La storia della cultura occidentale è stata caratterizzata in modo pregnante dall’identità cristiana. La sua affermazione e diffusione è stata di tipo culturale e religioso. Il secondo aspetto si è collegato direttamente alla fede personale dei cristiani, alla loro appartenenza alla Chiesa con il battesimo; il primo invece certifica l’influenza culturale ed intellettuale che la verità professata e creduta dai cristiani ha avuto, permeando e trasformando la filosofia, la politica, l’arte, la letteratura precedenti.
IL BARICENTRO DELLA CRISTIANITÀ NELLA STORIA
Nel corso del Medioevo, la Chiesa Cattolica è divenuta il baricentro romano della cristianità, il principio unificatore della civiltà occidentale e il centro di gravità dell’ordine sociale ed esistenziale europeo. La Chiesa cattolica è stata ed è la Chiesa dell’ordine: intendendo con questa espressione non soltanto il fatto materiale di aver contraddistinto con la propria organizzazione umana e divina l’essenza della civiltà, ma anche il fatto decisivo di aver regolato, contro le eresie, la fede cristiana in modo autorevole, integrale e razionale. Il fascino della cristianità cattolica sta proprio nella sua capacità di unire fede e ragione, offrendo al costume umano un fondamento soprannaturale, soppesando la spiritualità del rapporto tra il creato e Dio con il massimo rispetto e la massima valorizzazione realista della natura stessa dell’uomo, ente intelligente e libero.
È stato proprio questo fecondo rapporto tra realismo e teismo, come lo definiva Agostino Gemelli, o l’equilibrata equazione tra ordine naturale e soprannaturale, come lo chiosava Francesco Olgiati, a far coincidere la teologia e la filosofia cristiana con la cattolicità del sistema Scolastico medievale, nel quale, per l’appunto, religione e politica, contemplazione e prassi, eternità e temporalità trovano la loro giusta, motivata e perfetta calibrazione. Leone XIII ha elevato così alla fine dell’800 il Tomismo, vale a dire il sistema di pensiero di san Tommaso d’Aquino, a dottrina prediletta e perfetta della Chiesa, proponendo il medievalismo come l’offerta più moderna e migliore della cattolicità. Gli adattamenti proficui del Concilio Vaticano II, nei primi anni Sessanta dello scorso secolo, hanno traghettato questa cultura religiosa alta e permanente alle nuove esigenze della nostra contemporaneità. È proprio in virtù della sua lunga tradizione che è molto rilevante oggi non soltanto non perdere le radici cattoliche continentali, ma evitare accuratamente di trasformare il Cristianesimo in una visione solidaristica e pragmatista che poco o nulla ha a che vedere con la verità.
Benedetto XVI, nell’Enciclica Deus caritas est, ha spiegato che le virtù soprannaturali (fede, speranza e carità) sono un compimento delle virtù naturali (prudenza, giustizia, fortezza e temperanza), e che in modo speciale la carità deve essere sempre la piena e trascendente attuazione della giustizia, non la sua indebita abrogazione. Tale gioco felice tra immanenza e trascendenza è il cuore pulsante del Cristianesimo, che è resta così dai tempi di sant’Ambrogio, nel quale l’istanza creaturale dell’uomo, conservata da Dio, si scopre legata alla chiamata universale alla santità, di cui il battesimo è sigillo sacramentale, una vocazione possibile per ogni singola persona, nelle proprie circostanze concrete, da intendersi come apertura ad una felicità eterna che sorpassa le aspirazioni esclusivamente contingenti del divenire. Anche Francesco continua a ribadire con forza, si pensi alla catechesi e alle Esortazioni Apostoliche, questi presupposti filosofici e teologici imperituri, senza i quali si esce dal Cattolicesimo e dalla compiuta cristianità.
