uniti. Ma, comunque, la Federazione Russa può, per il momento, offrire poco a Pyongyang, in assenza di un esplicito trattato bilaterale di cooperazione militare. Il Trattato tra i due Paesi del 2000, che sostituiva quello del 1961, non ha infatti nessuna clausola riguardante il sostegno militare.

Il trattato tra Pyongyang e la Cina, invece, definisce un possibile aiuto cinese se un Paese terzo attacchi la Corea del Nord. Ma, in questo caso, la Cina non sembra del tutto d’accordo, dai segnali che manda oggi la sua diplomazia. E se, infine, la Corea del Nord fosse privata del suo ombrello nucleare, magari dopo un trattato con gli Usa? Molti pensano che la protezione N potrebbe venire, a Pyongyang, dalla stessa Cina, e la Cina potrebbe, addirittura, offrire un ombrello N tecnologicamente migliore di quello della stessa Corea del Nord. Ma se gli Usa se ne andassero dalla Corea del Sud, dopo poco Seoul e il Giappone produrrebbero da soli il loro arsenale nucleare, diretto sempre contro Corea del Nord e Cina e Russia. Quindi, la soluzione mediatoria di Mosca potrebbe essere in futuro quella più probabile e razionale: Mosca vuole la stabilità di Pyongyang, con o senza l’ombrello nucleare proprio. E i russi potrebbero anche sostenere l’idea del riconoscimento di Pyongyang come “piccolo stato nucleare”, in linea con la Cina, che sostiene una riduzione, ma non una eliminazione, dell’arsenale N della Corea del Nord. Quindi, lo stabile regime di Kim Jong-Un garantisce la affidabilità dei confini nordcoreani con la Federazione Russa, problema essenziale per Mosca, evitando i fiumi di migranti dal sud verso i territori russi. In questo caso, anche gli Usa eviterebbero di mettere in funzione tutte le armi nucleari che la Corea del Sud potrebbe ospitare. Ma ritorniamo a Vladivostok, sede dell’attuale summit tra Corea del Nord e Federazione Russa.

Non ci saranno, quasi sicuramente, documenti scritti tra le parti. Mosca, malgrado le sanzioni, continuerà ad aver bisogno di manodopera nordcoreana, mentre Pyongyang richiede da tempo che la Russia realizzi le infrastrutture automobilistiche al confine già da tempo programmate. I russi vogliono, comunque, la denuclearizzazione, ma con la forte garanzia multilaterale della sicurezza dei confini e della stabilità della Corea del Nord; ma sono interessati anche ad una risoluzione della questione alternativa a quella proposta dagli Usa, che non sappiamo quando ritornerà alla ribalta. Nel 2017, infatti, Mosca propose una road-map per ridurre le tensioni nella penisola coreana, una proposta sostenuta allora anche dalla Cina. Il double freeze di Mosca e Pechino prevedeva che la Corea del Nord avrebbe cessato i suoi test nucleari e missilistici, mentre gli Stati Uniti e la Corea del Sud avrebbero dovuto eliminare o, al massimo, fortemente ridurre le esercitazioni militari congiunte. Una proposta che si può rinnovare. L’autunno scorso, Mosca aveva sollevato al Consiglio di Sicurezza dell’Onu la possibilità di ridurre le sanzioni contro Pyongyang in funzione di una drastica e autonoma denuclearizzazione della Corea del Nord.

Certo, anche se, lo ricordiamo, il summit di Vladivostok non ha rilasciato documenti o dichiarazioni congiunte, Russia e Corea del Nord vogliono che il disarmo nucleare di Pyongyang avvenga progressivamente e con mosse favorevoli e simultanee da parte anche degli Usa. Inoltre, non vi sono previsioni di stabilità politica, per i russi, riguardo alla Presidenza nordamericana. Ma Mosca vuole soprattutto, per ovvi motivi geopolitici, la stabilità della Corea settentrionale. Washington crede, peraltro, che Kim Jong-Un sia stato convinto al dialogo dalla minaccia di un ulteriore rafforzamento delle sanzioni, ma in effetti la nuova linea di Kim non nasce dalla paura, ma da un progetto più vasto. Ma, se le sanzioni contro la Corea del Nord, come è prevedibile, arrivassero ad un massimo, allora Mosca potrebbe sostenere, anche da sola, l’economia di Pyongyang. E, in effetti, le trattative di Vladivostok hanno riguardato una vasta serie di temi economici e di cooperazione umanitaria. Naturalmente, Vladimir Putin ha detto a Kim Jong-Un che riferirà agli Usa i temi principali del meeting di Vladivostok. Se i problemi strategici ad Ovest sono evidenti e di grande peso per la stabilità economica e politica russa, tra Crimea, rapporti con la Turchia e posizionamento Usa e Nato di forze ai confini con la Federazione Russa, è bene ricordare che Vladimir Putin ha un forte interesse a controllare i suoi confini orientali, che dovranno proteggere il prossimo sviluppo economico e strategico di Mosca.


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