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La Turchia si ammorbidisce con gli Usa sull’acquisto dei missili russi S-400

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Sono passati solo pochi giorni dalla visita del ministro delle Finanze nonché genero del presidente Erdogan, Berat Albayrak, negli Stati Uniti. Come abbiamo scritto di recente su Formiche.net, la missione principale, quella ufficiale, era convincere gli investitori americani del buono stato di salute dell’economia turca alla luce del piano di rilancio che il governo ha progettato sul medio termine. Come si ricorderà, però, Albayrak ha avuto anche un lungo colloquio con il presidente Donald Trump e il genero di quest’ultimo, Jared Kushner, che poi, per molti, era il vero motivo della sua visita.

Se per quanto riguarda gli investimenti, sembra che il ministro abbia fatto più danni che altro, dal punto di vista diplomatico la Turchia sta iniziando, lentamente e con tutti i limiti del caso, se non a riposizionarsi, almeno ad assumere un atteggiamento più conciliante rispetto al più delicato fra i motivi di contrasti con Washington: l’acquisto del sistema missilistico S-400 dalla Russia.

Nelle ultime due settimane, ci sono stati numerosi incontri fra dirigenti americani e della Mezzaluna. Il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu ha partecipato a un incontro della Nato nella capitale americana, dove ha parlato con la sua controparte Mike Pompeo. Pochi giorni dopo, Albayrak ha portato a Trump un messaggio da parte di Erdogan, parlando anche della situazione nel nord della Siria e delle possibili multe comminabili alla Turchia per aver aggirato le sanzioni contro l’Iran. Albayrak ha espresso ottimismo alla fine del colloquio, sottolineando come fra le due parti si sia instaurata “un’attitudine costruttiva”.

Dopo questi incontri, la narrativa turca sulla questione, almeno a parole, è cambiata considerevolmente. Il portavoce del presidente Erdogan, Ibrahim Kalin, che ha sempre considerato l’acquisto degli S-400 un diritto della Mezzaluna per difendere il suo territorio nazionale, con buona pace della sua permanenza nella Nato, due giorni fa si è affrettato a dichiarare che la Turchia “non potrebbe mai nuocere all’Alleanza atlantica, tramite lo schieramento di armi diverse in grado di compromettere il suo equipaggiamento militare”. Kalin ha poi invitato Bruxelles a condurre una valutazione tecnica sui potenziali pericoli derivanti dallo schieramento contemporaneo degli S-400 e gli F35 gli aerei da guerra prodotti dagli Stati Uniti e la cui vendita alla Turchia è stata bloccata dall’amministrazione Trump.

Ieri, il ministro degli Esteri Mevlut Cavusoglu ha dichiarato che la Turchia comprende perfettamente tutte le preoccupazioni della Nato rispetto alla minaccia che gli S-400 potrebbero teoricamente rappresentare. “Abbiamo bisogno di tenere in considerazione le preoccupazioni della Nato – ha detto Cavusoglu – Non è vero che la Turchia le ignori”. Il capo della diplomazia turca ha poi detto che la Mezzaluna ha un bisogno urgente di un sistema di difesa aereo.

Toni più morbidi, che farebbero presagire la volontà della Turchia di riportare le relazioni con Washington su un binario più virtuoso. Ma con Ankara non si può mai sapere e, soprattutto, difficilmente il presidente Erdogan sarà disposto a farsi dettare le condizioni sia sulla difesa nazionale sia sulla Siria.

La questione F-35 rimane aperta. Washington per il momento non sembra disposta a sbloccare la sua posizione. Il punto è che Ankara potrebbe decidere, anche per i fighter, di seguire il metodo scelto quando gli Usa hanno tentennato sulla vendita dei Patriot: rivolgersi ai russi. Secondo alcune indiscrezioni provenienti da Ankara, questo potrebbe essere il piano B di Erdogan se l’amministrazione Trump dovesse tenere una posizione intransigente. A quel punto, però, le relazioni fra Ankara e Washington diventerebbero ancora più tese, con tutte le ricadute sull’economia turca. Un azzardo che il presidente sa di non potersi permettere, nemmeno ora che è lontano da appuntamenti elettorali.

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