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Così la dimensione cyber sta cambiando il diritto

Dalle tensioni internazionali sul 5G made in Cina fino agli attacchi informatici in continua crescita, sono tante le sfide che mettono alla prova il mondo del Diritto alle prese con la definizione di una nuova normativa per il quinto dominio.

Questi temi sono stati approfonditi a Roma durante la presentazione di Cybercrime (Utet), trattato giuridico di Alberto Cadoppi, Stefano Canestrari, Adelmo Manna e Michele Papa che tocca alcune delle principali questioni del diritto penale e processuale legate alle tecnologie informatiche.

VULNERABILITÀ E 5G

Il dibattito moderato da Stefano Dambruoso, già questore della Camera dei Deputati e magistrato presso la Procura della Repubblica di Bologna, è stato introdotto dalla deputata Federica Zanella (Forza Italia), in precedenza presidente del Corecom Lombardia. Esperta di contrasto al cyber bullismo e web reputation, la parlamentare ha sottolineato come i dati siano oggi considerati “il nuovo strumento per affermare la sovranità”. Nello specifico, ha parlato dell’ancora fresco caso Vodafone, la multinazionale britannica che – ha riportato Bloomberg – avrebbe localizzato in vecchie apparecchiature fornite da Huawei delle vulnerabilità, anche in Italia.

Zanella lo ha descritto come un avvenimento di grande rilevanza per quanto concerne il tema della necessaria tutela delle infrastrutture nazionali, all’interno delle quali un solo punto di debolezza potrebbe pregiudicare un intero sistema. “Questo è ancora più vero quando si discute di 5G”, ha affermato la deputata, “una tecnologia che presenta tante opportunità, ma anche vulnerabilità”. Per questo motivo, ha spiegato, “le infrastrutture delle telecomunicazioni necessitano di un attento processo valutativo, sia da parte dei decisori sia degli operatori”.

LA SOTTILE LINEA TRA CRIMINALI E STATE SPONSOR

Giulio Terzi di Sant’Agata, già ambasciatore e ministro degli Esteri, ha invece sottolineato l’importanza di “studiare le nuove forme di collegamento tra criminalità informatica e interessi di quelle nazioni – in primo luogo Cina e Russia – che mirano a sovvertire la stabilità delle nazioni occidentali”. Citata, a tal proposito, la convenzione di Strasburgo, la quale rappresenta, a detta di Terzi “una pietra miliare del processo di collaborazione e convergenza di numerosi Stati verso una lotta comune”. È fondamentale, dunque, secondo Terzi, impegnarsi per elaborare “quadro giuridico che si occupi sia di crimini informatici indirizzati contro sistemi informatici, sia contro sistemi fisici, persone e strutture”.

Il diritto internazionale ha progressivamente iniziato ad occuparsi del dominio cyber, interrogandosi su come potesse essere applicato in un contesto che va oltre la dimensione spaziale di una nazione. Oltre a sottolineare questo aspetto, Terzi ha proseguito rimarcando come “il 79% dei responsabili di attacchi cyber sono attualmente i criminali, ma le azioni di interferenza – mosse dalla volontà di sovvertire l’ordine democratico – rispondono a precisi interessi di alcune nazioni in particolare”. Le ragioni dei criminali, ha aggiunto, si “sovrappongono alle strategie dei mandanti”.

LO SCENARIO INTERNAZIONALE

Karoli Dan, ambasciatore presso la Missione Permanente di Ungheria all’Osce, ha elencato – sviscerandone modalità e scopi – molte missioni diplomatiche in sede internazionale. Il gruppo di lavoro da lui diretto presso l’Osce, ad esempio, “inizia i lavori quest’anno e si occupa di come applicare il diritto internazionale al cyber spazio, compresa la delicata materia dell’attribuzione”. Nonostante la mancanza di elementi che rendano possibile a livello internazionale creare delle norme condivise per la gestione della criminalità informatica, l’impegno nella cooperazione tra Stati – in particolare in sede Osce grazie alla presenza di ben 57 membri – sta lentamente rafforzando i rapporti di fiducia tra le realtà nazionali”.

Importante, a tal proposito, è la cooperazione che si sta rafforzando nel campo della protezione delle infrastrutture critiche, uno sforzo che richiede tuttavia l’armonizzazione ella terminologia giuridica a coordinamento dell’impegno internazionale. Guido Di Donato, responsabile della divisione tutela aziendale di Poste Italiane ha seguito l’intervento dell’ambasciatore Dan, rimarcando quanto le norme principali che toccano tematiche cyber, tra cui la direttiva Nis, richiedano una sempre maggiore cooperazione tra istituzioni e aziende.

LA PROSPETTIVA DEGLI AUTORI

Presenti anche due degli autori, Michele Papa, ordinario di Diritto Penale presso l’Università degli Studi di Firenze e Adelmo Manna ordinario di Diritto Penale presso l’Università di Foggia. I due accademici hanno illustrato alcuni aspetti del rapporto tra magistratura e analisi forense quando si tratta di cyber spazio. “Il giurista”, afferma Papa, “deve saper prendere le distanze dal sapere tecnico, avventurandosi in un campo totalmente diverso dal proprio, nonché evitare tendenze a strane prognosi visionarie”. A tal proposito, spiega l’esperto, si è ritenuto importante nella stesura del saggio giuridico in questione, approfondire alcuni settori “non di immediata percezione per un giurista”, come “l’erosione del legame tra norma e struttura fisica sul quale è stata storicamente scritta, la digitalizzazione delle norme e quindi anche del processo di produzione delle stesse” ma anche tematiche sensibili come quella dell’intelligenza artificiale, la quale potrebbe potenzialmente presentare una serie di conseguenze per la figura del soggetto giuridico.

L’IA porrà infatti una serie di problemi, ad esempio “la definizione del concetto di identità della persona” nonché la prefigurazione di una possibile “responsabilità legale della macchina”. Intervenuta a discutere dei contenuti del testo anche Ludovica Rossi Purini, advisor del Center for Italian Studies della Stony Brook University, la quale sfogliando il libro ha spiegato come esso rappresenti il tentativo di analizzare come diritto penale processuale possa prevenire i conflitti – anche informatici – e porre in relazione sistemica i nuovi diritti e i doveri imposti dal’universo informatico, in particolare in relazione all’assenza di confini e spazi fisici. Manna ha concluso poi i lavori analizzando una serie di casi giudiziari che hanno riguardato i provider. Questi ultimi, in particolare, ha detto, “dovrebbero impedire gli effetti della pubblicazione di materiale nei casi in cui si tratti di materiale non legale, senza però diventare i censori della Rete”.


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