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Le colpe di Angela Merkel verso l’Europa

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Sono le quattro del pomeriggio del 22 novembre 2005 e Angela Merkel presta giuramento per diventare Cancelliere, la prima donna nella storia tedesca ad arrivare al ruolo che pochi anni prima era stato del suo maestro e mentore Helmut Kohl (alla guida del governo per ben 16 anni, dal 1982 al 1998).

Giusto il tempo di terminare la cerimonia e Merkel corre all’aeroporto, perché la sera stessa è attesa all’Eliseo per un incontro a quattr’occhi con il Presidente della Repubblica di Francia Jacques Chirac.

In quel gesto c’è tutto (siamo già nell’Europa dell’euro, entrato in vigore da tre anni) dell’equilibrio politico che ha retto le sorti dell’Unione Europea in questi decenni, un equilibrio capace di poderose influenze dentro e fuori il continente, come sa molto anche Silvio Berlusconi, abbandonato a se stesso (ed ai suoi errori clamorosi) in quel drammatico anno che è il 2011 (si riveda il video con i sorrisini di scherno di Merkel e Sarkozy nel corso di una conferenza stampa a Parigi del 23 ottobre).

Berlino e Parigi, Parigi e Berlino.

Quello l’asse che ha governato l’Europa in questi decenni, quello l’asse che ha scelto la moneta unica come elemento portante di una integrazione capace di abbracciare anche molti Paesi dell’ex area di influenza sovietica, quello l’asse che ha ispirato la linea del rigore di bilancio anche dopo la crisi finanziaria del 2008/2010, pur mitigata dalla saggia condotta (spesso messa in discussione tanto a Berlino quanto a Parigi) del presidente della Bce Mario Draghi.

Le elezioni europee di oggi però segnano probabilmente la conclusione di quella parabola politica e aprono una fase nuova (certamente densa di incognite).

In primo luogo perché la Francia fatica a tenere il passo con il ruolo da sempre interpretato, nonostante l’innegabile abilità del giovane presidente Macron (e infatti assai probabile il successo del Rassemblement National di Marine Le Pen nelle urne).

Ma soprattutto perché Angela Merkel è alla fine del suo lungo periodo al Bundeskanzleramtsgebäude (Palazzo della Cancelleria), al punto che molti in Germania la indicano pronta ad assumere persino un nuovo incarico a Bruxelles.

Ecco allora rendersi necessario un bilancio, che però immediatamente diventa analisi politica rivolta l futuro. Merkel è figura gigantesca, a pieno titolo tra i grandi del nostro tempo su scala planetaria.

Ha guidato con polso fermo il suo Paese, trovandolo protagonista e lasciandolo (quando esattamente non sappiamo) ancor di più al centro della scena. L’economia tedesca è forte, la società giusta e (accettabilmente) coesa, le prospettive tutt’altro che negative. Però parte di questo successo è avvenuto facendo pagare prezzi agli alleati e partner europei (che hanno le loro colpe), questo va detto con nettezza.

Oggi l’Ue è un nano politico anche perché Berlino e Parigi hanno continuato ad agire in assoluta autonomia (si pensi al rapporto con la Cina, tanto per fare un esempio), oggi alcune nazioni sono diventate a tutti gli effetti satelliti privi di ogni forma reale di autogoverno (la Grecia, ma non solo), oggi non c’è una strategia comune su moltissimi dossier di enorme rilevanza (dalle forze armate all’intelligence, dall’immigrazione alla politica industriale).

Tutto ciò è figlio di una idea di Europa sostanzialmente ad uso e consumo tedesco, centrata sul convincimento che la concessione attuata all’inizio del secolo di estendere la forza del marco alle altre nazioni (attraverso l’euro) avrebbe dovuto comprendere il riconoscimento assoluto del ruolo di guida al Cancelliere, unico elemento di sintesi del continente.

Su questo altare si è lasciata andare via la Gran Bretagna (fatto politico di portata devastante innanzitutto per l’Unione Europea, di cui però nessuno vuole discutere facendo un minimo di autocritica), si è imposto a tutti (Fiscal Compact) uno strumento di gestione della finanza pubblica che, di fatto, impedisce ai governi anche solo di pensare una politica economica in dissenso con Berlino (salvo limitarsi a spendere pochi miliardi di euro), si è persino giunti a sostenere la risposta illiberale, antidemocratica e (francamente) indecente messa in campo dal governo spagnolo del premier Rajoy di fronte alle istanze d’indipendenza della Catalogna, i cui leader sono tutt’ora in carcere.

Merkel arriva alle elezioni europee del 2019 come un monarca (quasi) assoluto, pur se verso la fine del suo percorso.

Ma è anche causa diretta della disgregazione politica del continente, che nelle prossime ore prenderà forma attraverso i più frastagliati risultati di sempre, con l’avanzata (a macchia di leopardo) di forze sovraniste e di aperta contestazione al sistema.

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