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Tutte le mosse di Macron in Francia alla vigilia del lunedì della restitution

Ottanta giornate di dibattiti, quasi 95 ore di discussioni, tre mesi di corpo a corpo con i francesi, a partire dallo scorso 15 gennaio. Prima tappa in Normandia, a Grand Bourgtheroulde, dove il presidente Macron ha incontrato i primi 600 sindaci (2.400 quelli visti in totale), fino a Cozzano, località della Corsica del sud, dove giovedì 4 aprile ha chiuso il grande dibattito nazionale, là dove il malcontento continentale si mescola alle endemiche istanze autonomistiche isolane. In tutto il territorio francese si sono svolte oltre 10mila riunioni con sindaci, istituzioni locali, sindacati, rappresentanze di categorie professionali e addirittura di genere, con incontri tutti al femminile, per un totale di 16mila i cahiers de doléances, documenti redatti per dare sfogo all’enorme malcontento del popolo francese.

L’impresa di Macron non ha nulla da invidiare ai 3500 km del Tour de France, sebbene le fatiche del presidente ricordino di più la mitica e spaventosa Marathon des Sables, ultra-endurance corsa sulla distanza che si disputa in completa autonomia alimentare nel deserto Marocchino. Tale l’altezza della sfida politica e istituzionale con cui si sta misurando Macron, tallonato senza pietà dagli avversari politici interni mentre osserva, oltre alle dune tremolanti, l’appuntamento con le elezioni europee di maggio.

Alla vigilia del lunedì della “restitution” la Francia tira le somme sul sito granddebat.fr, tentando di quantificare il lavoro fatto. Fisco, ecologia, democrazia e organizzazione dello Stato. Sono questi i grandi assi attorno a cui ruotano le 1500 pagine di sintesi realizzate da organismi come OpinionWay, Roland Berger o ancora Res Publica che hanno studiato l’immensa mole di informazioni raccolte da ogni angolo dell’Esagono e che saranno presentate nella mattinata di domani, al Grand Palais di Parigi. Cinquecento persone assisteranno al resoconto: membri del governo, i cinque “garanti” dell’indipendenza, semplici cittadini e rappresentanti dei corpi intermedi con cui si è instaurato un contatto in queste settimane. Poi verrà il turno del primo ministro Édouard Philippe, a cui toccano due passaggi parlamentari. Il primo nel pomeriggio di martedì all’Assemblée nationale, mercoledì al Senato. La parola, infine, passerà a Macron, a metà aprile, con proposte concrete.

Intanto non si ferma la protesta. In forte calo, ma solo per riprendere fiato in vista della grande manifestazione del 20 aprile, precisano i gilet gialli. Secondo i dati diffusi dal Ministero degli Interni francese, per l'”Atto XXI” del movimento di protesta, i parigini si sono dati appuntamento a La Défense, il quartiere degli affari della capitale, simbolo del mondo della finanza, mentre in tutto il Paese si sono mobilitate circa 22.300 persone contro i 33.700 del sabato precedente.

Una grande mascherata o un inedito e ardito esercizio di democrazia? Tra sostenitori e detrattori dell’impresa macroniana, gli aggettivi si sprecano. Un’operazione al servizio dell’esecutivo, da mettere a rendita in vista delle elezioni europee, denuncia l’opposizione politica, che dichiara di essere stata tenuta lontano dalle consultazioni. “Hanno fatto dibattiti con tutti, pure con i bambini!” ha detto Marine Le Pen, alludendo all’incontro con una classe elementare e definendo il tutto “un puro esercizio dilatorio con cui saltare addosso alle europee”. E secondo Le Figaro, se è vero che i contributi presentati sono circa 1,9 milioni, i contributori sarebbero poco più di 300mila. Intanto, in queste ore circola anche un sondaggio di Elabe, pubblicato giovedì scorso, che raffigura l’importante scetticismo dei francesi: il 68% teme che le opinioni espresse non saranno tenute in considerazione e addirittura il 79% che il dibattito non risolverà la crisi. Lo stesso sondaggio, sottolinea anche una ripresa del gradimento di Macron, oggi al 28%, ma, ancora al di sotto della soglia psicologica del 30% alla vigilia del resoconto finale, perché le punte del 31% raggiunte a marzo, osservano i critici, sarebbero anche effetto del parassitismo dei casseurs e dei black block tra i manifestanti.

Certamente non basteranno i soldi delle casse dello Stato a sostenere le tante richieste dei cittadini, ormai forse dimentichi del casus belli iniziale, il 17 novembre 2018, vale a dire l’aumento del prezzo della benzina. Se è vero che nel dicembre scorso l’esecutivo è stato costretto ad annunciare una serie di misure in favore del potere d’acquisto pari a 10 miliardi di euro, solo pochi giorni fa Macron ha cominciato a mettere le mani avanti. Con il tono diretto che spesso lo contraddistingue ha precisato “ sarebbe bello dire ad ognuno dei 66 milioni di francesi, aspetta, ti stacco un assegno dal mio libretto”. Certo è che intanto, alle voci di spesa, necessarie per accontentare il popolo, bisogna già aggiungere quanto sborsato per la grande consultazione nazionale. Dodici milioni di euro, ha precisato il ministro della Coesione territoriale Sébastien Lecornu, audito in Senato il 4 aprile scorso.

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