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L’ultimo maxi progetto di Elon Musk: Internet veloce dallo spazio

Elon Musk

Elon Musk ci crede: connettere le aree più remote della Terra attraverso una fitta ed enorme rete di micro satelliti. È questa l’ambiziosa iniziativa firmata dal visionario miliardario e fondatore di SpaceX. Il programma, denominato Starlink, prevede la creazione di una “costellazione” di 12.000 satelliti per assicurare l’accesso alla rete a livello planetario, favorendo una diffusione della connessione a banda larga senza precedenti. Se attualmente alcune aree del globo sono difficilmente raggiungibili da cavi sottomarini o da antenne terrestri, e dunque impossibilitate dal ricevere servizi di rete, Starlink dovrebbe essere in grado di ovviare al problema, assicurando una connessione stabile e affidabile attraverso lo spazio. Per quanto un progetto di tale portata sia indubbiamente di difficile realizzazione, il colosso SpaceX ha già mosso i primi passi in questa direzione. Dopo aver testato due prototipi lo scorso anno, alle 10.30 di sera di giovedì scorso, il vettore Falcon 9 è partito dalla base di Cape Canaveral per dispiegare i primi 60 satelliti nell’orbita terrestre.

LA COSTELLAZIONE DI MUSK

Anche se l’idea di creare una rete satellitare globale è da tempo presente nella mente del patron di Tesla e SpaceX, il primo lancio di due prototipi risale al febbraio del 2018, momento in cui Microsat-2a e Microsat-2b sono stati lanciati nello spazio. La svolta decisiva per il futuro del progetto c’è stata nel novembre dello stesso anno, quando Musk è riuscito a ottenere l’approvazione da parte del governo degli Stati Uniti a poter dispiegare 7.518 satelliti a un’altitudine compresa tra 335 e 346 Km, ovvero molto al di sotto della Stazione spaziale internazionale (Iss), l’avamposto extra-atmosferico dove tra qualche settimana tornerà anche il nostro Luca Parmitano. In un primo momento, l’imprenditore aveva ricevuto l’autorizzazione a operare solo a un’altitudine di 1.100-1.325 Km, riscontrando alcune difficoltà nella trasmissione del segnale a causa della grande distanza. Tuttavia, in seguito all’autorizzazione della Federal Communications Commission e ad alcuni test, è stato possibile inviare i primi satelliti verso lo spazio. Inoltre, considerato che ogni tassello di questa rete pesa circa 227 Kg, il lancio dei primi 60 satelliti è già di per se una vittoria per Musk, in quanto rappresenta il carico più pesante mai inviato nello spazio da SpaceX, ovvero 18,5 tonnellate.

IL FUTURO DI STARLINK

Nonostante la soddisfazione per questo primo lancio, il ceo di Spacex ha voluto sottolineare come Starlink inizierà a fornire un servizio parziale solo quando avrà raggiunto le 400 unità nell’orbita terrestre. Invece, per raggiungere “significative capacità operative”, la rete costellazione necessiterà di circa 800 satelliti, mentre ne serviranno ben mille per poter essere “economicamente praticabile”. Per questa ragione, al fine di testare la nuova tecnologia, Musk ha in programma di compiere da tre a sette lanci entro l’anno. L’amministratore delegato ha sottolineato che, sebbene SpaceX abbia messo in atto misure significative per assicurarsi che i satelliti Starlink funzionino, il rischio di imprevisti e complicazioni è molto alto “È possibile che alcuni di questi satelliti non funzionino – ha detto Musk – e c’è anche una piccola possibilità che tutti i satelliti non funzionino”, per poi sottolineare “abbiamo fatto tutto il possibile per massimizzare le probabilità di successo”.

RISCHI E CRITICHE

Come tutte le iniziative spaziali del co-fondatore di Tesla, anche Starlink ha suscitato reazioni contrastanti da parte di esperti e addetti ai lavori. Se da una parte c’è chi brinda in onore di un grande passo per il genere umano, dall’altra alcuni hanno sottolineato come le implicazioni negative potrebbero offuscare i potenziali benefici. Molti esponenti della comunità scientifica hanno sottolineato i rischi derivante dal dispiegamento di 12.000 oggetti nell’orbita terrestre, ritenendo il rischio della “Sindrome di Kessler” estremamente alto. Questo “male”, teorizzato per la prima volta dallo scienziato della Nasa Donald Kessler nel 1978, ipotizza lo scenario in cui l’eccessiva presenza di oggetti nell’orbita potrebbe causare potenziali collisioni, generando nuovi detriti che a loro volta potrebbero scatenare un effetto a catena. Parallelamente, altri hanno sottolineato come la massiccia presenza di satelliti potrebbe limitare l’osservazione dello spazio, compromettendo considerevolmente le ricerche future.

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