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Diffidano della Cina, ma tutti i Paesi vogliono vantaggi da quel mercato. Conte e la Via della Seta

BOZZO, conte belt and road

Il mondo cambia, ma cambia anche l’Italia? Domanda da un milione di dollari cui però, almeno per il momento, nessuno sembra aver trovato una risposta soddisfacente. Qualche idea è arrivata dal convegno L’Italia nei nuovi equilibri economici globali: quale interesse nazionale? evento realizzato nell’ambito delle attività dell’Osservatorio Geoeconomia promosso da Ispi e Intesa Sanpaolo, in collaborazione con Sace. L’economia globale e non è un mistero, è profondamente cambiata negli ultimi anni. Le grandi manifatture, Italia in testa ma anche Germania, soffrono tremendamente gli effetti del rallentamento globale. E c’è il “problema Cina”, un’economia tanto veloce quanto fragile.

LA FABBRICA DEL MONDO 

Il primo a prendere la parola, dopo l’introduzione del presidente di Ispi, Giampiero Massolo, è stato il sottosegretario allo Sviluppo Economico, Michele Geraci. Il quale ha portato all’attenzione il caso cinese. Strano Paese la Cina “che si avvia a diventare la prima economia mondiale nonostante abbia una popolazione estremamente povera. Il che pone a sua volta un problema. E cioè il fatto che la Cina si è trasformata negli ultimi anni in un’autentica fabbrica globale, dove tutto o quasi viene costruito. E allora quello che penso è che l’Occidente non sappia più gestire la Cina, forse perché non abbiamo ancora capito una cosa. Ma la Cina è un’economia avanzata, che dunque deve sottostare alle regole di mercato globali oppure un’economia in via di sviluppo? Questo è il problema dell’Occidente, non aver capito come gestire la Cina”.

I DAZI NON SONO IL MALE ASSOLUTE SE…

Altra sottolineatura di Geraci è la guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina. In un mondo che cambia, è lecito chiedersi se innalzare barriere commerciali abbia senso o meno. Geraci ha dato la sua versione, che suona più o meno così: i dazi, se pro tempore e limitati nel loro raggio d’azione possono anche avere la loro utilità. E questo per un motivo molto semplice. “Io credo che gli Stati Uniti vogliano l’accordo, ma per farlo devono forzare la mano. E dunque, in questo senso, i dazi rappresentano quell’arma negoziale tattica con cui tirare fuori qualche cosa di buono, come un accordo, dalla stessa Cina”.

NEL NOME DEL COMMERCIO

Come sopravvivere dunque ai grandi cambiamenti globali, ma soprattutto all’immane scontro tra Cina e Stati Uniti? Secondo Beniamino Quintieri, presidente della Sace (qui l’intervista di ieri) l’Europa e l’Italia hanno un’unica via di uscita: spingere sull’acceleratore del commercio internazionale. “Io credo che quando si parla di interesse dell’Europa e di Italia l’unico modo sia quello di spingere sul commercio internazionale. Per quanto riguarda l’Europa, è assolutamente necessario rafforzare il mercato unico, che è una grande arma contro lo strapotere della grandi economie. Ma anche l’Italia ha la sua arma, un’arma che si chiama export. Per noi è l’unica via di crescita, la strada che dobbiamo continuare a seguire”, ha spiegato il numero uno della Sace. “L’export per noi è così importante al punto che persino il rallentamento della Germania non deve preoccupare perché è diventato un Paese di assemblaggio: quello che noi esportiamo in Germania viene a sua volta esportato”.

LA VERSIONE DEGLI AGRICOLTORI

Se si parla di cambiamenti economici non poteva mancare il punto di vista di chi l’economia la sostiene per larga parte, gli agricoltori. Dino Scanavino, presidente della Cia, ha fatto notare come il settore agricolo “via il problema dei dazi su un doppio livello: sia sulla materia prima sia sul prodotto finito. Per questo le regole mondiali sul commercio assumono una rilevanza fondamentale. Non possiamo pensare che l’agroalimentare possa essere penalizzato in questo modo”. Secondo Scanavino “i dati di oggi ci dicono per esempio che la Cina sta chiedendo più latte e dunque per noi si tratta di un mercato importante che ci consente di rafforzare il nostro made in Italy. E per questo le barriere commerciali ci possono danneggiare”.

LE PAROLE DI CONTE

Le conclusioni sono state affidate al premier Giuseppe Conte, il quale ha incentrato il suo intervento sul ruolo della globalizzazione nelle economie. “Non si può negare che la globalizzazione abbia prodotto vincitori e vinti. Sarebbe potuta essere una rivoluzione per tutti, con una torta più grande, ma a beneficio di chi? La verità è che sono aumentate le disuguaglianze. Per questo la sfida principale che abbiamo di fronte è di natura re-distributiva, di ricchezza, di risorse. Quello che oggi si può e si deve fare è di non lasciare più indietro nessuno e questo è anche il nostro vero interesse: rendere la globalizzazione inclusiva, equa, per tutti. Questa è la vera sfida dell’Italia. Per farlo serve lavorare e lavorare tanto, su tre livelli, multilaterale, europeo e nazionale”. Il premier ha in proposito citato l’esempio della Via della Seta, “grazie alla quale l’Italia ha ottenuto condizioni di parità e reciprocità e maggiore trasparenza nelle relazioni, ma dobbiamo essere bravi come sistema a dare un seguito a queste aperture a dispetto delle diffidenze che vengono esibite pubblicamente, in realtà tutti i paesi si stanno affrettando per godere dei vantaggi sul piano delle relazioni economico-commerciali con un mercato in forte espansione come quello cinese”.

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