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Tria, da bruco a farfalla?

tria

“Non è possibile abbassare la tasse, far crescere la spesa e tenere l’Iva ferma. In passato l’hanno fatto e ora ne facciamo i conti”.
Con due righe nella bella intervista a Carlo Tecce del Fatto Quotidiano il ministro Tria compie oggi una triplice operazione (che va esaminata in tutti i suoi aspetti), mettendo così paletti importanti per l’azione del governo in vista dell’autunno.

In primo luogo infatti il ministro parla alla comunità scientifica (cui appartiene da sempre), ribadendo così che non si è trasformato in un politico di professione pronto a fare coriandoli della dottrina economica. È importante (per lui e per il governo), poiché in quella sua “competenza” risiede anche la sua forza.

C’è poi un secondo interlocutore del ragionamento di Tria, vale a dire la comunità finanziaria. Ad essa il ministro recapita un messaggio di solidità (del sistema nazionale dei conti pubblici) e di serietà (dell’inquilino di via XX Settembre). Tant’è vero che poi il professore arriva anche a tirare le orecchie al suo collega Salvini (una costante dell’intervista), ricordandogli che sono i mercati a giudicare la sostenibilità dei nostri conti pubblici (e quindi della necessità o meno di aumentare l’Iva) e non i burocrati di Bruxelles.

Infine Tria parla ai due partiti che sostengono il governo di cui fa parte e, più in generale, all’establishment nazionale, di vecchio e nuovo conio (Quirinale compreso). Qui impone a tutti una sostanziale operazione “verità”, chiarendo che in autunno si dovranno compiere scelte precise che non potranno essere efficaci solo sul lato delle uscite (per i conti dello Stato), poiché l’equilibrio si genera agendo anche sul lato delle entrate (e nuovo debito non si può più fare).

Se a tutto ciò aggiungiamo un’altra frase molto importante, cioè quella in cui Tria dice “Mi sento un professore di economia e non un tecnico. Chi fa parte di un governo è un politico. Il ministro tecnico non esiste” ecco allora che tutto assume contorni nuovi e decisamente interessanti.

Il ministro così abbandona i panni del tecnico debole ed esposto alle scoppole (assai frequenti nei mesi scorsi) dei leader politici giallo-verdi per vestire i nuovi abiti del soggetto politicamente rilevante, uomo dei numeri capace però di giocare a tutto campo.

È un nuovo Tria, che da bruco diventa (o almeno ci prova) farfalla. Ribadisce l’amicizia con Savona, ironizza su Salvini (via Adam Smith) e prende le distanze da Di Maio (sull’improbabile notte di Palazzo Chigi con tanto di annuncio sul deficit al 2,4). Insomma un Tria pimpante e determinato. Un Tria che, con ogni probabilità, piace a Mattarella e a Draghi.

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