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Anche le Province nel duello di governo per un voto in più

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Delle due l’una: o i leader politici non sanno quello che fanno i loro colleghi di partito al governo oppure ogni scusa è buona per polemizzare con l’alleato vista l’imminenza di elezioni amministrative ed europee. La seconda opzione sembra la più realistica se parliamo dell’ipotesi di reintroduzione delle Province su cui si sta registrando l’ennesima spaccatura tra la Lega e il Movimento 5 stelle.

È stato Il Sole 24 Ore di sabato 27 aprile a rivelare che nella bozza di riforma degli enti locali si parla di nuove elezioni per i presidenti delle Province, con Giunta e Consiglio ovviamente, e il tavolo tecnico di Palazzo Chigi che sta lavorando alla riforma è guidato dal sottosegretario leghista del ministero dell’Interno Stefano Candiani e dal viceministro dell’Economia del Movimento 5 stelle, Laura Castelli. Dunque Luigi Di Maio non sapeva ciò che la Castelli stava facendo? Difficile crederlo a meno di una mancanza di controllo quasi impossibile in un Movimento così verticistico unita a una clamorosa diversità di prospettive politiche.

Fatto sta che anche su questo fronte la guerra tra Di Maio e Matteo Salvini è totale ed è impostata su parametri diversi: Di Maio è contro il ritorno delle Province considerate un “poltronificio” (tema sensibile per la sua base elettorale), Salvini si basa sulla realtà di una riforma finita male come quella approvata dal centrosinistra e che alla fine non ha abolito le Province riducendole né carne né pesce: meno soldi e meno personale, pur mantenendo responsabilità fondamentali come quelle su una parte dell’edilizia scolastica, sulla manutenzione delle strade e sulla tutela dell’ambiente.

Stavolta la contraddizione è palese e forse insanabile se il ministro dell’Interno non perde occasione per ribadire che “i 5 stelle si mettano d’accordo tra loro”, e che comunque Di Maio deve spiegargli come si sistemano scuole e strade, mentre il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico continua a non sentire ragioni perché “il vero cambiamento” passa dicendo no a “serbatoi clientelari” e ad “altra burocrazia”. Oggi le Province sono 76 alle quali aggiungere 10 Città metropolitane nelle regioni a statuto ordinario; inoltre ci sono 21 enti in quelle a statuto speciale tra Province, Consorzi e Città metropolitane. Il totale fa 107. Di Maio ha aggiunto lo zuccherino del “troveremo un punto d’intesa”: significa che tutto resta su carta e poi si vedrà dopo il 26 maggio quando le Province saranno un granello in mezzo alla prevedibile tempesta politica.



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