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Una telefonata di Salvini ribadisce che l’Italia sta con Serraj

Fayez Serraj, Libia, trenta

Il vicepremier libico, Ahmed Maitig, ha avuto un colloquio telefonico con l’omologo italiano, il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, in cui quest’ultimo ha confermato il sostegno dell’Italia a Tripoli.

A Tripoli ha sede il Governo di accordo nazionale, l’esecutivo attivo sotto egida Onu e guidato a Fayez Serraj, messo sotto attacco dalle forze del signore della guerra dell’Est libico, Khalifa Haftar. Salvini, che si trova in Tunisia, secondo il tweet diffuso da Maitig, avrebbe parlato della necessità di fermare l’aggressione contro la capitale libica.

Nelle stesse ore, il premier, Giuseppe Conte, ha ribadito lo stesso concetto a margine dell’incontro con il presidente della Repubblica tunisina, Beji Caid Essebsi: “Invochiamo il cessate il fuoco il prima possibile. La guerra civile non può che generare ulteriore violenza”, ha detto Conte.

Quella di Salvini è stata una posizione netta che segue di due giorni quella sfumata presa dal premier Conte in una dichiarazione da Pechino, a latere del vertice sulla Belt&Road. Conte dava spazio di “plausibilità” all’operazione di Haftar, anche se solo sotto l’ottica dell’anti-terrorismo, mentre sosteneva di non stare “né con Serraj né con Haftar”, una posizione che definiva lungimirante, ma che aveva creato reazioni negative a Tripoli. Il presidente del Consiglio italiano aveva poi precisato, in una successiva intervista a Repubblica, che l’Italia non “mai” appoggerà nessuna azione per prendere il potere con le armi.

Nei giorni scorsi, Serraj aveva ricevuto il sostegno aperto anche da parte della Turchia, mentre nei giorni scorsi una telefonata tra Haftar e Donald Trump era stata rappresentata come un cambio di linea da parte di Washington verso l’autoproclamato Feldmaresciallo sotto le spinte di alcuni alleati haftariani.

Egitto ed Emirati Arabi, così come l’Arabia Saudita, sono i paesi che secondo le fonti interne all’amministrazione Trump (oggi ne parla Washington Post e Guardian, prima Bloomberg) avrebbero spinto il presidente alla telefonata, che tuttavia era stata normalizzata da Pentagono, dipartimento di Stato e Consiglio di sicurezza nazionale (oggi, tra l’altro, il sito libico Alwasat conferma con fonti indipendenti quello che Formiche.net aveva anticipato due settimane fa: il comando statunitense AfriCom ha inviato un piccolo contingente a Misurata, centro di coordinamento di parte della milizie che si oppongono a Haftar)-

Lo scontro è ormai di carattere politico-regionale: da una parte le posizioni di Turchia e Qatar, collegate al governo Serraj anche tramite la Fratellanza musulmana, dall’altra la linea anti-islamista di emiratini, egiziani e sauditi (con la notizia secondo cui Trump starebbe pensando di inserire i Fratelli nella lista della organizzazioni terroristiche come fatto già al Cairo, Abu Dahbi e Riad, che torna in cronaca oggi).

Sotto quest’ottica, la Tunisia diventa un paese centrale, perché è una realtà in cui convivono forze più o meno islamiste in equilibrio democratico ed è uno dei paesi più interessati dalla crisi libica (anche solo per continuità geografica) che sta prendendo posizione sulla situazione. Oggi, mentre Conte ha visto Essebsi a Cartagine, il vicepremier Luigi Di Maio è a Tunisi per incontri a sfondo business nell’ambito dell’ampio dialogo italo-tunisino.

 



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