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Teniamoci stretta la Tunisia. O sarà un’estate di fuoco per l’immigrazione in Italia

L’Italia ha pochi amici nel Nord Africa. La Tunisia è uno di questi. Ed è uno degli unici Paesi africani affacciati sul Mediterraneo che dalla conclusione delle “primavere arabe”, sia pur con qualche momento di tensione, ha conosciuto una parola estranea a tanti vicini regionali: stabilità. Per questo, al di là del gossip politico che scorre sullo sfondo, la visita ufficiale di Giuseppe Conte, Matteo Salvini e Luigi Di Maio a Tunisi va ben oltre il cerimoniale. Negli incontri bilaterali in corso nella capitale a far da perno è il dossier libico. E non potrebbe essere altrimenti: l’assedio del feldmaresciallo Khalifa Haftar a Tripoli ha da tempo suonato l’allarme nel governo tunisino. L’ondata migratoria che dalla Libia minaccia di attraversare il Sahel, busserà presto alle porte di Tunisi. Qui gli interessi italiani trovano un punto di incontro cruciale con quelli del governo di coalizione guidato da Beji Caid Essebsi.

La Tunisia è un Paese democratico che vive però un momento di grave crisi economica. La svalutazione del dinaro, l’inflazione e l’alta disoccupazione giovanile hanno riportato sul Paese l’ombra dell’instabilità. Il matrimonio fra i due partiti di governo, i laici di Nidaa Tounes e gli islamisti di Ennhada, vacilla da tempo e gli esperti prevedono per la metà del 2019 l’ennesimo rimpasto. Una nuova, massiccia scossa migratoria può essere la goccia che fa traboccare il vaso. E riaprire il varco tunisino, prospettando un’altra estate di fuoco per il governo italiano. “La Tunisia è un nostro partner fondamentale, quando si chiuderà la rotta libica resterà solo quella tunisina – spiega a Formiche.net Matteo Villa, responsabile del programma migrazioni dell’Ispi (Istituto degli studi di politica internazionale) – i libici che scappano dal conflitto cercheranno di varcare il confine tunisino per restare nel Paese, può diventare un serio problema per il governo di Essebsi”.

Bene dunque, dice l’esperto, l’incontro fra Conte ed Essebsi, che per la Libia hanno invocato “una soluzione politica” rigettando a priori qualsiasi intervento militare. Un messaggio anche e soprattutto alla Francia di Emmanuel Macron, accusata due settimane fa dalle autorità tunisine di aver inviato agenti segreti in supporto di Haftar facendoli passare per il confine a Ras Jedir. Bene anche il bilaterale fra Salvini e il suo omologo Hicher Fourati con un focus su immigrazione e terrorismo. È questo il punto nodale, spiega Villa. “La maggior parte degli immigrati che raggiungono le coste italiane, è di nazionalità tunisina. Nel 2011 ne sono arrivati 40.000 a seguito della rivoluzione, poi i numeri sono calati”. È il ministro dell’Interno a snocciolare i numeri a margine del vertice italo-tunisino: “gli sbarchi nel 2019 sono calati dell’85%, sono scesi dai 1.500 del 2018 ai 230 di quest’anno”.

Il governo di Tunisi è un partner fondamentale per gestire i flussi nel Mediterraneo. L’Italia lo sa e infatti negli ultimi anni si è fatta avanti con richieste di aiuto, non sempre realistiche. “La Tunisia è il più grande alleato italiano per i rimpatri, il tasso medio dei rimpatri africani dall’Italia è di due persone col foglio di via su dieci, per i tunisini è di uno su tre, ogni settimana partono voli charter”. La cooperazione è preziosa, ma non bisogna tirare la corda. “L’anno scorso ci sono state tensioni perché il governo italiano ha chiesto a Tunisi di aprire sul territorio degli hub per ospitare le persone salvate in mare”.

Il business dell’immigrazione made in Tunisia è molto diverso da quello libico. I gommoni sovraffollati sono una realtà minoritaria. Più frequenti i trasporti via motoscafo, a piccoli gruppi, che raggiungono le coste siciliane, nel trapanese e in particolare nella zona fra Marsala e Mazara del Vallo. Sono i cosiddetti “sbarchi fantasma” su cui si concentrano le recenti indagini della Guardia di Finanza. Il traffico di essere umani però è solo una faccia della medaglia per le autorità italiane, non la prioritaria. “Con il traffico di migranti ci fai circa 500 euro a persona, la criminalità organizzata tunisina guadagna molto di più con il contrabbando di droga e sigarette – dice il ricercatore dell’Ispi – il trasporto di migranti è un’attività ‘esca’, genera pochi flussi di denaro ma ha la capacità di distogliere l’attenzione pubblica dagli altri traffici”.



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