Per il momento non c’è accordo sul documento congiunto che dovrebbe essere redatto e sottoscritto a conclusione del grande vertice Cina-Ue che partirà domani. A Bruxelles ci saranno il premier, Li Keqiang, e il ministro degli esteri, Wang Yi, che troveranno tutta la schiera di notabili dell’Unione europea come interlocutori – dal presidente della Commissione all’Alta rappresentate per la politica Estera, Federica Mogherini – per un incontro, il ventunesimo del genere, in cui si prevedeva di dettare i paletti della futura relazione sino-europea.
Il meeting, fa notare su Twitter il giornalista esperto di Cina Simone Pieranni, è da considerarsi un passaggio fondamentale per il mondo tripolare che si sta costruendo: “L’Unione europea è sempre più ostaggio tra Stati Uniti e Cina. Fino a quando non trova uno scopo strategico comune […] è sempre più probabile che cadrà vittima di grandi poteri teatrali”. Per Pieranni, rientrato da pochi giorni da Pechino, è difficile in questo momento per l’Ue chiedere reciprocità, perché pare presentarsi al tavolo “sfilacciata e debole”, dopo aver portato avanti con la Cina un dialogo bilaterale intrapreso da singoli Paesi.
Difficile “qualche compromesso reale”. Oggi in Lussemburgo i negoziatori delle due parti si vedranno per cercare nuovi contatti.
Tuttavia, le fonti dal posto raccontano alle agenzie internazionali che c’è ancora una distanza piuttosto considerevole su alcuni dossier da inserire nel documento congiunto, aspetti che più o meno sono quelli noti, problematiche che vengono considerate elementi con cui la Cina altera l’andamento del business e non solo. Le discussioni riguardano per esempio l’accesso al mercato cinese e le condizioni di concorrenza per le imprese europee in Cina; il fatto che la Cina non vuole assumere impegni sui sussidi alle imprese nel quadro della riforma dell’Organizzazione mondiale del commercio; e poi la questione che riguarda il rispetto dei diritti fondamentali; la “cooperazione sulla connettività sostenibile basata su regole”, aspetto che interessa sia dossier scabrosi come la cooperazione sull’asse della Belt & Road Initiative, sia le preoccupazioni riguardo al settore telecomunicazioni, i paletti sul 5G che l’Ue vuole imporre per evitare che le reti made in Prc possano essere usate per cyberspionaggio; inoltre, Pechino non sembra interessato a prendere impegni per prolungare il mandato del Forum comune sulla sovra-capacità nel settore siderurgico, su cui dall’Ue sono arrivate accuse di dumping.
Argomenti sopra i quali, nel luglio scorso, in un precedente vertice che aveva fatto da quadro preparativo all’attuale, Pechino era sembrata più disponibile a dialogare. Ora il contesto è cambiato: ai tempi l’Unione europea voleva cercare di affrancarsi dalle pressioni anti-Cina americane e cercava proprio la sponda cinese, altrettanto interessata al rapporto con l’Ue attraverso il quale costruirsi l’immagine da honest broker mentre Washington avviava la politica dei dazi, e dunque dimostrando che erano gli Stati Uniti che stavano minando il sistema multilaterale del commercio globale.
Adesso i cinesi arrivano al tavolo con l’Europa forti di un maxi-accordo commerciale in divenire con gli americani – all’interno del quale potrebbero essere disponibili ad accettare, almeno formalmente, qualche modifica strutturale – e dunque hanno interesse minore nel trattare con l’Ue. Dall’altra parte Bruxelles, che sta comunque lavorando con Washington per un altro deal sul commercio, ha recepito in linea di massima le preoccupazioni americane – focalizzate su certe eccessive esposizioni concesse alla Cina – e potrebbe mantenere una postura più severa. In mezzo, il grigio delle penetrazioni cinesi nei sistemi interni di diversi paesi europei, frutto di accordi politico-economici come quello chiuso dall’Italia qualche settimana fa.
In uno degli editoriali con cui la linea governativa del Partito comunista cinese viene divulgata nell’etere – in forma internazionalmente comprensibile, ossia scritta in inglese – il Global Times (giornale del governo) ha scritto che non è azzardato pensare che il summit di domani si chiuda senza un documento congiunto. “Senza essere affetti da una grave competizione geopolitica, Cina e Ue hanno seguito un una logica pragmatica nel condurre la cooperazione e raggiunto un consenso per risolvere i problemi attraverso il negoziato”, scrive il GT.
Il premier Li Keqiang è stato ospitato in un op-ed dal tedesco Handelsblatt (ormai è prassi che prima di certi vertici gli alti funzionari del governo cinese occupino le pagine di un importante quotidiano locale per esprimere le proprie posizioni: per esempio, nel giorno dell’adesione italiana alla Nuova Via della Seta, il presidente Xi Jinping scrisse sul CorSera). Li ha calcato su un settore di collaborazione, i cambiamenti climatici, che sa essere un argomento sensibile per Bruxelles e che allo stesso tempo crea uno spazio tra Europa e Stati Uniti, in quanto l’amministrazione Trump ha deciso di tirar fuori gli Usa dal protocollo internazionale Cop-21. Poi ha citato il nucleare iraniano, altro accordo da cui Washington è uscita e che l’Ue avrebbe interesse a mantenere in piedi insieme alla Cina (e alla Russia), cofirmataria nel 2015.
“Sosteniamo fermamente il processo di integrazione europea nella speranza di un’Europa unita e prospera”, scrive Li che però il viaggio europeo per il China-Eu Summit passa dalla città portuale di Dubrovnik (dove la statale China Road and Bridge Corporation costruirà il ponte Peljesac, la più grande infrastruttura del paese, avendo battuto al ribasso l’austriaca Strabag). Sul lungomare croato è programmato il vertice annuale con i leader dei sedici Paesi dell’Europa centrale e orientale che fanno parte del sistema politico-economico “16+1”, il Ceec.
La cooperazione tra Pechino e i sedici Paesi, nella visione del primo ministro cinese, “contribuisce a uno sviluppo più equilibrato e all’unità dell’Ue”, però il format di cooperazione ha attirato diverse critiche nell’Unione, che lo considera una strategia di penetrazione della Cina, “rivale sistemico” e “competitor economico” secondo le definizioni di Commissione e Consiglio.
“Il 16 + 1 è una piattaforma basata su una cooperazione equa e reciprocamente vantaggiosa […] e porterà reali benefici alla Cina e ai Paesi dell’Europa centrale”, ha invece detto il ministro Wang. La Croazia intanto si appresta a firmare un memorandum d’intesa con la Huawei per il 5G; la Huawei è la ditta cinese che secondo diverse intelligence occidentali potrebbe avere collegamenti col governo e permettere a Pechino l’uso di backdoor per spiare le comunicazioni attraverso le sue apparecchiature.