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Togliatti spiega perché abbiamo ancora bisogno dei cattolici in politica

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Di fronte al deserto politico nel quale siamo immersi, il riferimento è a tutti gli attuali pseudo-partiti, è necessario puntualizzare un aspetto importante che attiene all’impegno dei cattolici in politica. Una vulgata avanza in modo sgangherato, in vista delle elezioni europee e comunali, che si manifesta con giudizi approssimativi e rozzi sulla eventualità di avere un partito che si ispira ai valori e al programma del “popolarismo”. Nonostante l’attuale quadro politico sia precario, e rimarrà tale anche dopo la tornata europea, c’è chi ritiene che non è più utile un partito di ispirazione cristiana e che non ha più senso un partito di centro, ma ci vuole solo un grande partito liberal-democratico e altre amenità simili.

I PRIMI PASSI DEI CATTOLICI IN POLITICA

È opportuno ripetere che in Europa e in Italia la buona politica inizia a farsi conoscere grazie a Leone III e a Carlo Magno da quel famoso Natale dell’anno 800 d.c. in poi e si legittima dopo la Rivoluzione francese del 1789 con Federico Ozanam e con padre Gioacchino Ventura. Essi per primi intuirono che i cattolici dovevano cominciare a riflettere sulla necessità di seguire le buone idee della democrazia, dopo l’abbattimento dell’Ancien regime. È superfluo soffermarsi, perché è storia è nota, sulla vicenda politica dei cattolici nel XIX secolo, per rinverdire la loro gloriosa esperienza di impegno, di sacrificio, di sofferenza.

LA LEZIONE DI TOGLIATTI

Nel tempo del post-Fascismo e alla fine della Seconda guerra mondiale le idee di democrazia repubblicana iniziavano a pullulare nei circoli culturali e politici del Paese, i protagonisti più vivaci erano i comunisti di Togliatti e i democristiani di De Gasperi, che si adoperavano per superare la difficile fase della ricostruzione. Palmiro Togliatti, segretario del Pci, era ancora a Mosca in esilio, dove si faceva chiamare Ercoli. In una serata fredda prenatalizia si intrattiene a discutere con la sua segretaria Nina Bocenina, che nelle sue memorie scrive, riferendosi a Togliatti: “Si è dilungato a spiegarmi le caratteristiche particolari della fede e l’organizzazione della Chiesa cattolica. Mi sono sentita smarrita nell’affrontare questi problemi, di cui so così poco. Ho domandato ad Ercoli quando finalmente sarebbero finite queste sciocchezze, e subito dopo mi sono pentita di averlo detto. Infatti il mio capo si è arrabbiato. ‘Non sono sciocchezze, cara compagna Nina! Il cattolicesimo in Italia non è semplicemente la Chiesa. È un modo di pensare, è un complesso intreccio tra la storia e la politica, tra la cultura e la filosofia. Chi non è capace di discutere alla pari con gli attivisti cattolici può essere paragonato ad un agente dei servizi segreti che va nelle retrovie del nemico senza conoscere la sua lingua e il suo regolamento’”.

L’AUSPICIO DI UN NUOVO PARTITO CHE RISCOPRA IL “POPOLARISMO”

Ecco, questa è una grande lezione che proviene da un avversario dei cattolici, protagonista della storia d’Italia, che dimostra come non sia inutile, per migliorare la politica italiana, un partito che riscopra le idee, i valori, i programmi del “popolarismo”.

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