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Più assunzioni, meno scorte. Così Salvini rassicura la Polizia

Alla festa della Polizia rispunta il giaccone della Polizia. Dopo alcuni mesi di abbigliamento “normale”, il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, è tornato all’amato giaccone da poliziotto salutando ironicamente i reparti schierati “colleghi e colleghe”, visto che “mia figlia di 6 anni crede che io sia il capo della Polizia”. Povera piccola, come spiegarle… Piuttosto, nel 167° anniversario della fondazione e a 60 anni dall’istituzione del corpo femminile, la presenza governativa e istituzionale del Movimento 5 Stelle nel “regno” dell’amico-nemico leghista è stata decisamente superiore a quella leghista. La presenza del presidente della Camera, Roberto Fico, decisa all’ultimo momento come quella del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha cambiato la “massima autorità” e dunque picchetti e consegna delle onorificenze non sono spettati a Salvini. Non mancava l’altro vicepresidente del Consiglio, Luigi Di Maio. D’altra parte, in campagna elettorale va arato ogni territorio, anche quello dell’alleato-avversario. Se non gelo, certo s’è visto un freddo formalismo nei saluti, forse ancora di più nei confronti del sottosegretario leghista alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, non proprio amato da Conte e grillini.

Schermaglie politiche a parte, è stata la festa della Polizia nella quale Salvini ha rimarcato la necessità della programmazione, le assunzioni straordinarie fatte e da fare, la riduzione delle scorte. In un governo che sembra avere la vista corta, puntata solo sul successivo appuntamento elettorale, il ministro dell’Interno ha ricordato la frase attribuita, forse erroneamente, ad Alcide De Gasperi secondo cui “un politico guarda alle prossime elezioni, uno statista guarda alla prossima generazione”. Salvini dunque ha sottolineato la necessità di altre assunzioni nei ranghi delle forze dell’ordine anche nei prossimi anni considerando che nel 2022-2023 andranno in pensione circa 6 mila unità per anno. I 2,5 miliardi stanziati “sono un primo passo”. Oltre alle assunzioni, il ministro è tornato sul taglio delle scorte su cui è in atto un’approfondita valutazione e alla fine saranno mantenute quelle necessarie perché “i poliziotti non sono autisti o accompagnatori”. Le scorte oggi sono 571 con 2.033 elementi delle forze dell’ordine impiegati: 850 poliziotti, 811 carabinieri, 284 finanzieri, 88 agenti della Polizia penitenziaria. Dallo scorso novembre sono state tolte 14 scorte e recuperate 39 unità.

Il capo della Polizia, Franco Gabrielli, ha dato atto al ministro di aver sbloccato il turn over che in passato ha creato “nefande conseguenze” e, snocciolando dati, tra l’altro ha detto che l’anno scorso i reati sono calati in media del 4 per cento, le rapine del 7,7 e i furti del 6,3 per cento. Quest’anno la tendenza è confermata. Notevole la prevenzione antiterrorismo con 24 arresti e 126 espulsioni per motivi di sicurezza nazionale nel 2018, attività che ha portato a controllare 500mila persone, oltre 160mila automobili e 50mila pubblici esercizi. Una prevenzione di cui l’Italia va orgogliosa e per la quale la bandiera della Ps si fregerà della medaglia d’oro al merito civile assegnata alla Direzione centrale della Polizia di prevenzione per il lavoro svolto da decenni. Per Gabrielli la fiducia va conquistata ogni giorno e ha ricordato che “siamo i soli legittimi depositari” dell’uso della forza che “non va mai esercitata con arbitrio”.

Numerose le premiazioni ad agenti e funzionari, dalle pattuglie intervenute subito dopo il crollo del ponte Morandi a Genova agli investigatori che sono riusciti ad arrestare Cesare Battisti. A questo proposito, nel suo discorso Gabrielli ha citato la risposta data a un giornalista dall’investigatrice (tra i premiati) su come avrebbe celebrato il successo dell’operazione: “Festeggerò la sua cattura, ma non la perdita della sua libertà, non brindo alla tristezza altrui”. Il capo della Polizia l’ha preso come esempio di come non si receda mai dalla ricerca di un latitante, ma “senza mai perdere la propria umanità”. Un passaggio non banale se si ricordano le polemiche su come fu gestita, politicamente e mediaticamente, la fase successiva all’arresto del terrorista.



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