Come leggere lo scontro tra il ministro dell’Interno Matteo Salvini e il ministro della Difesa Elisabetta Trenta sull’impiego delle forze armate? Chi ha qualche capello grigio ricorderà la domanda “Chi comanda le forze armate in caso di guerra?” che il presidente della Repubblica Francesco Cossiga pose nell’ottobre 1987. Le navi stavano partendo per una missione di pace nel Golfo, e la provocazione mirava a definire le linee di comando se la situazione fosse degenerata.
Oggi la situazione è diversa. Le operazioni reali sono tanto consuete da aver portato alla creazione del Comando Operativo di vertice Interforze, una posizione a tre stelle alle dirette dipendenze del Capo di Stato Maggiore della Difesa la cui nomina spetta al presidente della Repubblica, previa delibera del Consiglio dei Ministri su proposta dello stesso Capo di Smd (Codice dell’Ordinamento Militare, art. 29). Altrettanto vale per il ministro della Difesa (Com, art. 10-14).
Il ministro non può disporre delle forze armate come crede. Come recita il Com, i “problemi generali politici e tecnici attinenti alla difesa nazionale” sono di competenza del Consiglio Supremo di Difesa che “determina i criteri e fissa le direttive per l’organizzazione e il coordinamento delle attività che comunque la riguardano” (art. 2); allo stesso modo, il ministro deve attuare “le deliberazioni in materia di difesa e sicurezza adottate dal Governo, sottoposte all’esame del Consiglio supremo di difesa e approvate dal Parlamento” (art. 10). In quanto membro di entrambi, in quelle sedi il ministro dell’Interno può (anzi, deve) contribuire a determinare le politiche generali.
Se questa è la legge, l’equivoco si spiega anche con la scarsa chiarezza sui compiti delle forze armate. Da troppi anni, la politica giustifica l’esistenza delle forze armate italiane evitando gli aspetti militari. Le notizie di combattimenti sono soppresse. Dalla legge navale al caccia di sesta generazione, le esigenze operative sono presentate solo in termini di industria e lavoro. Addirittura a fini sociali si impone l’acquisto di mezzi inutili. Il costante taglio dei capitoli di esercizio e di investimento compromette le capacità operative di difesa. E se le forze armate scivolano verso compiti di sicurezza, è solo naturale che le direttive d’impiego vengano dal ministero dell’Interno. La vera domanda, insomma, è se l’Italia voglia forze armate o forze di polizia.