IL RUOLO DELLA POLITICA CATTOLICA MODERNA
Perciò è indispensabile evitare, anche per comprendere bene il significato odierno della fede cristiana, di stravolgere le parole del Papa, magari trasformando le precise indicazioni comunicate dal Pontefice in interpretazioni e comportamenti che non hanno ragion d’essere per un cattolico. Il riferimento esclusivo non va a chi decide, come alto prelato, di compiere un atto di solidarismo discutibile e illegale, e nemmeno a coloro che sostengono, magari in buona fede, il profondersi di un relativismo umanitarista come metro unico e assoluto della convivenza civile. Mi riferisco piuttosto a tutti coloro che possono pensare che essere cristiani significhi praticare la soppressione pratica della propria identità, professando l’accoglienza indiscriminata, facendosi promotori arbitrari di una globalizzazione multiculturale confusionista. È bene precisare che queste scelte concrete valgono per un cattolico tanto quanto le opposte. Ogni laico è libero di portare come vuole, come proprie opzioni politiche, le indicazioni ricevute dal Magistero, applicandole secondo coscienza e libertà responsabile, purché esse non siano in contraddizione con la fede e i fondamenti antropologici del Cristianesimo. La storia della politica cattolica moderna dà informazioni chiare sul fatto che i valori ugualitari del 1789 non sono cristiani, anche perché la giustizia implica sempre che si rispettino le diversità, volute da Dio, e si eviti di interpretare la carità come fratellanza e solidarismo secolare, sganciati dall’ordine soprannaturale.
Il desiderio di santificazione di un fedele laico deve sempre misurarsi con la realtà in cui egli si trova a vivere ed operare, tanto che non può esistere un amore per l’umanità che non sia dedizione alle singole persone conosciute, alla propria famiglia, alla propria patria e alla propria comunità nazionale. Si faccia attenzione a tutto questo. Io capisco bene che i valori cattolici non sono coincidenti con quelli dei sovranisti e dei populisti, in ciò che di eccessivo può esserci nel particolarismo identitario chiuso e autoreferenziale del nazionalismo selvaggio. Ma la visione cristiana è e resta il contrario del progressismo di sinistra, proprio perché presuppone l’esistenza di Dio creatore e ordinatore dell’essere, oltre che una netta distinzione tra la realtà temporale, sistemata nella sua finitezza eterogenea, e le aspirazioni alla felicità che sono da riporre personalmente in Cielo e non attuabili perciò in modo assoluto nella storia terrena.
PROGRESSO SÌ, PROGRESSISMO NO
La tradizione cristiana, da Sant’Agostino a san Bonaventura fino a san Giovanni Paolo II e a Francesco, ha sempre insegnato ad accettare il dolore e la croce senza ribellione, a non sognare in modo utopico una perfezione sociale che non può esistere su questa terra, affidando invece alla volontà di Dio il nostro destino personale, evitando di stravolgere l’ordine delle cose umane in nome di un falso progressismo rivoluzionario nel quale si ama tutto per non amare niente altro che se stessi, il proprio protagonismo smodato e la propria illimitata libertà. Il Cristianesimo non può diventare una succursale della sinistra, alterando il ruolo e il compito che le persone umane si aspettano dalla Chiesa e desiderano vedere attualizzate dai credenti nella propria nazione e civiltà. La fede cristiana è trascendente, universale e rivoluzionaria nella sua presentazione dell’eternità come fine ultimo assoluto della vita, ma profondamente conservatrice nella lettura del mondo: creato, ordinato e conservato da Dio, con le sue ricche differenze e identità, esattamente così com’è. Il mondo non è Dio. Il mondo è buono perché creato da Dio e redento da Cristo.
Il Cristianesimo, quindi, non instaura una nuova globalizzazione e una nuova terapia terrena ai mali ineliminabili della finitezza, ma promette il superamento del limite invalicabile della natura solo attraverso la santificazione di Dio nel proprio essere, accettando il mistero del dolore e della morte, accogliendo e rispettando l’ordine stabile differenziato dei popoli e delle civiltà, aprendo il varco dell’infinito e del soprannaturale rimanendo fedele nel poco, senza manipolare il reale e uscire da ciò che esiste. Progresso sì, carità certo, ma progressismo no e illegalità mai. La visione cristiana è buona e severa, esigente e realista, spirituale e materiale: perciò, mai e poi mai compatibile con il materialismo di sinistra e il suo neo-modernismo evoluzionista.