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Tra satelliti e droni, arrivano le piattaforme stratosferiche. Il workshop dell’Aeronautica militare

Ad ala fissa come un aliante o più simili a un enorme dirigibile. Per il monitoraggio delle infrastrutture critiche o per il controllo dei flussi migratori. Affidabili e stazionari come satelliti, ma rapidi nello sviluppo e nella manutenzione come i droni. Sono le piattaforme stratosferiche, uno dei segmenti più vivaci della nuova economia dello Spazio. Tra opportunità di business per l’intera filiera nazionale (con un occhio ai fondi di Bruxelles) e le possibilità di offrire servizi utili a tutti i cittadini, anche l’Italia ha deciso di “fare sistema”. A riunire i vari protagonisti è stata l’Aeronautica militare, organizzando a Roma, tramite il suo Ufficio generale per lo Spazio, il primo Workshop nazionale sulle piattaforme stratosferiche. La tabella di marcia è ambiziosa e punta dritta verso uno studio di fattibilità per un unico prototipo di interesse nazionale.

LE PAROLE DI TOFALO

Dal governo c’è “il pieno supporto”, ha garantito il sottosegretario alla Difesa Angelo Tofalo. Il dicastero di palazzo Baracchini “è pronto a dare il suo contributo al sistema-Paese per il settore spaziale e aerospaziale”. La situazione di partenza è incoraggiante, ha rimarcato Tofalo, grazie a “una filiera completa che ci rende leader in molte nicchie del comparto aerospaziale”. La partita però è “internazionale” e per questo “bisogna fare lavoro di squadra, proprio come una nazionale”. L’alternativa è perdere il treno delle nuove sfide tecnologiche. “O facciamo squadra come fanno i francesi e altri”, ha notato Tofalo, “forse diventando anche più aggressivi”, oppure “non saremo in grado di tenere l’Italia come testa di serie su questo settore”.

LA SPINTA DELL’AERONAUTICA MILITARE

Le piattaforme stratosferiche rappresentano “un tassello che può integrare le capacità dei satelliti e quelle dei velivoli a pilotaggio remoto”, ha spiegato il capo di Stato maggiore dell’Aeronautica Alberto Rosso. Da parte sua, l’Arma azzurra “è pronta a mettere a disposizione le sue competenze”, poiché crede “nello sviluppo dello spazio e aerospazio come risorsa pregiata per il Paese”. D’altra parte, ha aggiunto l’ammiraglio Carlo Massagli, consigliere militare di palazzo Chigi e segretario del nuovo Comitato interministeriale per lo spazio, “l’Aeronautica è sempre stata una Forza armata di frontiera, che sovente ha navigato in acque inesplorate portandoci poi a conoscenze che pensavamo impossibili”. Certo, ha notato il generale Rosso, “sarà fondamentale muoversi in maniera coordinata, sinergica e consapevole, affinché le varie energie siano mosse in modo coerente”.

LA NUOVA GOVERNANCE

Come fare? Sfruttando la nuova governance nazionale messa in moto dalla legge 7 del 2018, che ha rimesso nella mani del presidente del Consiglio la responsabilità della politica spaziale, già delegata dal premier Giuseppe Conte al sottosegretario Giancarlo Giorgetti, supportato per questo dall’apposito Comitato interministeriale (Comint). A coordinarne i lavori c’è l’ufficio dell’ammiraglio Massagli, che intervenendo al workshop ha ricordato come le piattaforme stratosferiche siano tra i settori strategici prioritari del Paese, elemento certificato dagli “Indirizzi di governo” approvati dal Comint e siglati, la scorsa settimana, dal presidente del Consiglio.

LE RISORSE PER IL PROGRAMMA

Ma da dove arriveranno le risorse per le ambizioni italiane sulle piattaforme stratosferiche? “Riteniamo che già nel Piano stralcio Space economy, ora in corso, sia possibile individuare forme di finanziamento per questa iniziativa”, ha spiegato l’ammiraglio Massagli. Con “un potenziale di spesa di investimento di circa 1 miliardo attraverso il contributo di Stato, Regioni e industria”, tale Piano si muove attualmente su “due linee di intervento: l’esplorazione dello Spazio e il sistema di osservazione Copernicus”. La proposta avanzata da Massagli prevede la possibilità di “riuscire a finanziare l’iniziativa attraverso ambedue le linee”, anche perché le piattaforme stratosferiche già rientravano tra i temi esplicitati nel più ampio Piano strategico per la Space economy, lanciato nel 2015 con un potenziale di investimento di 4,75 miliardi di euro attraverso la formula del partenariato pubblico-privato.

