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Trump chiama Haftar e gli riconosce un ruolo nella lotta al terrorismo

Erdogan, Putin

Secondo uno statement circolato tra i giornalisti che accompagnano il presidente americano a Mar a Lago per le vacanze pasquali, la Casa Bianca ha reso noto che il 15 aprile Donald Trump ha avuto un colloquio telefonico con Khalifa Haftar, il signore della guerra dell’Est libico, che una dozzina di giorni fa ha attaccato il governo pro-Onu insediato a Tripoli.

L’americano, secondo la dichiarazione riportata, “ha riconosciuto il ruolo significativo del Feldmaresciallo Haftar nella lotta al terrorismo e nella sicurezza delle risorse petrolifere della Libia, e i due hanno discusso di una visione condivisa per la transizione della Libia verso un sistema politico stabile e democratico”.

Mentre Fayez Serraj, premier designato quattro anni fa dall’Onu per guidare il processo di rappacificazione, aspettava una mossa forte con cui gli Stati Uniti potessero condannare Haftar e la sua aggressione, da Washington pare arrivare una reazione molto più tiepida. Un contatto diretto con l’uomo forte della Cirenaica, diffuso però a distanza di giorni e senza essere riportato sui canali stampa ufficiali della Casa Bianca che archiviano gli atti presidenziali pubblici (perché è stato passato allo WH press corp soltanto e soltanto oggi?).

La dichiarazione sui contenuti del dialogo pare seguire due linee tematiche e narrative care a Haftar. La prima è la missione contro il terrorismo, motivazione per cui l’autoproclamato Feldmaresciallo avrebbe attaccato Tripoli; liberare il paese dagli estremisti (come lui considera le forze che supportano Serraj e tutte le altre che non lo sostengono). Seconda, il petrolio: Haftar chiede un qualche riconoscimento sull’oro libico, dopo che al sud s’è mosso su alcuni campi pozzi (oltre che su quelli della Cirenaica).

Giovedì, sia gli Stati Uniti che la Russia hanno dichiarato di non poter sostenere una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu che chiedeva un cessate il fuoco in Libia immediato. La risoluzione, secondo la Russia, era troppo severa con Haftar (contro cui Serraj ha alzato una denuncia all’Aja e una mandato di cattura tramite la procura militare). Invece non è stato ben chiaro il motivo per cui gli americani non l’hanno supportata, dopo che nei giorni scorsi sembravano pressare in tal senso.

Ma la risoluzione, tra le altre cose, invitava i paesi che hanno influenza sulle parti in conflitto a garantire la conformità e l’accesso incondizionato agli aiuti umanitari in Libia. E forse inserire gli attori esterni nel documento onusiano è la motivazione del rinvio americano.

Ieri a Washington c’era il ministro degli Esteri e della Cooperazione internazionale degli Emirati Arabi, che ha incontrato il segretario di Stato, Mike Pompeo. Oggi Trump ha avuto una conversazione telefonica con il principe ereditario Mohammed bin Zayed in cui l’argomento centrale è stato “il sostegno degli Stati Uniti per la difesa nazionale emiratina”.

Abu Dhabi è il principale sostenitore di Haftar da diversi anni. Un sostegno che è arrivato in allineamento con l’Egitto e ultimamente ha trovato sponde anche a Riad, in contrapposizione con l’assistenza che la Turchia e il Qatar hanno fornito alle milizie tripoline. È una questione che riguarda linee geopolitiche, ma anche aspetti più profondi: le divisioni all’interno del mondo sunnita (Riad e Ankara si contendo il ruolo di leader dell’Islam politico, anti-islamisti contro islamisti; Abu Dhabi e Doha sono in confronto su un terreno analogo e per l’avvicinamento della seconda a Teheran, sono stati gli emirati a lavorare con maggiore insistenza per veicolare il blocco diplomatico contro il Qatar).

La conversazione di Trump con Haftar, comunque, “non dà sostegno all’avanzata diretta su Tripoli”, ma – spiegano fonti dell’ambiente diplomatico – è una strada per cercare attraverso il dialogo di raggiungere una cessate il fuoco per riportare la situazione nel campo dei negoziati.

Qualche giorno fa, il dipartimento di Stato aveva chiesto il ritorno allo “status quo ante”, ossia alla situazione precedente all’avanzata di Haftar verso Tripoli del 4 aprile. Altre fonti diplomatiche hanno detto a Formiche.net che gli Stati Uniti volevano inserire la richiesta esplicitamente nella risoluzione dì ieri, anche per questo avrebbero rimandato il voto del Consiglio di Sicurezza.

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