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La Via della Seta tra rischi geopolitici e debolezze di Pechino. La lezione del generale Jean

“La nuova Via della Seta” promossa dalla Cina, e alla quale ha recentemente aderito tra le polemiche l’Italia, “non è solo una strategia economica ma soprattutto geopolitica”. Mira ad espandere l’area d’influenza economica, finanziaria e politica della Cina anche con la cosiddetta “trappola del debito”: gli Stati che non riescono a rimborsare i crediti ricevuti dalla Repubblica Popolare, devono cedere a Pechino parte delle loro infrastrutture.
A spiegarlo è stato il generale Carlo Jean – presidente del Centro Studi di Geopolitica economica, docente all’Università Guglielmo Marconi e esperto di politica internazionale – intervenendo al Master in Intelligence dell’Università della Calabria diretto da Mario Caligiuri.

LA TRAPPOLA DI TUCIDIDE

Collocandola in questo scenario, che vede crescere lo scontro tra Washington e Pechino, Jean ha poi parlato della cosiddetta “trappola di Tucidide”, descrivendo il meccanismo delle potenze emergenti che cercano di scalzare quelle dominanti, come è successo nel IV secolo avanti Cristo tra Atene e Sparta nella guerra del Peloponneso e tra Germania e Regno Unito nella prima guerra mondiale provocando la reazione militare delle seconde. Secondo taluni studiosi tale “trappola” si starebbe ora verificando tra gli Stati Uniti e la Cina. Per il generale avere consapevolezza di tali asimmetrie è essenziale per prevedere come si evolverà il mondo nei prossimi anni: da multipolare potrebbe diventare completamente apolare, assumendo strutture analoghe a quelle precedenti la nascita degli Stati nazionali, a seguito della pace di Vestfalia del 1648. Il multilateralismo proprio dell’ordine liberale sta erodendosi rapidamente, ha rimarcato l’esperto. In tale quadro, è indispensabile “il recupero della cultura dell’interesse nazionale che è l’unico modo per tutelare le proprie imprese e i propri cittadini in un mondo senza regole”, in cui sta tornando la tradizionale politica di potenza, di derivazione machiavellica e hobbesiana”.

I PUNTI DEBOLI DI PECHINO

Tuttavia, per Jean, anche Pechino ha dei punti deboli che potrebbero frenare questa ascesa. “La Cina – ha detto – presenta enormi squilibri sociali e territoriali. Le regioni oceaniche sono ricche e aperte al mondo esprimendo il potere economico mentre quelle interne sono arretrate ma detengono il potere politico. Ha un debito pubblico del 300% del Pil, che rappresenta uno degli aspetti più delicati della sua economia”.
Inoltre, per il docente, la geografia svantaggia enormemente la Cina rendendola vulnerabile poiché per importare materie prime – in particolare quelle energetiche (non solo petrolio, ma anche Lng) – ed esportare merci, le vie di comunicazione marittima cinesi si sviluppano in un’area che può essere controllata e chiusa dalle Marine degli Stati Uniti e dei loro alleati. La Cina risponde a queste difficoltà anche con la Belt, cioè con la componente terrestre della nuova Via della Seta. Va comunque considerato, secondo Jean, che i traffici terrestri, che oggi non superano il 10% dei traffici cinesi, costano da 10 a 15 volte più di quelli marittimi. La Cina ha compresso enormemente le spese sociali e registra differenze sempre maggiori tra ricchi e poveri. E mentre Pechino esprime circa il 20% della popolazione mondiale possiede solo il 6% dell’acqua potabile del mondo, Quindi, ha difficoltà a soddisfare le esigenze alimentari della propria popolazione, tanto più che esse sono destinate ad accrescersi notevolmente per l’aumento del benessere, che comporta un mutamento della dieta dai carboidrati alle proteine, comportando maggiori consumi d’acqua.

LA POSSIBILE STRATEGIA USA

Inoltre, ha ricordato l’esperto, gli Usa, a differenza dell’Ue, hanno una demografia stabile, con un aumento del 3-4% del Pil all’anno, e attraggono capitale finanziario e intellettuale da tutto il mondo anche attraverso un sistema di valori che derivano dall’etica dei Pilgrim Fathers. Gli Usa – ha proseguito – saranno ancora dominanti nei prossimi decenni come sostiene la teoria di Henry Kissinger dello “Hub and Spoke”, in base alla quale si possono sviluppare due strategie da parte di Washington: sostenere nelle varie regioni geopolitiche i Paesi deboli contro quelli forti, con una politica simile a quella del “balance of power” di derivazione britannica, oppure sostenere gli Stati forti contro i Paesi deboli. La prima politica richiede più risorse della seconda. La superiorità americana – ha proseguito – è anche finanziaria poiché il 75% delle riserve e del commercio mondiale avviene in dollari, compresa la stessa nuova Via della Seta.



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