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Cala il sipario sul Sum di Ivrea e sul vecchio Movimento Cinque Stelle

Davide Casaleggio, Luigi Di Maio

Una sala semi vuota, spenta, aliena alla più impercettibile vibrazione d’entusiasmo. Chi è ormai avvezzo all’appuntamento annuale del Sum, la kermesse organizzata in onore del fondatore e guru del Movimento Cinque Stelle Gianroberto Casaleggio da suo figlio Davide, si ritrova spaesato dentro alle officine H di Ivrea, un tempo fiore all’occhiello della Olivetti. Una lenta processione di parlamentari, attivisti M5S e semplici curiosi percorre annoiata il salone dove tutto è allestito per lo spettacolo. “Oggi parliamo di futuro” risponde seccato Casaleggio Jr ai cronisti durante la giornata, non prima di aver tirato una bordata davvero insolita nei toni al garante della privacy Antonello Soro, che ha appena comminato alla sua Associazione Rousseau una maxi-multa da 50mila euro, “un attacco politico”. Il parterre di ospiti è d’eccezione, ci sono visionari, imprenditori (sul palco, in platea neanche l’ombra), giornalisti di grido (Marco Travaglio) e volti noti dello sport (l’applauditissimo boemo Zdenek Zeman). Tutto quel che piaceva a Casaleggio padre. Peccato che, per la terza edizione di fila, sia la politica a farla da padrona. È il prezzo da pagare per chi, come Davide Casaleggio, non riesce o non vuole risolvere pubblicamente una lotta interna che lo vede al contempo nella veste di esperto hi-tech, imprenditore, “semplice attivista” del M5s, padre e padrone della piattaforma Rousseau e delle scelte nevralgiche nel Movimento.

Di politica si parla tutto il giorno, ma di politici con la P maiuscola a Ivrea ne vengono pochi. C’è il capo politico Luigi Di Maio, che fa capolino per l’ora di pranzo, spara le due, tre frecciatine quotidiane all’alleato Matteo Salvini e ai suoi amici “negazionisti” in Europa, poi si dilegua. C’è qualche colonnello, da Laura Castelli a Stefano Buffagni, e poi Vito Crimi, Gianluigi Paragone, Roberta Lombardi, Fabio Massimo Castaldo, un discreto e silenzioso Emilio Carelli. Oltre al leader due soli ministri, con la poltrona che traballa da un pezzo: Giulia Grillo e Alberto Bonisoli.

Un mesto bilancio se confrontato con la seconda edizione del Sum. Una festa smodata in un salone gremito fino all’orlo dal primo all’ultimo minuto, la squadra a Cinque Stelle quasi al completo, i volti accesi. “Sì, ma lì eravamo a un mese dalla vittoria del 4 marzo, ora siamo tutti pieni di impegni di governo” si smarca la Castelli senza convincere fino in fondo. È vero, il Sum 02 molto doveva alla sbornia post-elezioni, con un bagaglio monstre di voti e il totonomi per le alleanze di governo che teneva banco. Oggi, se i sondaggi non mentono, quel bagaglio di voti si è alleggerito e non di poco, e l’alleato leghista comincia a stare stretto.

E però a rovinare la festa c’è qualcosa di più di un semplice calcolo elettorale. Sì, l’abito non fa il monaco, ma a guardarli aggirarsi per le officine H i pentastellati non si riconoscono più. E se gli ultimi arrivati, i più giovani, si concedono ancora qualche eccesso come un selfie con Travaglio in visibilio, quelli della vecchia guardia oggi sono tirati, composti, seri. Non manca qualche malumore, verso Di Maio e chi regge la baracca. È il caso degli europarlamentari. Gli occhi sono tutti sulle liste per le europee di maggio. Di Maio le svelerà il 16, e per ora si limita a chiosare: “rimarrete stupiti”. Gira voce di un cambio di passo, con volti nuovi e noti, magari della tv, “saranno quasi tutte donne” mormora chi gli è vicino. Voci di corridoio che non piacciono neanche un po’ ai veterani di Strasburgo, quelli che lì in Europa si sono fatti un nome e, rivendicano come un mantra, smuovono da soli migliaia di voti. “Adesso candidate anche i volti televisivi, come Berlusconi?” chiediamo provocatori a un paio di loro. “È una scelta nuova, effettivamente insolita – ci rispondono perplessi, poi un guizzo di stizza – ma noi andiamo avanti per la nostra strada”.

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