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La casa comune europea ha bisogno di cittadini con una forte identità culturale. Parola di padre Spadaro

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Nessuna rivista può essere letta tenendo conto soltanto di quanto contiene, ma calandola nel contesto in cui viene pubblicata. E il contesto in cui esce il nuovo numero de La Civiltà Cattolica è chiaro e i drammatici avvenimenti di Torre Maura ne sono probabilmente una spia. Così questo fatto di cronaca può essere il riferimento per la lettura di questo quaderno in uscita domani, in particolare per quanto riguarda due articoli, sull’Europa e sul razzismo. Il primo articolo lo firma padre Antonio Spadaro, e l’urgenza di diventare cittadini europei che l’autore indica si capisce meglio tenendo proprio Torre Maura davanti a noi. Spadaro ricorda com’era l’Europa prima del processo di unificazione, gli armistizi ed i trattati di pace che determinarono nuove guerre europee, poi lo sforzo politico e culturale dei padri fondatori dell’Europa, a partire ovviamente da Alcide De Gasperi, Altiero Spinelli, Jean Monnet, Robert Schuman, Joseph Bech, Konrad Adenauer, Paul-Henri Spaak, per arrivare a oggi e scrivere però che “i fondatori dell’Europa sono stati anche tutti i cittadini e le cittadine che hanno resistito alle due grandi dittature del XX secolo. Deve essere chiaro: interrompere il processo europeo significa, di fatto, evocare spettri che avevamo messo a tacere. I cristiani non possono ritirarsi di fronte al compimento delle loro responsabilità storiche nei confronti del futuro del nostro Continente, e questo richiede scelte politiche precise e coerenti”.

Il direttore de La Civiltà Cattolica ci dice che questa riflessione è nata da una conversazione con il nunzio apostolico presso l’Unione europea, monsignor Alain Lebeaupin, che gli ha detto: “ I cristiani in Europa non possono ritirarsi di fronte al compimento delle loro responsabilità storiche nei confronti del futuro dell’Europa”. Non penso che possano farlo neanche davanti a Torre Maura, ai suoi residenti esasperati e a chi riaccende l’odio del passato o a chi torna capro espiatorio di emergenze antiche e irrisolte nell’assenza di una cittadinanza. Ma perché? Cosa c’entra il discorso di padre Antonio Spadaro con Torre Maura? Non basta per capirlo ricordare come l’autore scriva che “la costruzione della ‘casa comune europea’ ha bisogno di essere il risultato di cittadini forti della loro identità culturale, responsabili della loro comunità, e allo stesso tempo consapevoli che la solidarietà con il resto dell’Europa è essenziale”. Nel buio della rabbia esplosa a Torre Maura questa consapevolezza non poteva esserci perché la cittadinanza lì non si vede da troppo tempo, da troppe rimozioni.

Proseguendo con lo stesso metodo di lettura si può trovare un nesso tra lo stesso fatto di cronaca, l’editoriale di padre Spadaro e un altro articolo presente in questo quaderno della prestigiosa rivista cattolica, firmato questa volta dal vice-direttore, padre Giancarlo Pani. È una recensione del romanzo storico scritto da Giovanni Grasso e che ricostruisce la storia di Leo Kaufmann, ebreo tedesco, sessantenne, vedovo, facoltoso commerciante che poco prima del varo delle razziali ospita nella sua mansarda la figlia del suo miglior amico, Irene, che vuole frequentare l’accademia fotografica. “La presenza di una ragazza ventenne, bella e intelligente, illumina improvvisamente la vita del vedovo, e tra i due nasce a poco a poco un rapporto fatto di stima e di rispetto, ma anche di simpatia e di affetto. Solo l’onestà di Leo e la notevole differenza di età impediscono che l’amicizia si trasformi in una relazione”. Il clima creato dalle leggi razziali, dall’odio nei confronto degli ebrei, penetra in tanti collaboratori del facoltoso commerciante ebreo, alle prese con una ragazza ariana. “L’attività commerciale di Leo viene requisita, la casa confiscata, tutti i suoi beni personali sequestrati. Il mondo attorno ai due protagonisti crolla all’improvviso: la stima e la devozione nei loro confronti divengono diffidenza e sospetto, i sorrisi si affievoliscono, le voci incalzano, i timori si fanno sempre più puntigliosi. Alcune persone che lavorano al servizio di Leo, e che più volte sono state da lui beneficate, guardano con malizia l’amicizia con Irene e infangano il loro rapporto, dando voce ai rancori covati da tempo”.

Lo sviluppo è terribile quando scoppia la guerra. “Nel 1939 scoppia la guerra, e un allarme notturno richiama le persone ai rifugi. Anche Irene vi si reca e, durante la notte, c’è un tentativo di violenza nei suoi confronti. Nonostante i bombardamenti, lei fugge nella nuova abitazione di Leo; qualcuno la vede e sparge la voce. Lettere anonime presentano la ragazza come ‘puttana’, ‘cagna in calore’. Le minacce aumentano, e Irene, su consiglio dell’amico, accetta di sposarsi con un giovane tedesco, anche se non ne è innamorata. Vuole fugare le voci che girano su lei e Leo. Dopo la celebrazione delle nozze, il marito viene arruolato in guerra e lei si incontra un paio di volte con Leo nel proprio atelier fotografico. Le maldicenze si infittiscono. L’odio razziale, costruito e imposto accortamente da Hitler, entra nella vita quotidiana delle persone e si diffonde imprevedibilmente con esito drammatico. I pettegolezzi giungono perfino alla macchina giudiziaria nazista, con un tragico risultato: Leo viene incriminato per ‘inquinamento razziale’, arrestato e condotto in tribunale”. Il magistrato però indaga davvero, scopre che si tratta soltanto di maldicenze e lo assolve. Ma la storia non è finita. Un altro magistrato, amico di Hitler, riprende in mano il caso e condanna a morte Leo. Anche Irene viene condannata a quattro anni di carcere, per falsa testimonianza.

Il punto di svolta nella nostra lettura però non è questo, ma quando ricostruendo la vicenda di Leo, la recensione ci riferisce di un suo colloquio con un suo dipendente, che lo ringraziava perché si era battuto, nonostante i torti inflittigli, affinché non perdessero il loro posto di lavoro. L’articolo attribuisce a Leo queste parole: “Per me siete stati tutti dei bravi e fedeli dipendenti, ebrei, cattolici o protestanti, senza alcuna differenza. Non è obbligatorio rispondere a un torto con un altro torto, all’odio con altro odio… Io, almeno, l’ho sempre pensata così e non credo riusciranno a farmi cambiare idea”. Leo e Irene sono probabilmente due fondatori dell’Unione Europea, due fondatori poco citati, ma due fondatori, come Andenauer o De Gasperi. Leggendo così le sollecitazioni di Civiltà Cattolica per il passato e applicandole anche all’oggi potremmo dire che anche Simone, quel ragazzo quindicenne di Torre Maura che a chi fomentava la popolazione contro i rom ha detto “volete solo i voti”, è un altro padre fondatore d’Europa, della Europa che ha bisogno di cittadini consapevoli.



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