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Tra dazi e obblighi tecnologici, le imprese europee lasciano la Via della Seta

Saranno anche i tempi della Via della Seta, ma le imprese europee si fidano un po’ meno della Cina. Sembra montare, nel tessuto industriale del Vecchio, un certo scoramento verso la capacità del Dragone di adattarsi alle esigenze di chi vuole investirvi ma proveniente da un’altra cultura d’impresa. E così, quest’anno, è salita dal 48 dell’anno scorso al 53% la quota delle imprese europee che si dichiara pessimista sul fare business in Cina. Un dato contenuto nella pubblicazione del Business confidence survey redatto dalla commissione europea (qui il testo).

UN PROBLEMA DI TECNOLOGIA

Che cosa alimenta i dubbi delle imprese europee verso la Cina? Tanto per cominciare c’è un problema di tecnologia. E cioè raddoppiano, rispetto ai livelli del 2017, le imprese con base in Ue attive in Cina che vedono come un problema crescente il trasferimento di tecnologia in cambio dell’accesso al mercato interno, nonostante Pechino neghi l’esistenza di questo problema. Un quinto delle aziende europee (su un campione di quasi 600 aziende) che operano in Cina ha lamentato il problema dei trasferimenti di tecnologia, contro solo il 10% del 2017: di queste, circa i due terzi (il 63%) spiega che i casi sono avvenuti negli ultimi due anni e poco meno di un quarto (il 24%) ha dichiarato che questa pratica era in corso mentre il sondaggio veniva compiuto. Spesso e volentieri, infatti, Pechino chiede alle aziende che vogliono sbarcare nel Dragone, una quota di tecnologia in cambio dell’accesso al mercato.

BUROCRAZIA CINESE

Gli imprenditori europei denunciano inoltre numerosi ostacoli normativi, sottolineando come una delle carenze più significative del programma di riforme in Cina “è che alcune promesse di alto livello per migliorare l’ambiente per le aziende internazionali non si sono tradotte in azioni concrete”. Frustrante in particolare la lentezza con la quale sono stati condotti i colloqui con Pechino dal 2013 in poi per raggiungere un accordo bilaterale sugli investimenti che ridimensionerebbe le barriere del mercato cinese per le imprese europee.

L’OMBRA DEI DAZI

Se si parla di Cina e di imprese ovviamente non si può non parlare della guerra commerciale in atto con gli Stati Uniti. I dazi hanno il loro peso. Appena il 6% delle aziende ha deciso di lasciare la Cina spostando la produzione altrove, perché la maggior parte delle aziende produce solo per il mercato interno. Ma soprattutto il vicepremier cinese Wang Yang ha appena rivelato che la guerra dei dazi Usa-Cina potrebbe costare un punto di Pil alla Cina e, infatti, le aziende europee puntano il dito contro il metodo utilizzato dagli Usa per risolvere le sfide imposte dalla Cina che non sta contribuendo a migliorare le cose: oltre un terzo degli intervistati ha dichiarato di essere stato influenzato negativamente dalle tariffe imposte nella guerra commerciale. Un’escalation di tensioni che penalizzerebbe il sentiment delle imprese, portando a un inasprimento degli investimenti.

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