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Il Mar cinese meridionale, una polveriera pronta ad esplodere. Conversazione con Zack Cooper (Aei)

Non solo Via della Seta. C’è un’altra polveriera che rischia di far esplodere nei prossimi anni il confronto globale fra Stati Uniti e Cina: il Mar cinese meridionale. Gli incidenti a largo delle coste cinesi, il passaggio dei cacciatorpediniere Usa, le rivendicazioni di Pechino su territori contesi con alleati regionali degli americani sono motivo di grande preoccupazione a Washington, anche in queste ore. Formiche.net ha chiesto a Zack Cooper, research fellow dell’American enterprise institute (Aei) e professore aggiunto alla Georgetown University con un passato da consigliere al National Security Council e al Pentagono, tra i massimi esperti al mondo di strategia militare cinese, di tracciare un quadro su quanto sta accadendo a sud del Dragone.

Gli Stati Uniti si sono rifiutati di inviare la Marina alla Parata per i 70 anni dalla nascita dell’Esercito di liberazione popolare cinese. Un gesto simbolico o c’è qualcosa di più?

Non sono rimasto granché sorpreso da questa decisione. Oggi la Cina è vista dall’amministrazione Trump come un rivale strategico, non c’è spazio per la cooperazione militare. Durante l’amministrazione Obama la Marina militare cinese prendeva parte a una grande esercitazione militare, la Rimpac (Rim of the Pacific, ndr), ma negli ultimi due anni non è stata più invitata.

È una decisione isolata?

No, è stata seguita da altri Paesi. Anche la Marina indiana si è rifiutata di partecipare e per questo oggi è stata al centro di un duro attacco dal giornale del Partito comunista cinese Global Times. Credo che le resistenze indiane c’entrino poco con il Mar Cinese Meridionale e siano piuttosto dovute alla politica cinese in Pakistan. A differenza degli Stati Uniti l’India non può permettersi di cessare la cooperazione con la Cina nella regione.

Le Filippine sono ai ferri corti con la Cina e hanno chiesto l’aiuto degli Stati Uniti per fermare l’assertività cinese nel Mar cinese meridionale. Trump risponderà?

Gli Stati Uniti hanno già aumentato i loro sforzi per difendere le Filippine dimostrando fedeltà all’alleato. I due Paesi sono legati da un trattato di mutua difesa firmato nel lontano 1951. In quell’accordo si stabiliva che in caso di un attacco contro il territorio sotto la giurisdizione delle Filippine nel Pacifico gli Stati Uniti sarebbero intervenuti.

Su questo si è espresso di recente il segretario di Stato Mike Pompeo…

Esatto. Il dubbio che finora ha lasciato per gran parte inattuato quel trattato è se il Mar cinese meridionale dove le Filippine hanno diverse isole ricada all’interno dell’Oceano Pacifico. Pompeo ha risposto affermativamente, confermando l’impegno statunitense a difesa dell’alleato. È l’ennesimo segno di un crescente impegno di Washington verso i suoi alleati nella regione. A novembre l’allora segretario della Difesa Jim Mattis ha restituito al governo di Rodrigo Duterte le campane di Balangiga sottratte dagli americani più di un secolo fa, chiudendo una disputa durata decenni. Un gesto simbolico che però dice molto della distensione dei rapporti bilaterali.

La stampa locale riporta di un avvistamento della nave d’assalto anfibia Uss Wasp a poche miglia dalle coste delle Filippine. Cosa sta succedendo?

A quanto ho letto la nave è stata avvistata non lontano dallo Scarborough, un atollo nella porzione a nord est del Mar cinese meridionale conteso da Cina, Taiwan e Filippine. Certo, i pescatori che l’hanno vista passare erano a 19 ore di navigazione dall’atollo e dunque è da verificare l’informazione. Ad ogni modo si tratta di una zona estremamente strategica in cui i cinesi stanno sperimentando serie difficoltà tecniche con i loro aerei militari perché non hanno basi di rifornimento nelle vicinanze. Da anni c’è il timore che la Cina stia progettando di costruire lì una nuova base militare. La manovra americana lancia un segnale inequivocabile per spiegare a Pechino che reclamare la sovranità su quel territorio sarebbe una manovra molto rischiosa.

Taiwan costituisce un’altra preoccupazione degli Stati Uniti nella regione. Ultimamente Xi Jinping ha usato parole molto dure a riguardo reclamando la sovranità sull’isola. Gli Stati Uniti cosa intendono fare?

Ad oggi non esiste un’alleanza fra Stati Uniti e Taiwan, anche se a Washington in molti chiedono di difendere la democrazia di Taiwan dal regime autoritario cinese. L’amministrazione Trump non si è certo mostrata indifferente alle richieste di Taiwan ma, fatta eccezione per la vendita di armi, non c’è molto altro che possa fare. La pressione di Pechino va di pari passo con quella della comunità internazionale che man mano ha disconosciuto il governo di Taipei. Taiwan sarà sempre più isolata e non escludo che a breve il governo cinese faccia la sua mossa.

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