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Sì, in Ucraina ha vinto Vladimir. Ma Putin, non Zelensky

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Il voto a Kiev ci riguarda da vicino e dice molte cose sullo stato generale della politica e delle relazioni internazionali in Europa ed intorno ad essa. Già, perché il nuovo leder ucraino è molto pop e molto nuovo, ma non per questo irrilevante.

Zelensky è un volto famoso della Tv e da star nazional-popolare ha impostato la sua campagna elettorale, di fatto rendendo “reale” il suo personaggio interpretato da attore (un anonimo professore di storia che diventa presidente dopo aver infiammato i suoi studenti con una lezione che viene diffusa attraverso i social network).

Il grado di sovrapposizione tra fiction e realtà è sostanzialmente totale, tanto è vero che il titolo della serie Tv, cioè “Servitore del popolo”, è anche il nome del partito fondato a dicembre da Zelensky ed è lo slogan della sua campagna elettorale.

Insomma Zelensky ha tutto quello che serve per vincere oggi alle elezioni: è famoso, è simpatico, è perfettamente a suo agio davanti al pubblico e, soprattutto, non ha nulla a che fare con il palazzo del potere, anzi ne rappresenta una perfetta antitesi (almeno in apparenza).

Ma per capire meglio il personaggio occorre evidenziare i due momenti più importanti della sua trionfante cavalcata verso Palazzo Mariinskij (la sede di rappresentanza del Capo dello Stato a Kiev), cioè l’annuncio della sua candidatura e la decisione sul confronto pubblico con l’avversario al ballottaggio.

Per la sua “discesa in campo” Zelensky sceglie la diretta Tv della sera di Capodanno, sovvertendo ogni regola della politica praticata dai professionisti. Fa una scelta in stile pop, ponendosi in antitesi totale rispetto all’oligarca suo rivale (Poroshenko è un ricco imprenditore di dolciumi, ma è anche un vecchio “arnese” della politica ucraina, entrato in Parlamento per la prima volta ben 21 anni fa, cioè nel 1998, per poi affiancare sempre alla sua attività di business man una serie di incarichi pubblici, tra cui presidente della commissione Bilancio, due volte ministro e presidente del consiglio della Banca dell’Ucraina).

Ma Zelensky fa anche una scelta meditata e preparata, come dimostra il fatto che la sua campagna elettorale (quasi tutta giocata sui social network) parte immediatamente e, soprattutto, visto che il suo sostenitore più importante è Igor Kolomoysky, guarda caso il proprietario del canale televisivo in cui va in onda l’annuncio (lo stesso della serie Tv) e uno dei tre uomini più ricchi della nazione.

Poi c’è il tema del confronto con Poroshenko, da quest’ultimo sollecitato per settimane in ogni modo. Zelensky si sottrae fino al 19 aprile, cioè pochi giorni prima del voto. Ma si concede a condizione che il dibattito si svolga allo stadio olimpico di Kiev (e ovviamente in diretta Tv), cioè in una cornice che nulla ricorda della politica, ma che invece è l’arena più importante della nazione per gli eventi di sport e per i concerti delle star internazionali.

Insomma Zelensky vince prendendo a cannonate il suo avversario, facendo di tutto per farlo comparire uomo di apparato (quale è, tutto sommato), ma soprattutto giocando la potente carta della novità, della “leggerezza” (qualcuno potrebbe ricordare Italo Calvino e le Lezioni Americane) e, in qualche modo, anche dell’impreparazione (durante il confronto Tv ha letto quasi tutte le risposte dagli appunti sotto gli occhi). Detto ciò però, restano alcuni aspetti di non banale rilevanza che discendono dal voto ucraino.

Il più importante dei quali è nel rapporto che rapidamente cambierà con la Russia di Vladimir Putin, acerrimo nemico di Poroshenko (nella zona est dell’Ucraina, a maggioranza della popolazione di origine russa, è in corso da anni un durissimo scontro militare, con le truppe di Mosca sistematicamente fuori dai loro confini nazionali), al punto che il presidente uscente ha fatto il suo manifesto elettorale contrapponendosi al presidente russo e non al suo rivale nazionale.

Ebbene Zelensky non ha avuto cedimenti nel ribadire una posizione di forte difesa dell’interesse nazionale, ma ha anche dichiarato di essere pronto ad incontrare Putin per affrontare tutte le questioni (e comunque lui viene dall’est dell’Ucraina e la sua famiglia è di lingua madre russa). Insomma mentre gli americani mantengono la loro linea di scarso impegno diretto (hanno comunque sostenuto Poroshenko in questi anni), lo Zar del Cremlino mette a segno un altro piccolo capolavoro, potendo contare da oggi su un governo a Kiev molto meno ostile di prima.

Ecco perché il vero Vladimir vincitore a Kiev è Putin, gigante della geopolitica mondiale pur essendo alla guida di una nazione economicamente traballante. Da segnalare infine l’esistenza, as usual, solo teorica dell’Europa.

Una settimana fa Macron ha ricevuto Zelensky all’Eliseo in pompa magna (quindi prima delle elezioni) e l’ha fatto nell’unica veste che gli interessa, quella di presidente della Francia.

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