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In cambio dei missili russi, Erdogan vuole da Putin concessioni sulla Siria

Turchia

IL DOPPIO FILO WASHINGTON E MOSCA

Traffico diplomatico intenso in questi giorni per Ankara con le due grandi super potenze mondiali, Usa e Russia. Dopo aver chiuso un accordo per incontrare Trump e fargli accettare che la Turchia userà un sistema missilistico fabbricato da Mosca, il famigerato s-400, ieri sera il presidente Recep Tayyip Erdogn è stato a lungo al telefono con il suo omologo Vladimir Putin per parlare di Siria, il tema che sta più a cuore alla Turchia al momento in fatto di politica internazionale. Fonti di Ankara hanno fatto trapelare che Erdogan è tornato a chiedere con insistenza una soluzione condivisa sul futuro del Paese e la creazione di una safe zone che metta al riparo da episodi del genere in futuro.

Erdogan ha fatto presente al numero uno del Cremlino la situazione nella zona di Idlib, dove le armate governative di del presidente siriano Bashar Al-Assad hanno condotto attacchi militari che sono costati la vita a 13 persone negli ultimi giorni. Idlib è una zona particolarmente sensibile, perché proprio qui si sta sperimentando una diminuzione del conflitto che sta insanguinando il Paese da quasi 10 anni.

Il presidente turco, da sempre ostile al regime dell’alawita Assad, ha fatto presente al capo del Cremlino che gli attacchi dei governativi hanno avuto come obiettivi ospedali, scuole e supermercati, tutti luoghi dove il rischio di coinvolgere civili è particolarmente elevato. A rendere la situazione ancora più drammatica, c’è che gli attacchi si sono verificati durante il Ramadan, il mese sacro del digiuno musulmano.

Il capitolo Siria è il motivo di maggiore tensione fra Mosca e Ankara che, dopo il fallito golpe del 2016 nella Mezzaluna, hanno avviato una collaborazione sempre più stretta in molti campi, fra cui quelli energetico e militare, tanto da impensierire sia Washington sia la Nato. Ma Damasco rimane un motivo di contrasto molto grosso. Mosca al momento è, insieme con Teheran, il maggiore sponsor del presidente Assad che Ankara vorrebbe rimosso. Ci sono poi i due grossi problemi riguardanti la cosiddetta opposizione siriana e i curdi. La prima è fortemente spinta dalla Turchia, ma desta scetticismo per infiltrazioni di gruppi jihadisti.

LA ZONE DI IDLIB

La seconda è la madre di tutte le battaglie, che è anche uno dei motivi della telefonata di Erdogan a Putin. La Zone di Idlib fa infatti parte di quel territorio che la Turchia vorrebbe porre sotto un controllo armato congiunto di Ankara e Mosca, se non addirittura esclusivo della Mezzaluna. La motivazione ufficiale è fermare gli attacchi di Assad e i massacri di civili, quello ufficioso è contrastare la presenza dei gruppi armati curdi della regione e impedire ad Assad di conquistare Idlib, cosa che, se avvenisse, lo proclamerebbe automaticamente vincitore della guerra civile.

Una situazione complessa, difficilmente componibile anche dal punto di vista diplomatico. Da mesi Turchia, Russia e Iran sono impegnate in colloqui sul futuro assetto della Siria che però non hanno ancora raggiunto un compromesso, soprattutto per le prese di posizione di Ankara.

Il presidente della Repubblica Erdogan sembra non voler cedere sulla questione della safe zone e su questo capitolo ha più volte fatto pressione anche sugli Stati Uniti. A fine giugno vedrà Trump in Giappone. L’argomento principe sarà cercare di convincere il numero uno della Casa Bianca che i missili russi e i caccia americani F35, di cui Washington ha al momento congelato la fornitura, possono coesistere. Il numero uno di Ankara potrebbe anche cercare nuovamente una sponda in Washington, magari promettendo di eliminare forniture russe in futuro.


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