Giovanni Tria ha un motivo per festeggiare. Carige è salva e senza (per ora) un soldo messo dallo Stato. Questa mattina le banche aderenti allo Schema volontario del Fondo interbancario hanno dato il loro ok al piano per il salvataggio della banca genovese che adesso si prepara ad avere nuovi padroni. Da una parte gli istituti italiani, dall’altra il pool di fondi esteri capitanato da BlackRock (qui l’articolo della scorsa settimana con tutti i dettagli del piano). Un piano su due gambe che incarna quella soluzione di mercato per cui si è battuto più volte il ministro dell’Economia che ha sempre respinto l’ipotesi di un intervento dello Stato, sulla falsariga di quanto avvenuto con Mps, temendo a buon vedere rilievi da parte dell’Ue.
LE BANCHE DENTRO CARIGE
Il primo step del salvataggio è dunque fatto. Il consiglio di gestione del Fondo interbancario guidato da Salvatore Maccarone ha approvato infatti l’intervento delle banche aderenti che ricalca lo schema concordato con Blackrock, che poggia su un’iniezione di capitale da 720 milioni. A differenza degli americani però, le banche si vedranno convertire in azioni Carige il bond da 320 milioni sottoscritto lo scorso novembre per consentire la sopravvivenza della stessa banca partecipata dalla famiglia Malacalza. Il piano prevede che alle banche vada il 43% del capitale, mentre il restante sarà suddiviso tra BlackRock, Malacalza e Borsa. “Il nostro intervento”, ha spiegato Maccarone, “si inserisce in un’operazione che ha BlackRock come soggetto imprenditore che interviene. Si articola attraverso un aumento di capitale il cui ammontare non è ancora definito, ma oscillerà attorno ai 720 milioni”.
UN PIANO IN TRE MOSSE
La tabella di marcia, che a questo punto procede serrata (la deadline per le offerte è fissata dalla Bce al 17 maggio), vede tre tappe corrispondenti ad altrettante operazioni di aumento tra loro connesse in un unico contesto: la prima parte a servizio della conversione integrale del bond sottoscritto dal Fondo interbancario, per un ammontare di 313 milioni, la seconda riservata a Blackrock che dovrà decidere l’entità della quota di aumento e la terza riservata ai soci della banca, con l’impegno che tutto l’inoptato sarà sottoscritto dal gruppo Blackrock e quindi c’è la garanzia di copertura dell’intero capitale. In questo modo il capitale Carige poggerà su due solide basi, banche+BlackRock, per poi essere sostenuto da altri soci privati e dalla Borsa. Quanto alla tempistica, la decisione del Fondo ora dovrà essere vagliata dall’assemblea dei soci dello Schema volontario, ovvero la quasi totalità del comparto bancario. Il passaggio non è scontato, visto che le delibere richiedono una maggioranza qualificata del 90% dei depositi protetti dal Fondo e del 50% del numero di banche aderenti.
L’ENDORSEMENT (A BLACKROCK) DI TRIA E IL NODO SINDACATI
Proprio BlackRock, seconda gamba del piano Carige e che entrerà nella banca con un apposito veicolo, aveva ricevuto la scorsa settimana la benedizione dello stesso Tria, che aveva accolto con grande favore l’ingresso degli americani. “L’interesse manifestato da un investitore istituzionale di standing internazionale come Blackrock, tra l’altro già presente nel capitale di altre banche italiane e supportato da un adeguato piano industriale è un buon segnale in questa direzione e una garanzia per il rilancio della banca”, aveva detto. Ma c’è ancora uno scoglio da superare: i sindacati. Per i quali ben venga il salvataggio della banca, ma non a un prezzo troppo elevato. Per intendersi i lavoratori Carige riuniti nei vari sindacati del credito non sono disposti ad accettare i mille esuberi che BlackRock ha posto come condizione per il suo intervento. E nessuna operazione industriale di questo calibro può reggere senza un accordo sindacale di base. La trattativa, soprattutto con gli americani, si preannuncia in salita.