A METÀ TRA UN SATELLITE E UN DRONE

In termini pragmatici, ha notato Francesco Cairo del Cnr, le piattaforme stratosferiche ereditano i punti di forza dei satelliti e degli aeromobili a pilotaggio remoto, cercando si smarcarsi dai rispettivi limiti. Un satellite in orbita bassa osserva la Terra con altissima risoluzione, ma passa pochi minuti al giorno sullo stesso punto e non si adatta a situazioni che richiedono un monitoraggio continuativo. I satelliti in orbita geostazionaria (a orbite molto più alte) sono in grado di fissare lo stesso punto, ma hanno risoluzioni tendenzialmente più basse. In entrambi i casi, i tempi di sviluppo richiedono anni, mentre le possibilità di manutenzione sono più che limitate. Da parte loro, le piattaforme stratosferiche, stazionando a quote che si aggirano intorno ai 20 chilometri, possono stare in aria per mesi, monitorando a lungo lo stesso punto con risoluzioni elevate, conservando contemporaneamente tempi di sviluppo (e costi) ridotti a qualche mese, nonché opportunità di manutenzione accessibili.

L’ESEMPIO STRATOBUS…

Tra gli esempi di piattaforma stratosferiche più noti c’è lo Stratobus di Thales Alenia Space, la joint venture tra la francese Thales (67%) e Leonardo. Si tratta, ha spiegato Leonardo Mazzini, di un “pallone a elio pressurizzato, autonomo, del peso di 8,3 tonnellate per una lunghezza di 140 metri e 32 metri di diametro”. L’alternativa più nota come modello di riferimento per l’ala fissa c’è lo Zephyr di Airbus, piattaforma dotata di aerodines che ha già dimostrato di poter volare per decine di giorni ininterrottamente. Per quanto riguarda lo Stratobus, ha ricordato Mazzini, i lavori per il suo sviluppo (“su cui abbiamo investito molto internamente”) sono iniziati nel 2015, giunti oggi “a un progetto di sistema completo”.

…CHE PUNTA AI FONDI EUROPEI

L’ambizione è di farlo diventare “un progetto europeo attraverso la collaborazione tra i vari ministeri della Difesa europea” (così da accedere ai nuovi finanziamenti di Bruxelles in tema di difesa comune) e di “avere un perimetro di mercato sufficientemente alto”. Capace di portare payload da 250 a 450 Kg, le sue applicazioni spaziano dalle telecomunicazioni civili (5G compreso) agli aspetti militari, per cui lo Stratobus mantiene la possibilità di spostarsi tatticamente grazie alla motorizzazione di cui è dotato. “Sistema completamente autonomo, poiché ricorre all’energia solare”, il pallone è in grado di coprire una zona “di oltre 100 mila chilometri quadrati”, ha aggiunto Mazzini, con una capacità di “resistere ai venti stratosferici con al massimo un giorno di fuori servizio all’anno”.

IL RUOLO DI LEONARDO

Oltre Thales Alenia Space, l’Italia può vantare una filiera completa in ambito spaziale, dai servizi di lancio ai satelliti, passando per i servizi di terra e la sensoristica. Ciò alimenta le ambizioni nel campo delle piattaforme stratosferiche, ambizioni a cui guarda anche Leonardo. L’azienda di piazza Monte Grappa, ha notato Annamaria Raviola (responsabile iniziative Ue-Nato nell’ambito di Strategie e innovazione) ha tutte le competenze ed esperienze per supportare lo sviluppo di proposte innovative nel settore spaziale. È campione nazionale nei settori spaziale, avionico e degli Uav (dai mini-droni fino alla partecipazione al progetto EuroMale 2025), in grado dunque di fornire tecnologie utili per le piattaforme stratosferiche, compreso ciò che riguarda le componenti di osservazione, comunicazione e controllo da terra.

LA TABELLA DI MARCIA DELL’AERONAUTICA

Consapevole delle capacità che l’Italia conserva, l’Aeronautica militare ha dunque in mente di identificare una piattaforma stratosferica “di interesse nazionale”, partendo da un primo prototipo su cui concentrare gli sforzi (e le risorse), ha spiegato il colonnello Aniello Violetti, vice capo ufficio generale dell’Ufficio generale per lo Spazio. La tabella di marcia è ambiziosa. Il workshop lascia ora il campo a un tavolo tecnico chiamato a definire il requisito operativo, cosa che verrà fatta “nei prossimi novanta giorni”, ha notato il colonnello Violetti. Poi, come è stato a inizio anno per l’aviolancio (per cui sono pervenute 25 attestazioni di interesse), verrà pubblicata una manifestazione d’interesse, che porterà dritti a un accordo quadro per lo studio di fattibilità previsto entro la fine del 2020. “Il punto fermo – ha detto concludendo Violetti – è il buon livello di maturità tecnologica che abbiamo in Italia; nel nostro Paese ci sono tutte le componenti per poter giocare in autonomia”.

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