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Così l’Italia con l’Alleanza atlantica può vincere la sfida nel cyber. L’analisi dell’ambasciatore Talò

Di Francesco Maria Talò

Il XXI secolo è quello di Internet, della cibernetica come strumento di progresso economico e sociale dirompente, ma anche minaccia alla sicurezza e nuovo strumento militare. La riflessione si intreccia con quella relativa alla novità rappresentata dalla minaccia ibrida: sfuma la distinzione tra dimensione interna ed esterna, tra utilizzo civile e militare della tecnologia e complica l’equazione di difesa e sicurezza sovrapponendo questi due aspetti. Le nuove minacce asimmetriche e immateriali si intersecano con quelle più convenzionali. L’era delle minacce cyber e della disinformazione vede i dati come la materia prima più importante.

Con la combinazione tra la quantità immensa di informazioni e la crescente capacità computazionale dei sistemi informatici per la prima volta nella sua storia il genere umano sembra essere in grado di produrre strumenti in grado di sostituire la caratteristica intrinseca dell’homo sapiens, la nuova sfida si chiama intelligenza artificiale. Le conseguenze di tali sviluppi, che sono già realtà, possono avere implicazioni gigantesche per la sicurezza dei nostri Stati e per il nostro modo di vivere con profonde implicazioni etiche. Di fronte a tali prospettive l’Italia si è dotata di un’architettura nazionale di sicurezza cibernetica con il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis) della presidenza del Consiglio al centro del coordinamento tra le amministrazioni interessate in una tematica orizzontale che rifiuta i compartimenti stagni tipici di alcune strutture burocratiche del passato.

In tale contesto l’Italia si sta collocando tra i Paesi più avanzati nell’attuazione della direttiva Ue sulla sicurezza delle reti e dei sistemi informativi e si sta dotando di una normativa in grado di proteggere quello che viene definito il “perimetro di sicurezza nazionale” nella dotazione di materiale informatico sensibile. Un ruolo cruciale per la trattazione di una materia che per definizione non ha confini spetta alla Farnesina. Il ministero degli Esteri è impegnato sotto tre profili: quello della difesa delle proprie linee di comunicazione, che sono estese ed esposte fuori dai confini; quello della collaborazione con partner e organizzazioni internazionali nel contesto della cosiddetta “cyber-diplomazia”; e quello della promozione del nostro sistema industriale e di ricerca. In questo ultimo contesto volto a evidenziare l’importanza di un sistema-Italia che esiste e deve essere valorizzato, ricordo la missione svoltasi nel marzo scorso a Washington che ha permesso di presentare, grazie a un’iniziativa della nostra ambasciata, tutta la nostra squadra: istituzioni (oltre al Dis e agli Esteri, i ministeri della Difesa e dello Sviluppo economico), imprese, mondo della ricerca.

L’Italia c’è ed è sempre più impegnata nel contesto internazionale: dal dibattito alle Nazioni Unite (difficile a causa della rinnovata contrapposizione tra Paesi occidentali, impegnati nel difendere il carattere aperto e libero della cyber-sfera, e altri attori) alle attività del G7 (con la cyber-sicurezza come tema fondamentale associato alla difesa delle democrazie) e della Ue (che si sta dotando di un articolato sistema politico, industriale e di ricerca). In tale ambito spicca il ruolo della Nato, l’Alleanza nata 70 anni fa dopo i massacri della Seconda guerra mondiale, l’uso dell’arma nucleare e la sfida sovietica all’Europa libera e democratica. Un’Alleanza di valori sopravvissuta con successo alle minacce contro le nostre società e che adesso affronta nuove sfide ai nostri valori di sempre. Sfide esistenziali portate avanti con nuovi strumenti da chi, come i terroristi, vuole distruggerci a causa dei valori per cui viviamo.

Lo strumento dell’attacco cibernetico non solo alle nostre installazioni militari, ma anche alle infrastrutture civili e alle dotazioni informatiche di ogni nostro cittadino è la minaccia dalla quale difendersi, quella che nel 2016, al suo vertice di Varsavia, la Nato ha riconosciuto come la nuova dimensione del conflitto, che va ad aggiungersi alle tradizionali forme di guerra per terra, nel mare e nei cieli. La solidità dei valori che ci rendono un solo campo di libertà insieme alle altre democrazie euro-atlantiche e la capacità di assorbire il cambiamento sono i fattori che hanno reso la Nato l’alleanza politico-militare più longeva nella storia recente.

Nessuna innovazione tecnologica è stata talmente dirompente da impedire all’Alleanza di adattarsi e ritrovarsi poi in una posizione di forza. Non vi è sfida che la forza economica, la solidarietà, l’ancoraggio a valori comuni e minacciati, la Nato non abbia saputo vincere. Un’Alleanza sviluppatasi a cavallo di due secoli e capace di affrontare con successo visioni del mondo opposte a quelle delle nostre società. Un Patto che potrà difendere i nostri valori e vincere sfide come quella cibernetica e ibrida del XXI secolo, continuando a promuovere nuove capacità di difesa, che saranno allo stesso tempo il risultato e la causa di nuovi progressi economici e sociali dei nostri Paesi.

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