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Ma Greta voterebbe M5S o Pd?

Non è a destra la sfida più interessante delle prossime elezioni europee e, per la verità, neppure al centro.

Tra le poche certezze che abbiamo c’è infatti il tonico risultato della Lega di Matteo Salvini, che con estrema probabilità sarà il movimento politico più votato d’Europa in termini di eletti al Parlamento di Bruxelles (e di Strasburgo purtroppo, poiché la vergogna antistorica delle due sedi non pare destinata a venire meno).

Forza Italia e Fratelli d’Italia non sono minimamente in grado di impensierire il leader della Lega e, per di più, nessuno sembra capace di costruire nuove formazioni “centriste”: è quindi evidente come su quel lato dello schieramento non vi saranno sorprese.

Dove invece la situazione diventa più intrigante è nel resto del panorama politico, dove M5S e Pd sono oggi equivalenti nei sondaggi.

Ma non è soltanto una questione numerica (sembra comunque passato un secolo dal 32 a 18 di marzo dello scorso anno), è essenzialmente una questione politica.

In primo luogo perché il M5S è oggi forza di governo, anzi (in termini parlamentari) l’azionista di maggioranza della coalizione che sostiene l’esecutivo guidato dal prof. Conte.

Inoltre perché oggi il Pd è all’opposizione, dopo lunghi anni (7 per la precisione) in cui è stato il pilastro di ben 4 governi consecutivi (Monti, Letta, Renzi, Gentiloni).

Quindi i ruoli si sono ribaltati, con evidente cambiamento di strategie e posizionamenti ( ma con un solido elemento in comune, cioè la polemica continuata ed ostinata verso Salvini e la Lega).

Ecco allora la vera sfida del 26 maggio: chi prenderà più voti tra M5S e Pd?

Chi sarà cioè in grado di interpretare meglio le nuove ansie che si vanno manifestando (ecco perché c’entra Greta) in quella metà dell’elettorato che non sta a destra (né in quella di vecchio conio né in quella più moderna), chi sarà capace di dare risposte a quel voto più giovane e consapevole (ma non per questo pronto a scegliere vecchie figure di establishment), chi vorrà sintonizzarsi sul nuovo sentimento “verde”, tanto diverso da quello del passato ma in rapida espansione in tutta Europa?

C’è una voglia di cambiamento non convenzionale che viene avanti, di cui anche le elezioni più recenti in giro per il mondo sono esempi lì da studiare in profondità (basi citare il trionfo di Zelensky in Ucraina).

Ma c’è anche una nuova sensibilità agli stili di vita (in Svezia sono calate le prenotazioni di biglietti aerei dopo l’esplosione del fenomeno Greta) che si va facendo strada, una sensibilità che si può definire certamente di sinistra, ma che i partiti “classici” della sinistra non possono pensare di interpretare così come sono, per il semplice fatto che gli elettori non li riconoscono automaticamente come loro amici, ma spesso come politici di professione da cui stare alla larga.

Eccola dunque la sfida più interessante di fine maggio.

Riuscirà il “nuovo” PD di Zingaretti ad arrivare secondo oppure sarà Di Maio (in rimonta psicologica evidente, dopo mesi di sudditanza verso l’alleato-amico-rivale) ad avere la meglio?

La risposta nelle urne a questa domanda lascerà il segno, avviando le pratiche per la prossima legislatura.

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