Concentrarsi su quello che è, dopo tutto, il proprio business dal 1905 a oggi: il trasporto passeggeri. Ferrovie dello Stato sceglie ancora una volta di tornare all’essenza, presentando un piano industriale (qui il documento) ambizioso e dalla vocazione precisa, innalzando ulteriormente lo standard dei trasporti e delle relative infrastrutture del Paese. La strategia del gruppo di Piazza della Croce Rossa, aggiornata al 2023, è stata illustrata questa mattina dal ceo di Fs, Gianfranco Battisti, alla presenza del ministro dell’Economia, Giovanni Tria (azionista al 100%), del responsabile dei Trasporti, Danilo Toninelli e del premier Giuseppe Conte.
INVESTIMENTI SPRINT
Il piatto forte del piano industriale 2019-2023 sono gli investimenti. Il piano su questo fronte prevede 58 miliardi di spesa nell’arco di cinque anni. Di questi, 42 miliardi saranno dedicati alle infrastrutture di cui 28 per le opere ferroviarie e 14 per le strade. Circa 12 miliardi andranno all’acquisto di nuovi treni e bus, 2 miliardi per le metropolitane e 2 miliardi per i servizi di Information Technology. In pratica, gli investimenti passeranno dai 7,5 miliardi del 2018 a 13 miliardi medi l’anno con una forte accelerazione di quelli al Sud. Un impegno record che conferma Ferrovie quale primo investitore in Italia. Lo sforzo sarà sostenuto per il 24% con risorse del gruppo che contribuirà alla crescita del Paese con la creazione di un indotto per 120 mila posti di lavoro all’anno, 15 mila assunzioni dirette in cinque anni e un contributo annuo all’aumento del Pil fra lo 0,7% e lo 0,9%.
L’IMPATTO SUI CONTI
L’iniezione di investimenti avrà naturalmente un impatto sui conti del gruppo nei prossimi quattro anni. Entro il 2023 i ricavi di Ferrovie sfioreranno i 17 miliardi (dai 12,1 del 2018) e un utile di 800 milioni (erano 600 nel 2018). “Andiamo a sbloccare 1.600 cantieri nei prossimi due anni tra Anas e Rfi con risorse aggiuntive per 4 miliardi” ha spiegato il ceo Battisti che ha anche spiegato come al Sud “siano destinati 16 miliardi di euro nell’arco di piano”.
TRA PUNTUALITÁ E PIL
Non è mancato un riferimento alla puntualità dei treni, diventata una delle priorità di Fs. “Un nostro biglietto da visita”, ha ammesso lo stesso Battisti. “Investiremo 5,5 miliardi per migliorarla” ha aggiunto, ricordando che l’Autorità dei Trasporti ha richiamato il gruppo per l’eccessivo numero di ritardi accumulati nel corso del 2018: “Da gennaio ad oggi la puntualità è migliorata di 17 punti percentuali rispetto all’anno scorso. Il nuovo progetto promuove lo sviluppo sociale dei cittadini, la vita e il benessere dei cittadini. Prevediamo una crescita di 90 milioni di passeggeri in più l’anno”. Il manager succeduto alla guida di Ferrovie dopo la gestione di Renato Mazzoncini, ha sottolineato poi un altro aspetto. E cioè il rapporto tra il volume del piano industriale Fs e il Pil. “Questa nostra strategia contribuirà ad un aumento annuo del Pil tra lo 0,7% e lo 0,9%, creando 120 mila nuovi posti di lavoro complessivi, incluse le 12 mila assunzioni dirette”
IL DOSSIER ALITALIA
Nel piano di Ferrovie manca tuttavia ogni riferimento ad Alitalia. Ferrovie, che insieme al Mef costituirà il perno del nuovo schema con cui salvare l’ex compagnia di bandiera, sta proseguendo la ricerca di un partner da affiancare a Delta. Gli americani hanno deciso di puntare su Alitalia per non lasciare campo libero a Lufthansa e la sua alleanza Star Alliance (che integra United Airlines, concorrente di Delta). Oggi la situazione è bloccata a un mese dalla scadenza del termine per presentare un’offerta vincolante. Per Ferrovie il tempo per stringere con Delta e altri soci scade il 15 giugno anche se c’è comunque la possibilità di limare in corsa il piano industriale includendo Alitalia. In caso contrario, dal 16 giugno in avanti si apriranno le porte della liquidazione e il possibile ingresso di qualche salvatore dell’ultimo minuto. “Siamo in fase negoziale, abbiamo ottenuto una proroga fino al 15 giugno, al momento non ci sono novità”, ha spiegato Battisti. “Nel caso dovessimo concludere l’operazione, il nostro piano industriale verrebbe riadattato, ma nei suoi pilastri non cambierebbe molto”.