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Questa Europa non piace. È ora di capirlo

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A una manciata di giorni dall’appuntamento elettorale del 26 maggio viene da chiedersi che fine abbia fatto l’Europa. Tra accuse reciproche di fascismo e richieste di dimissioni incrociate, discutere della reale posta in gioco di questa campagna elettorale è diventato un passatempo capace di appassionare soltanto una ristretta cerchia di “eurocrati” e commentatore politici. Eppure, come fotografato da una rilevazione Swg, si tratta di un’ennesima occasione persa.

Esiste infatti nei principali paesi europei un forte desiderio di “sprovincializzare” il dibattito pubblico. A partire dall’Italia dove il 58% dei cittadini lamenta un’insufficiente attenzione dei media nei confronti della sfida europea.

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Sembrano essere servite a poco le numerose e altisonanti campagne mediatiche che, da Maastricht in poi, hanno cercato di fare breccia nel cuore degli elettori e di sensibilizzarli sull’importanza delle istituzioni comunitarie. Una missione fallita, come dimostrato dal fatto che gli europei non si fanno problemi ad ammettere la propria ignoranza sul funzionamento del Parlamento e della Commissione.

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Come spesso accade, alla mancanza di conoscenza si accompagna un deficit di credibilità che spinge i cittadini a bocciare sonoramente l’operato dei legislatori europei. Un giudizio impietoso sul quale pesano senza dubbio le astrusità dei meccanismi di governo comunitari e alcune assurdità tutte europee; in primis quella della doppia sede del Parlamento del Vecchio Continente (che attualmente si trova sia a Strasburgo che a Bruxelles).

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Così si infrange anche il sogno federalista che fu di Altiero Spinelli. Con soltanto una minoranza di cittadini disposta a dare più potere all’Europarlamento. Percentuali irrisorie specialmente in quei paesi (Francia, Germania, Italia) che dovrebbero fare da traino al processo d’integrazione.

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Infine, a eccezione della Spagna, sono pochissimi gli europei che dichiarano di conoscere i propri rappresentanti a Bruxelles. Un dato confermato dall’indifferenza generale con cui, pochi giorni fa, è stato accolto il primo dibattito pubblico tra gli aspiranti successori di Juncker alla guida della Commissione (Spitzenkandidaten). Segno ulteriore che l’Europa continua ad essere l’assente ingiustificato di questa campagna elettorale.

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