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Maria Tripodi, la deputata che ha diviso Lega e M5S sulle garanzie sindacali dei militari

sindacati

“Nessun affievolimento sul piano della tutela” per le garanzie sindacali delle Forze armate italiane. Ad assicurarlo è Maria Tripodi, componente della Commissione Difesa della Camera e prima firmataria dell’emendamento sulla legge per la libertà sindacale nelle Forze armate, che è passato grazie ai voti di Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia e Partito Democratico. Un voto che di fatto ha mandato sotto la maggioranza e che vede di nuovo protagoniste le Forze Armate italiane al centro delle frizioni tra Matteo Salvini (Lega) ed Elisabetta Trenta (M5s). Si tratta, ha spiegato la deputata FI di un “ottimo segnale di condivisione politica sul punto cardine del provvedimento recante le norme sull’esercizio della libertà sindacale del personale militare”. Al contrario degli esponenti pentastellati che avevano parlato di una diminuzione delle garanzie sindacali, la Tripodi ha risposto di non accettare “strumentali polemiche a fini di propaganda elettorale”.

IL VOTO IN COMMISSIONE DIFESA CAMERA

La solidità dell’alleanza giallo-verde scricchiola sotto il peso del voto in commissione Difesa. L’inaspettato dietrofront della Lega ha colto di sorpresa molti degli esponenti del M5s. Durante l’esame della legge sulla libertà sindacale nelle Forze armate, i parlamentari del Movimento si sono ritrovati isolati, mentre la Lega, insieme a Forza Italia, Fratelli d’Italia e Partito Democratico, votava contro un emendamento proposto dalla relatrice Emanuela Corda e dal deputato Giovanni Luca Aresta. In particolare, i pentastellati proponevano di emendare la legge sulla rappresentanza sindacale dei militari che puntava a confermare la giurisdizione del giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro. Al contrario, è passato un subemendamento a firma di Maria Tripodi, capogruppo azzurro in Commissione Difesa a Montecitorio, con il supporto di tutti i membri della commissione ad eccezione di quelli del Movimento. Un duro colpo dalla commissione Difesa che rischia di diventare un precedente in grado di indebolire la maggioranza.

TENSIONI TRENTA-SALVINI

Quanto accaduto in Commissione, sembrerebbe essere solo l’ultimo di una serie di contrasti che hanno caratterizzato il rapporto tra i due partiti della maggioranza, un rapporto in parte compromesso dalle recenti frizioni tra Elisabetta Trenta e Matteo Salvini. I due ministri si sono trovati spesso in disaccordo su numerose questioni di ordine pubblico e, in particolare, sul ruolo delle Forze armate. Gli episodi sono diversi e hanno avuto inizio a seguito delle celebrazioni del 25 aprile a Viterbo, dopo che l’abbandono della cerimonia da parte del generale Riccò aveva causato l’apertura di un’inchiesta interna. In quell’occasione, le provocazioni tra i titolari dei due dicasteri erano proseguite sui social media. Successivamente, in seguito a una notizia infondata di un intervento della Marina di soccorso di alcuni pescherecci italiani nelle acque libiche, il ministro della Difesa aveva scritto un tweet di complimenti, eliminato poche ore più tardi, scatenando ulteriori provocazioni e polemiche dal Viminale. Anche le operazioni che la Nave Cigala Fulgosi ha svolto nelle acque libiche sono state accompagnate da pesanti tensioni. Infatti, il salvataggio di 36 migranti ad opera della Marina italiana aveva accresciuto i dissensi tra il ministro degli Interni e il ministro della Difesa. Nemmeno la sfilata militare che si è tenuta a Milano è riuscita a rimanere fuori dalle polemiche, con il ministro Trenta che ha punzecchiato il collega leghista per aver indossato il berretto degli Alpini.

IL SINDACATO MILITARE E LA SPINTA DELLA DIFESA 

A inizio gennaio, il ministro Trenta ha riconosciuto il primo sindacato militare, promettendo “molto presto” un provvedimento normativo. Già a ottobre, la titolare di palazzo Baracchini aveva emanato la circolare per la costituzione di associazioni sindacali militari, facendo esplicito riferimento alla sentenza del precedente aprile con cui la Corte Costituzionale aveva giudicato incostituzionale il divieto per le Forze armate (previsto dall’articolo 1475 – comma 2 – del Codice di ordinamento militare) di costituire associazioni professionali a carattere sindacale. “Sindacati interni”, aveva specificato la Trenta, proprio perché la stessa Corte aveva mantenuto il divieto per i militari di “aderire ad altre associazioni sindacali”. A causa delle recenti difficoltà, le sigle di alcune associazioni sindacali militari (Sindacato nazionale finanzieri, il Sindacato italiano militari della Marina, quello della Guardia costiera e quello dell’Aeronautica) hanno deciso di mandare una lettera al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. In questa lettera i sindacati militari affermano che stanno constatando come “il processo attuativo della sentenza 120/2018 della Corte Costituzionale e le procedure di normazione della relativa disciplina, propedeutiche a delineare, in modo organico, la materia della costituzione e dell’operatività delle associazioni sindacali tra militari, non viene minimamente agevolato dai vertici dei dicasteri competenti, dalle Amministrazioni e persino dalla Commissione Difesa”.

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