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Nel Mueller Report la cena in cui gli Usa chiesero alla Russia di non impicciarsi della Libia

Ieri il segretario alla Giustizia americano William Barr ha mostrato ai giornalisti le 448 pagine del cosiddetto “Mueller Report”, i risultati dell’inchiesta durata due anni e condotta dallo special counsel Robert Mueller per verificare la dimensione delle interferenze russe durante le presidenziali del 2016.

Il rapporto è stato modificato con molti omissis per non alterare indagini in corso – dunque per proteggere metodi e fonti di intelligence non necessariamente legati al Russiagate – ma è possibile ricavarci alcune cose interessanti che escono dalle contingenze. I giornalisti cui è stato girato, non si sono fermati davanti al tentativo di Barr e dell’entourage Trump di veicolare la narrazione della “No Collusion”, e hanno cercato di scavare più in fretta del possibile attraverso i team di lettura organizzati per battere tutti sull’uscita.

Formiche.net si concentra su un passaggio interessante a pagina 154. Si parla di Libia che al momento è il riflesso del rapporto che riguarda l’Italia (oltre la sorte di un professore finito nell’inchiesta, apparentemente introvabile, che invece il Foglio ha individuato a Roma).

Uno degli incontri tracciati da Mueller sarebbe stato usato dall’amministrazione Trump per ordinare alla Russia di starsene fuori dalla Libia.

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Il tempo corre indietro al gennaio 2017, Erik Prince – ex Navy Seals, fondatore della famosa azienda di contractor Blackwater, consigliere informale di Trump e fratello della segretario all’Istruzione Betsy DeVos née Prince – era alle Seychelles per un meeting riservatissimo con un uomo di Vladimir Putin. È questa la ragione per cui la storia è entrata nel Russiagate (tutto avviene a pochi giorni prima dell’Inauguration di Trump).

Da quello che dice l’indagine di Mueller, l’incontro fu usato anche per parlare del coinvolgimento della Russia in Libia. La data del faccia a faccia tropicale è l’11 gennaio del 2017: nello stesso giorno, il generale freelance Khalifa Haftar, signore della guerra della Cirenaica, protagonista in questi giorni di un’aggressione contro il governo onusiano di Tripoli (operazione che sta mietendo vittime civili ma sta fin qui incassando pochi risultati), salì a bordo della Kuznetsov.

Le foto sul ponte della portaerei russa, il dialogo all’interno, in teleconferenza, con il ministro della Difesa, il fidatissimo putiniano Sergei Shoigu, furono il momento in cui l’impronta russa sulla Libia fu segnata con maggiore pressione. Mosca, come diversi segnali dicevano già da tempo, si posizionava dietro ad Haftar (altri segnali seguiranno nei periodi successivi). E non è poco: la Russia è uno dei paesi membri permanenti del Consiglio di Sicurezza della Nazioni Unite. La mossa significava che, al di là delle dichiarazioni di rito, il Cremlino sposava il progetto opposto a quello che nel 2015 aveva portato l’Onu a insediare Fayez Serraj nel tentativo di costruire un governo di accordo nazionale per rappacificare il paese.

Torniamo alle Seychelles. Il report dice che il businessman George Naderfigura ambigua con molti link profondi negli Emirati Arabi, paese che ha sempre sostenuto Haftar, fin dal 2014 – s’era occupato di organizzare l’incontro tra Prince e Kirill Dmitriev notoriamente la connessione usata da Putin per il Russian Direct Investment Fund.

Dmitriev aveva chiesto a Nader di presentargli qualcuno che potesse aprire alla Russia contatti all’interno dell’amministrazione Trump: Mosca veniva da una fase difficile con Washington, c’erano stati già tre anni durissimi post-Crimea, e il 29 dicembre del 2016 Barack Obama aveva lasciato lo Studio Ovale alzando sanzioni contro l’interferenza russa nelle presidenziali.

Dmitriev considerava Prince un pesce troppo piccolo, ma Nader lo rassicurò: è Steve Bannon che l’ha designato per il vertice, diceva, ossia sull’incontro c’era l’imprimatur dello stratega più forte all’interno della futura Casa Bianca (poi Bannon è caduto in disgrazia) – Nader per rassicurare il russo, in un sms del 9 gennaio gli dice: “E poi, ehi, sua sorella sarà segretario all’Istruzione”.

L’incontro tra Prince e Dmitriev è avvenuto in due fasi: c’è stato un primo faccia a faccia in una villa di Nader, poi i due si sono lasciati. Tornato in camera, Prince ha però ricevuto la notizia che la Kuznetsov non solo aveva condotto un’esercitazione live-fire piuttosto simbolica davanti alle coste libiche, ma aveva anche ancorato per ospitare Haftar. Una mossa che sarebbe potuto essere un elemento game-changer (a distanza di anni abbiamo visto che così non è stato).

A quel punto l’uomo di Trump richiamò Nader per fissare velocemente un secondo incontro, una cena al ristorante del Four Seasons dove alloggiava. Nader riferì al russo che l’americano aveva avuto istruzioni di trattare qualcosa di urgente, e Dmitriev accettò. Fu in quel momento che Prince gli disse che gli Stati Uniti non avrebbero accettato alcun genere di coinvolgimento di Mosca sulla situazione libica, perché avrebbe significato peggiorare le cose (la nota 1826 del report dice che la ricostruzione è stata negata in interrogatorio, ma Mueller riporta l’affermazione come certa: Prince ha più volte modificato le sue dichiarazioni).

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Dmitriev uscì dalla cena lamentandosi con Nader, sia perché continuava a non ritenere Prince un interlocutore al suo livello, sia perché sperava di ottenere una conversazione più consistente su argomenti strategici comuni ai due paesi. Pensava di includere tra questi la Libia? L’amministrazione Trump, in mezzo a un sostanziale disinteresse, aveva dato segnali che Haftar doveva essere considerato un interlocutore, o forse l’interlocutore.

Al ritorno a Washington, Prince cercò Bannon per riferirgli dell’incontro con Dmitriev: si videro, non senza difficoltà, ma lo stratega – secondo il report – si comportò in modo piuttosto disinteressato e disse a Prince di non continuare i contatti con il russo. Il capo della Blackwater, che Trump ha più volte considerato per appaltargli missioni anche dal valore politico-strategico nell’ottica di un sostanziale disimpegno da vari fronti (per esempio l’Afghanistan), aveva comunque pressato il russo sulla Libia per richiesta dell’amministrazione, secondo Mueller.

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