Skip to main content

Tasse sui patrimoni e salario minimo. Il programma grillino dei socialisti spagnoli

open arms, coronavirus

La Spagna del miracolo economico ha detto sì a Pedro Sànchez e un secco no ai popolari del giovane Pablo Casado. Una vittoria elettorale, di qualunque colore sia, non è però sempre frutto di una figura carismatica: c’è sempre dietro un programma in grado di fare più o meno breccia nei cuori degli elettori. E Pedro Sànchez ne ha uno tutto suo, che sembra essere perfetto per la Spagna che dopo anni di crisi durissima, figlia del crollo del mattone, ha ripreso a macinare Pil e posti di lavoro. La prova? Gli ultimi dati dell’Eurostat, tre settimane fa, che parlano fin troppo chiaro.

IL MIRACOLO SPAGNOLO

Germania in stallo, Francia in frenata e l’Italia in recessione tecnica. Risultato, nell’ultimo trimestre 2018 il maggior contributo alla crescita dell’Eurozona è arrivato dalla Spagna, il Paese che cresce di più tra le grandi economie continentali. Al quinto anno consecutivo di robusta crescitail Pil iberico ha chiuso l’anno scorso con un rotondo 2,6%. Una velocità quasi tripla rispetto a quella dell’Italia. E anche in futuro la crescita economica dovrebbe mantenere un ottimo passo, con la Banca di Spagna che prevede un 2,2% per quest’anno (più del doppio della Germania), un 1,9% nel 2020 e un 1,7% nel 2021. Il tutto con un deficit/Pil sotto al 3% e con un indebitamento al 98% del Pil (137% in Italia, tanto per farsi un’idea). Una performance che ha dell’incredibile per un Paese che tra il 2007 e il 2014 ha bruciato 3,8 milioni di posti di lavoro, con salari reali scesi del 10% e un settore edile letteralmente imploso. L’economia spagnola insomma tira come non mai e in questo contesto la ricetta del partito socialista (Psoe) di Sànchez sembra aver trovato il proprio spazio vitale.

TRA TASSE E ASSISTENZA

La filosofia della politica economica socialista era già emersa per la verità nella manovra di bilancio dello scorso autunno, quella valevole per il 2019, che però era stata bocciata dai partiti che sostenevano la maggioranza dello stesso leader socialista a inizio anno, aprendo la crisi di governo che ha portato al voto di aprile. Una politica economica che può essere in estrema sintesi spiegata così: più tasse per i patrimoni e le imprese da un lato, assistenzialismo dall’altro. L’assett, almeno per quanto riguarda la seconda parte, si sposa bene con quello del nostro governo, sponda Cinque Stelle.

SÁNCHEZ E LE IMPRESE

Sul primo fronte, nei documenti programmatici che hanno accompagnato, prima e dopo la manovra, la corsa di Sànchez, è previsto un aumento dell’1% della patrimoniale sulle rendite superiori ai 10 milioni di euro, un aumento dell’Irpef per i più ricchi, la Tobin tax sui mercati (la tassa sulle transazioni finanziarie), e una non meglio specificata tassa digitale per le multinazionali tech americane.  Esattamente il contrario di quello che aveva fatto Mariano Rajoy il premier conservatore che Sánchez ha disarcionato nella primavera del 2018 con una manovra di palazzo. Grazie a politiche di austerity e ad alcune manovre espansive, Rajoy era riuscito a rimettere a posto i conti della Spagna post crisi e a ottenere tassi di crescita del Pil superiori al 3%.

SÁNCHEZ  A 5 STELLE?

L’altra gamba della politica economica socialista è il sostegno alle fasce deboli. In una parola assistenzialismo. Qui i cardini sono essenzialmente due. Da una parte l’aumento del salario minimo da 735 a 900 euro al mese, dall’altra una robusta spinta alle pensioni. Ma anche ai bonus sulla bolletta dell’elettricità. Non è tutto. Nei piani di Sànchez c’è anche un piano per le case popolari, una maggiore protezione per gli inquilini e la regolamentazione da parte dei consigli sui prezzi degli affitti nelle aree economicamente depresse. Tutte misure che nei calcoli degli analisti dovrebbero portare a una spesa extra per un ammontare di cinque miliardi di euro. Certe assonanze con il Movimento Cinque Stelle si ritrovano poi nella volontà dei socialisti di smantellare la riforma del lavoro spagnola datata 2012, un po’ come in Italia con i propositi grillini di azzerare il jobs act. Ancora: previste misure per equiparare il concedo parentale tra uomini e donne (otto settimane) e la riduzione delle tasse universitarie.

CASADO, POCA ECONOMIA DIETRO IL FLOP POPOLARE

Fin qui il programma di chi ha vinto le elezioni spagnole, pur trovandosi ora privo di una maggioranza con cui formare e tenere in piedi un governo. Ma che cosa ha portato i popolari all’impressionante crollo che li ha visti scendere al 16,7% ottenendo 66 seggi, meno della metà di quanti ne avevano? Semplice, il programma dei popolari guidati da Casado, parlava davvero poco di economia, preferendo tematiche più ad alto impatto emotivo, come il pugno di ferro con la Catalogna e il no ai matrimoni gay. Gli unici propositi di Casado nel campo dell’economia hanno riguardato un generale e non meglio articolato taglio delle tasse al sistema produttivo, propedeutico alla creazione di due milioni di posti di lavoro. Praticamente una ripresa della vecchia politica di Rajoy. Non è un caso che in più occasioni Casado abbia rivendicato  i meriti del passato governo popolare per l’aumento dell’occupazione. Ma forse gli spagnoli si aspettavano qualcosa di più.

I MERCATI GUARDANO (SÁNCHEZ)

A questo punto la prossima sfida è trovare una maggioranza. Vinte le elezioni, i socialisti dovranno essere abili a tessere una tela con altri partiti di area. La Borsa di Madrid ha reagito freddamente alla vittoria della sinistra, aprendo la seduta con un -0,8%. Il motivo è presto spiegato. Ai mercati non interessa o interessa poco il colore del governo, semmai interessa l’esistenza e la solidità dello stesso.


×

Iscriviti alla newsletter