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Parlare di Difesa comune europea è prematuro

“Non commento questioni che spettano al ministero della Difesa italiano”. Sorvola sul caso dei quaranta migranti soccorsi dalla Marina al largo delle coste libiche il generale Claudio Graziano, presidente del Comitato militare europeo e già capo di Stato Maggiore della Difesa. Non gli interessa l’ennesima querelle di governo fra Elisabetta Trenta e Matteo Salvini, conclusa dall’intervento del premier Giuseppe Conte con l’apertura del porto di Augusta. Da palazzo Wedekind, dove è stato ospite d’onore del convegno “La Difesa europea verso la Ced 2.0” organizzato dalla Fondazione De Gasperi e dalla Fondazione Adenauer con il patrocinio della Nato e di due campioni italiani della Difesa come Leonardo e di Elettronica, il generalissimo europeo però mette i puntini sulle i spiegando perché non bisogna snobbare la missione EunavForMed (la cosiddetta Missione Sophia che la Lega da un pezzo chiede di mettere in sordina). “É una missione fondamentale per distruggere il sistema criminale degli scafisti e supportare la guardia costiera libica — dice a margine ai microfoni di Formiche.net — a guidarla c’è un italiano, l’ammiraglio Enrico Credendino, la crisi libica non modifica gli obiettivi della missione che auspichiamo possa invece presto entrare nella fase finale di contrasto ai traffici aumentando la cooperazione con la guardia costiera libica”.

É questo uno dei frutti più maturi della cooperazione fra Stati Ue in materia di Difesa e sicurezza, spiega il generale durante il convegno. Eppure la schiera degli scettici aumenta di anno in anno. Una Difesa comune europea non dissimile da quella Ced (Comunitá europea di Difesa) che Alcide De Gasperi vide sfumare poco prima di morire è solo più una chimera? Questa la domanda cui ha voluto rispondere il seminario a piazza Colonna, che ha visto in prima fila volti illustri dal mondo militare, dall’ammiraglio Giampaolo Di Paola al generale Rolando Mosca Moschini, consigliere fidato di Sergio Mattarella. Ad aprire i lavori il presidente della Fondazione De Gasperi Angelino Alfano con le parole dello statista trentino: “Meglio morire che veder fallire la Ced”. “Atlantismo ed europeismo — ha detto Alfano — sono due cardini della visione europea”.

Nato e Difesa comune europea richiedono fondi, risorse umane, diplomatiche non indifferenti. Possono convivere? Il presidente Usa Trump, assieme a molti dei suoi generali, non ha certo nascosto i suoi dubbi da quando è approdato alla Casa Bianca. “Non è esiste un gioco a somma zero ma solo una cooperazione win win — è invece la versione di Graziano — l’Ue e la Nato stanno vivendo una fase di rinnovato attivismo e sono complementari”. Certo, qualche falla questa Difesa europea a lungo auspicata ce l’ha già in partenza. “La somma del budget degli Stati membri Ue destinata alla Difesa è pari a 4 volte quella della Russia, eppure dobbiamo fare i conti con la frammentazione del mercato europeo, la duplicazione delle capacità militari e la mancanza di interoperabilità”.

Gli fa eco l’ex capo di Stato maggiore della Difesa e vicepresidente dello Iai Vincenzo Camporini che mette a nudo le vulnerabilità della Pesco. “Una cooperazione strutturata permanente che i firmatari del Trattato di Lisbona immaginavano a 4, ora invece è aperta a 25 Stati membri che peraltro votano all’unanimità”. Non sempre l’unione fa la forza, chiosa il generale. Il risultato è che “siamo diventati uno stipendificio, facciamo cose mirabili ma il rendimento della nostra spesa militare è bassissimo”. Così la Difesa europea, per il momento, rimane indissolubilmente legata agli Stati Uniti. Dice Camporini: “abbiamo implorato l’intervento Usa nei Balcani occidentali, nella campagna libica del 2011 dopo 12 giorni avevamo finito le munizioni, in Siria quando si decise lo strike contro Assad il Regno Unito inviò solo 4 tornado, la Francia 6 Rafale”.

Insomma, gli esperti concordano all’unisono: parlare di Difesa comune europea non è certo inutile, ma sicuramente è prematuro. È ancora la Nato, che ha appena celebrato i suoi primi 70 anni, a vigilare sulla sicurezza del Vecchio Continente. “Giusto lavorare a una più forte Difesa europea — dice Carmen Romero, vicesegretario generale della divisione Public Diplomacy della Nato — purché la direzione sia quella della complementarietà e non della competizione”. Un auspicio che ha fatto suo anche Andrea Manciulli, presidente Fondazione Fincantieri: “dobbiamo lavorare a uno scenario in cui la Nato si integra con la Difesa europea e tutte e due ci spingono a investire di più nella sicurezza”.

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