L’Italia è in una fase di forcing col Qatar: il premier, Giuseppe Conte, è andato in visita in questi giorni a Doha, mentre nelle scorse settimane era toccato alla ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, e ancora prima (ottobre 2018) per l’emirato era passato Matteo Salvini, ministro dell’Interno. I contatti sono costantemente gestiti dall’ambasciatore italiano locale, Pasquale Salzano, motore delle relazioni (una insider del settore diplomatico con connessioni in Medio Oriente dice che l’ambasciatore italiano è “amato” a Doha).
A novembre, poi, era stato l’emiro Tamin bin Hamad al-Thani a viaggiare verso Roma. Interscambio di visite e relazioni dal valore politico-diplomatico, ma anche economico-commerciale. In numeri: il totale dell’import-export tra i due paesi è salito del 23,2 per cento nel 2018, con un valore totale di 2,6 miliardi. L’export italiano ha avuto un andamento altalenante negli anni – l’Italia è attualmente il settimo paese fornitore del Qatar, ma nel 2009 era al terzo posto – mentre per quanto riguarda il settore importazioni il mercato qatarino con l’Italia è segnato per l’86,3 per cento dal gas naturale.
Il Qatar esporta gas allo stato liquefatto, e l’importanza del mercato italiano è strategica: a Rovigo, la Qatar Terminal Ltd (sussidiaria di Qatar Petroleum) partecipa con il 23 per cento nella proprietà dell’Adriatic LNG terminal, impianto off shore davanti a Porto Levante, dove l’azionista di maggioranza (70 per cento) è la Exxon Mobil americana e il 7 per cento è di proprietà Snam. Sempre sul settore energia, non va poi dimenticato che non più tardi dell’11 marzo l’Eni e Qatar Petroleum hanno firmato un accordo che permetterà ai qatarini di entrare, con una partecipazione del 25,5 per cento, nel cosiddetto “blocco A5-A”, offshore del Mozambico.
Incontro centrale della visita del premier a Doha quello con l’emiro e l’omologo, ma di prima importanza anche quello ospitato dall’ambasciatore Salzano (la nuova sede viene inaugurata con l’occasione), dove Conte vede una rappresentanza di aziende italiane e una del contingente militare in Qatar per l’istituzione del Comitato Qatar della Società Dante Alighieri.
Sono i faccia a faccia laterali alla cerimonia che hanno il vero valore, si ricorda dagli ambienti diplomatici senza sbottonarsi. Si ricorda per esempio che il 27 marzo, nel cantiere di Muggiano (La Spezia), Fincantieri ha iniziato i lavori della prima nave da pattugliamento offshore (Opv) che la marina del Qatar ha comprato dalla società italiana (totale del lotto: 7 mezzi, per un valore di 4 miliardi di euro).
La visita di Conte passa anche per la stazione metropolitana del Doha Exhibition and Convention Center (Decc), che si trova lungo la Linea Rossa, costruita da una joint venture tra la Lotte Engineering & Construction sudcoreana, la locale Redco e l’italiana Rizzani de Eccher.
Infine una fermata all’ipermercato Lulu Group, che per la prima volta espone prodotti marchiati dalla Coldiretti – se energia, difesa e infrastrutture restano settori centrali, l’agroalimentare è un asset che Roma vorrebbe piazzare tra i beni in cima degli scambi, dominata finora dalla meccanica strumentale e dal design. Nei giorni scorsi, Ettore Prandini, presidente della Coldiretti, ha parlato dell’inaugurazione dell’area “made in Italy” dentro i Lulu come del “risultato della collaborazione avviata da Coldiretti attraverso Filiera agricola italiana con le autorità del paese arabo per favorire la diffusione dei veri prodotti della dieta mediterranea”.
Al di là dei numeri e dei contatti economico-commerciali, c’è il fronte politico-strategico. Il Qatar è un Paese piuttosto assertivo e impegnato in attività in aree geograficamente interessanti per l’Italia, come Libia, ma con un grosso problema casalingo, legato all’isolamento in cui è stato messo da tutti gli altri stati del Golfo due anni fa, con l’accusa di finanziare il terrorismo e flirtare troppo con l’Iran.
Paesi come l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi, altri partner italiani, si trovano su fronti opposti a Doha su diversi dossier, come la Libia appunto, dove il Qatar sostiene le milizie legate alla linea islamista tripolina (quelle più vicine alla Fratellanza musulmana) che sono state utili per assegnare una protezione politica e militare al premier onusiano Fayez Serraj. Gli altri paesi del Golfo, su tutti Abu Dhabi, appoggiano il rivale politico-militare di Serraj, il maresciallo di campo Khalifa Haftar.
L’Italia ha scommesso sul primo, senza mai abbandonare il dialogo con il secondo. Ma Chigi fa sapere che si è parlato anche di Algeria, in una fase delicata, e Tunisia, elemento di saldatura intra-Maghreb.
C’è poi il ruolo universalistico che Doha intende darsi (riscontrabile anche su piani operativi, come il fronte libico, per esempio: il Qatar appoggia i miliziani legati agli al-Iḫwān, si diceva), con risvolti anche nelle relazioni con l’Italia. Oggi è uscito “Qatar Papers”, libro francese scritto dai giornalisti investigativi Christian Chesnot e Georges Malbrunot, in cui si raccontano come la società filantropica qatarina – la Qatar Charity, ente formalmente indipendente, ma sotto l’assoluta influenza dell’Emiro – abbia finanziato 113 progetti in tutta Europa nel 2014, per un totale di 71 milioni di euro, per costruire moschee.
Saronno, Piacenza, Brescia, Alessandria, sono soltanto alcune delle città italiane che hanno ricevuto finanziamenti: l’Italia, dai dati riportati, risulta il principale sbocco dei soldi spostati dalla charity, 22 milioni suddivisi su 45 progetti (11 solo in Sicilia, prima regione).
Uno dei documenti citati nel libro riporta la firma di Yussuf al Qaradawi, sceicco a capo di un impero imprenditoriale basato sulla teologia e host di uno show su Al Jazeera. Qaradawi nel documento riportato nel libro francese elogia il CAIM, Coordinamento associazioni islamiche di Milano e Monza e Brianza, e chiede donazioni per “un nuovo grande centro islamico a Milano” (progetto portato avanti da Yassine Baradei e Davide Piccardo, noti esponenti dell’ islam lombardo).
Lo sceicco è stato bandito in Francia a causa di posizioni forti ed esortazioni a seguire l’Islam con una linea radicale (pena di morte per chi lascia la religione, per dirne una). Ricorda l’analista specializzato sull’islamismo Lorenzo Vidino sulla Stampa: “Qaradawi ha anche più volte proclamato di avere certezza che i musulmani conquisteranno Roma e l’Europa, precisando però che tale conquista non avverrà con la spada ma attraverso il proselitismo e la fede”.