“Dove la condizione geopolitica resta particolarmente delicata, la nostra attenzione resta massima”. Con queste parole il ministro della Difesa Elisabetta Trenta ha aperto la missione a Gibuti, Paese del Corno d’Africa dove sono presenti i militari italiani impegnati in attività addestrative a favore delle Forze di polizia della Somalia. L’obiettivo? Favorire una progressiva stabilizzazione della regione.
GLI INTERESSI ITALIANI NELLA REGIONE
“Nei prossimi giorni – ha spiegato il ministro – incontrerò le autorità governative locali e visiterò le basi addestrative dove i nostri militari sono impegnati nell’attività di training nella missione Miadit 11, utile al processo di stabilizzazione dell’intera area”. La visita è parte di una serie di incontri volti consolidare la presenza italiana nella regione, e segue i diversi rappresentati del governo che negli ultimi mesi si sono recati nel Corno d’Africa. Tra tutti, nell’ottobre 2018 è stato in Etiopia ed Eritrea il premier Giuseppe Conte, mentre nel dicembre dello stesso anno il vice ministro degli Esteri Emanuela Del Re aveva tenuto una serie di colloqui con il presidente di Gibuti Ismail Omar Guelleh. Dunque sembrerebbe che quest’ultima visita ufficiale sia solo un’ulteriore passo verso il rafforzamento dei rapporti politici e militari tra questi due Stati.
LA MISSIONE
Il ministero della Difesa ha dato il via all’undicesima edizione della Missione addestrativa italiana (per l’appunto Miadit 11) nel gennaio di quest’anno, consentendo il trasporto di equipaggiamenti e attrezzature militari acquistati dal governo italiano per la Somali police force (Spf) e di una serie di corsi di formazione al fine di rafforzare i corpi militari locali. Stando all’ultima autorizzazione del Parlamento (in attesa del nuovo pacchetto missioni per il 2019), si prevede un impiego massimo di 53 militari e 4 mezzi, da aggiungere ai 90 militari impegnati nella “Base militare italiana di supporto” (Bmis) frutto di un accordo bilaterale con Gibuti. L’Italia ha messo inoltre a disposizione maschere anti-gas, strumentazioni per indagini tecnico-scientifiche, equipaggiamento per attività di ordine pubblico e dispositivi di protezione individuale e ambientale. Inoltre, nell’ambito della missione Miadit, il Corpo dei Carabinieri ha tenuto diverse attività addestrative, concluse nel mese di aprile, con alcuni corsi anche in favore dei militari degli Stati Uniti appartenenti alla “Apache Company” dello US Army.
IL CONTESTO GEOPOLITICO
Oltre l’impegno della Difesa italiana, sembra lecito chiedersi come la Repubblica del Gibuti, un piccolo Stato al confine tra Eritrea, Etiopia e Somalia, sia recentemente diventato oggetto di attenzioni da parte di numerosi Stati. Secondo il World Food Programme, il 79% della popolazione si trova in uno stato di povertà, fattore che rende il paese estremante propenso ad accettare investimenti esteri, dimostrandosi suscettibile a potenziali influenze esterne, attirati anche dalla rilevanza geopolitica del Paese, tra golfo di Aden e il Mar Rosso.
L’ATTIVISMO CINESE E LE PREOCCUPAZIONI USA
In particolare la Cina ha rafforzato la propria presenza in questa regione, mettendo in moto una serie di massicci investimenti finalizzati alla costruzione di infrastrutture che saranno parte dell’iniziativa “Belt and Road”, attirando in questo le attenzioni (e le preoccupazioni) di molti attori internazionali. Washington ha più volte condannato l’operato cinese nella regione affermando che gli investimenti sarebbero solo un mezzo per rafforzare la loro sfera di influenza in tutto il continente. Infine, oltre a Pechino, anche Parigi ha mostrato segni di interesse, visto che nel marzo del 2019 il presidente Emmanuel Macron si è recato nel Paese per discutere questioni relativamente alla sicurezza e all’economia, confermando che il Corno d’Africa costituisce un obiettivo strategico di Parigi.